DEL LIBERO ARBITRIO E COME CI POSSIAMO LIBERARE DAL DESTINO
Dopo di ciò Porfirio dice che molti Egizi fanno dipendere il nostro arbitrio dal moto delle stelle. Giamblico risponde secondo le sentenze di Mercurio in questo modo: l'uomo ha due anime, come insegnano le sentenze di Mercurio; una proviene dal primo intellegibile ed è partecipe della potenza di quell'artefice; un'altra invece, è concessa a noi dal circuito dei celesti.
In essa penetra l'anima che vede le cose divine.
L'anima, dunque scendendo dai mondi in noi, segue i circuiti dei mondi. Essa venendo dall'intellegibile, presente in modo intellegibile, ma supera il circuito generativo; e per essa ci possiamo liberare dal destino e saliamo fino agli dei. Ed abbiamo la religione che tende a ciò che è eterno; infatti non si deve pensare, come tu dubiti, che tutte le cose siano legate ad indissolubili vincoli di necessità che si chiamano fato; infatti l'anima ha un principio in sé proprio, per il quale si porta all'intellegibile e dal quale discende fino alle cose generate; giunge fino allo stesso ente divino. Infatti noi non applichiamo il fato agli dei che veneriamo come coloro che si liberano dal fato, nei templi, nei sacrifici, nelle statue. Gli dei, infatti, liberano dal destino. Le nature, invece che discendono ultime da essi e che sono legate alla generazione ed al corpo del mondo, seguono il destino.
Giustamente, quindi tributiamo tutta la nostra venerazione agli dei, affinché essi, che soli dominano la necessità con la persuasione dell'intelletto, ci liberino dai mali imminenti del destino. Non tutto, in natura, infatti, è legato al fato, ma vi è un'altro principio dell'anima più potente della natura e della generazione, per il quale possiamo unirci agli dei e superare l'ordine del mondo e partecipare alla vita eterna ed all'azione degli dei supercelesti; per mezzo di esso noi stessi possiamo scioglierci dai vincoli del destino.
Quando infatti le qualità migliori che sono in noi agiscono e l'anima è richiamata a quanto c'è di meglio in lei, allora essa viene separata da quanto vince nella generazione e si allontana dalle sue qualità più basse. E muta una vita con un'altra; ed essa stessa si inserisce in un altro ordine, lasciando completamente quello di prima. Come dunque? E' proprio possibile liberarsi del fato per mezzo degli dei che ci stanno intorno? E nello stesso tempo pensarli come i duci e gli autori dei fati, come coloro che legano la vita ai vincoli insolubili del destino? In verità niente proibisce che così avvenga. Poiché infatti gli dei comprendono in sé molte essenze e potenze, che cosa può loro proibire di immettere in noi altre inestimabili differenze e contrarietà?
Questo è lecito dire; in ciascuno degli dei, anche di quelli visibili, vi sono i principi dell'intelletto e dell'essenza, per mezzo dei quali le anime ottengono la liberazione della generazione del mondo e la libertà.
Se poi qualcuno non ammette questa soluzione dei due ordini di dei, cioè quello mondano e quello supermondano, tuttavia la cosa si può risolvere tenendo conto anche solo dell'ordine supermondano.
Questo è dichiarato chiaramente nel trattato degli dei: quali infatti siano gli dei che riconducon specialmente a cose superiori e come ci richiamino da esse e con quali potenze ed in che modo liberino dal destino ed a quali condizioni renda particolarmente l'operazione dei sacrifici e quale è l'ordine della natura del mondo ed in quale modo l'azione intellettuale compiuta viene dominata da questo ordine; per la qual cosa il fatto stesso che tu citasti dai versi di Omero, che gli dei sono pieghevoli, ci sembra un sacrilegio; infatti le sante opere della religione sono definite da leggi sincere ed intellettuali e liberano da quanto è peggiore con un ordine e di una potenza maggiori e noi non otteniamo una sorte migliore fino a quando non ci liberiamo da ciò che è male, per cui non ci tocca niente che sia al di fuori della regola prestabilita all'inizio, così che gli dei siano piegati a cagione del sacrificio e dell'atto cultuale e dell'atto di minor conto; ma il dio lasciò andare le anime alla loro prima dipartita a questa condizione, che tornassero a lui di nuovo.
E non sono in contraddizione fra di loro, la dipartita ed il ritorno delle anime. Infatti, come nell'universo intellettuale l'essenza è una cosa sola con la generazione e tutto questo si connette giustamente, così anche nella disposizione delle anime la cura della loro generazione consente anche una liberazione da essa.
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