LEO - RITMI UMANI E RITMI COSMICI
Vi è una corrispondenza tra l’essere umano ed il mondo dei fenomeni naturali, benché nella coscienza attuale dell’uomo il senso di essa sia perduto o per lo meno venga sentito solo in modo superficiale. Allo stato di veglia la coscienza umana vive in un mondo tutto suo in cui le percezioni sensorie si ordinano secondo le sue conoscenze, le sue aspirazioni e la sua attività; quindi tutti gli influssi più sottili che continuamente giungono ad essa si deformano o si trasformano perché vengono automaticamente riferiti alle esperienze comuni della vita quotidiana.
Ma quando si riesce a realizzare uno stato di silenzio interiore e per l’esperienza metodica della concentrazione si arriva a fissare quanto si presenta a noi, attraverso le correnti delle forze più sottili che vengono per lo più ignorate, accanto alle percezioni ordinarie del mondo esterno; allora si diviene coscienti di un ritmo cosmico che si manifesta attorno a noi nel tempo e a cui corrisponde nel più intimo di noi stessi un ritmo umano. Uno degli stadi dello sviluppo umano consiste appunto nel giungere a perdere il senso di spazio mentre permane il senso di tempo; stadio, che corrisponde all’esperienza di quella parte del corpo sottile che trovasi in diretto contatto coll’essere fisico dell’uomo.
Vi è dunque un senso sottile del tempo che corrisponde agli eventi cosmici, all’alternarsi dei fenomeni cosmici; il giorno e la notte, la settimana, il mese lunare, l’anno, le stagioni sono allora sentite e vissute internamente in intime corrispondenze. Il conoscerle e sentirle ci mette in armonia con l’attività del corpo sottile e ci prepara a vivere in esso coscientemente.
Vediamo p. es. quello che avviene durante le 24 ore della giornata – prima e dopo il levarsi e il tramontare del sole. Dal levarsi del sole, l’insieme umano nelle sue parti – essere fisico, forma sottile e principio dell’io – tende ad un’unione sempre più stretta, che raggiunge il suo massimo a mezzodì. Qui è altresì il massimo della coscienza di veglia o coscienza esterna, e gli elementi sottili si trovano completamente immersi e fissati nell’organismo fisico. L’osservazione sensoriale è più intensa, ciò che è materia ci è più consentaneo, più affine.
Invece all’abbassarsi del sole gli elementi suddetti si trovano in una unione più labile, cui corrisponde una maggiore attività fantastica e speculativa, una maggiore ricettività per gli stati psichici di altri esseri; la memoria diviene forse più povera di fatti, ma più ricca di associazioni delicate e di sfumature intime. Tutto ciò aumenta fino alla sera, finché il distacco sempre più si accentua e, al limite, si passa nello stato di sonno: le forze fisiche del sole cessano di agire, subentrano quelle spirituali, che tendono ad attrarre nel loro regno la parte sottile dell’uomo.
Il distacco diviene dunque completo nel sonno; ed allora l’uomo nel senso integrale della parola diviene un essere cosmico: la sua parte fisica giace sul letto, ma la sua essenza spirituale è libera da essa e riprende contatto con l’essere spirituale cosmica. L’iniziato, lo « Svegliato », può portarne con sé il ricordo nella vita di veglia; gli altri, se ritrovano il corpo fisico in stato di quiete, possono riportarne un senso vago di armonia e di ristoro. Ad ogni modo, il saper che cosa avviene nella notte può aiutare il ricordo di quest’ordine di esperienze e diminuire il senso quasi mortale di interruzione datoci dal sonno notturno.
Al risvegliarsi, il grado di fissità degli elementi dell’essere umano non è ancora così forte come con l’inoltrarsi della giornata ed una attività in senso spirituale può arricchirsi di un contenuto che non è quello della coscienza ordinaria. Intuizioni di un grado superiore sono possibili nelle prime ore del mattino, più che nel resto del giorno.
Naturalmente, l’uomo ha perduto la sensibilità interna, e la sia maggior attività si esplica invece quando il suo essere è completamente materializzato – cioè a sole alto. Per caratterizzare brevemente le condizioni di attività dell’uomo, si potrebbe in modo schematico dire, che egli è « mistico » nelle prime ore del mattino, « intellettuale » nel giorno, « fantastico » alla sera, « cosmico » nella notte.
Il senso delle stagioni è pure perduto nell’uomo: ma egli dovrebbe riacquistarlo coscientemente e volontariamente. L’anno, come il giorno, ha un suo ritmo e sentirlo, significa divenire più completi, più ricchi, più sicuri. Vedremo ora come si svolge il ritmo dell’anno e come l’uomo può comportarsi di fronte ad esso, armonizzandosi con esso.
Bisogna premettere che l’espressione così diffusa nell’ermetismo e nell’esoterismo: « L’uomo è un microcosmo », va presa alla lettera. L’essere umano è un prodotto del cosmo e dovunque la coscienza individuale non giunge, là forze cosmiche sono sempre attive e dominatrici. Non è qui il luogo di entrare in dettagli – diremo però che prima della nascita le forze dei pianeti e delle stelle convergono nella formazione degli elementi sottili che daranno luogo alla forma dell’essere fisico del nascituro.
Sono queste forze che dal plasma traggono gli organi e ne coordinano le relazioni. Sicché gli organi del corpo costituiscono una correlazione di forze e di entità, un vero sistema; così come si ha al di fuori di un sistema planetario con i suoi cicli e le sue leggi. Però nell’uomo la presenza della coscienza produce una perturbazione delle leggi e delle correlazioni, che richiede una serie di adattamenti: quando questi non sono possibili, sorge la malattia. La coscienza sensibile stessa brucia e consuma il corpo, e lo conduce alla morte.
E’ possibile però nell’uomo di trovare l’equilibrio interiore in rapporto col cosmo. Lo sviluppo spirituale può far dell’uomo un essere cosmico cosciente. Il fatto stesso di queste relazioni micro-macrocosmo fa si che l’uomo discendendo nel proprio interno può dal suo senso interiore risalire al senso cosmico, e così ristabilire i contatti e l’unità. In periodi lontani, prima che la materializzazione umana divenisse completa sino al punto di imprigionare interamente lo spirito, era ancora possibile avere un senso immediato di queste relazioni. Tracce di tali periodi si ritrovano in epoche meno lontane in cui tuttavia si viveva, dirò così, più « astronomicamente ». Non si trattava come ora soltanto di una questione di caldo o di freddo, ma si vivevano differentemente i vari periodi dell’anno, e i punti critici di mutamento e di rinnovamento erano celebrati con riti magico-religiosi.
Se osserviamo il corso dell’anno, vediamo dapprima, alla primavera, come uno svegliarsi della terra: le forze elementari che dormivano in essa sono chiamate fuori dalle forze solari che s’irradiano sulla terra stessa non solo come luce e calore, ma anche come correnti creatrici occulte: vi è un senso di godimento che si spande in questo incontrarsi – la vegetazione in germogli rigogliosi, la fioritura, dà luogo ad un nuovo espandersi di altre forze occulte. Gli « elementali » della terra si liberano e seguono le loro vie verso l’alto. Si è parlato di dissipazione e di spreco della natura, che dà miriadi di semi e di germi, più che la terra non ne possa ricevere e fecondare. Ma la vista umana non vede il fiore, il frutto, il seme, che in ordine alla riproduzione della specie fisica, mentre in realtà tale ricchezza è un segno esteriore, quasi un simbolo dell’espandersi e dell’intenso ascendere degli esseri elementali dal grembo tellurico verso gli spazi planetari – quasi ponte fra terra e cosmo per misteriosi scambi di vita.
Col fruttificare estivo, si stabilisce un’armonia attiva, un commercio cosmico che si svolge in pienezza di pace. – Poi viene l’autunno: la terra comincia a richiamare nel suo segno gli elementali – l’avvizzire delle foglie, il ripiegarsi degli steli, il rallentarsi della linfa ne sono i segni esteriori. Così poco a poco tutto muore: è l’inverno. Gli elementali dormono nel seno della terra chiusa, soggetti ad essa e alla sua norma, mentre nella primavera e nell’estate vivevano nell’affluire verso i pianeti e le altre essenze astrali.
E l’uomo? Questo essere stellare – planetario è un ospite sulla terra, dove scende solo ad assumere il peso del corpo di greve materia onde isolarsi dal cosmo e divenire sé stesso. Quando egli rammenterà la sua origine, potrà nella primavera e nell’estate diventare conscio di tutto ciò che vive e si muove intorno a lui, animando e portando a sviluppo il regno vegetale. Sapere ciò che avviene intorno a lui, è il primo passo verso la realizzazione. Poi cercherà di concentrarsi e di sentire. Di fronte alla vita vegetale che germoglia, che fiorisce e fruttifica, a poco a poco potrà vedere in imagini interiori la rivelazione delle forze occulte, delle essenze elementali liberate dalla terra e potrà espandersi con loro in una profonda armonia. Ciò avverrà specialmente a certe epoche fisse, che sono i punti critici delle stagioni. Delle feste religiose ricordano l’iniziarsi di esse e ne rinnovano ritualmente il significato: p. es. nella tradizione cattolica sono la Pasqua per la primavera; S. Giovanni per l’estate; S. Michele per l’autunno; il Natale per l’inverno.
Autunno ed inverno: quando le forze elementali si ritirano e si addormentano nel seno della terra, che avverrà in noi, poiché cessa la comunicazione che esse stabilivano fra noi e le nostre origini stellari? La contemplazione della natura che avvizzisce e muore, ci porterebbe verso la terra, e noi non potremmo seguirla senza inaridirci. Allora è il momento di ritirarci in noi stessi: il cosmo perduto fuori di noi lo ritroviamo in noi. E’ il periodo opportuno per aprire l’occhio interiore e ritrovare in noi le forze dei pianeti e delle stelle: il nostro microcosmo si animerà, diventerà vivente. Ne sentiremo in noi tutta la realtà, che prima avevamo trovata al di fuori – e nel calore del sangue non tocco dal gelo esterno si affermerà la nostra indipendenza dalla terra, la nostra veglia perenne di fronte al sonno della natura.
Così sprofondandosi in sé l’uomo potrà conoscere il mondo, dalla sua forma interiore. Guardando fuori con lo sguardo di svegliato, egli riconoscerà sé stesso. La scienza che guarda la natura dall’esterno non trova che cose morte. La via per la conoscenza vera della natura, per la conoscenza spirituale di essa, passa attraverso l’interiorità umana.
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