LE STREGE DEL TIROLO (1)
Un giovane e amabile gentiluomo tirolese con cui aveva contratta dimestichezza a Recoaro (ove facevano insieme la cura delle acque, volgon ora da 15 anni) avendomi udito dire, che mi riescirebbe caro trovar materiali nuovi ed autentici di cui potermi valere a recar luce su soggetto sempre buio e sempre drammatico delle strrghe, mi promise pel nostro ritrovo colà della seguente state, la comunicazione, a titolo di prestito, della filza degli atti d'un famoso processo del secolo decimosettimo che sapeva esistente negli archivi di Nogaredo, borgo che n'era stato il teatro. L'anno dopo ei mi portò infatti il prezioso manoscritto, autorizzandomi a servirmene a tutto mio agio; dopo di che gliene avrei fatta restituzione. Questa condizione non potè sventuratamente conseguire adempimento, il conte Marzani avendo cessato di vivere pochi mesi dopo quel nostro abboccamento. Avendo io impreso a scrivere la Storia del Pensiero ai tempi moderni, non senza, come di ragione, pigliar le mosse dall'antichità, mi bisognarono varii anni prima che mi trovassi arrivato al secolo delle streghe: in giugnervi finalmente cavai dal ripostiglio il Processo Tirolese, delle qual non aveva mai cessato di riguardarmi qual depositario reponsabile; ed avendolo esaminato, terminai di convincermi ch'era un'ottima ventura per me l'averlo a mia disposizione.
Ci ha la'entro, effettivamente, un dramma interessante con intreccio, peripezzia e personaggi ben caratterizzati, assai passionati, che agiscono e parlano con ispontaneità ed evidenza lungo la procedura, cui apron le ciance d'una vil femina, e chiude la scimirra del carnefice, che mozza la testa a numerose vittime.
A fianco de' protagonisti, a' quai teniam dietro un passo dopo l'altro nella via che li mena a tragicamente perire, ei ha una turba di attori secondari, che complicano nelle fogge più animate l'intreccio del dramma, sorvenedo ed ecclissandosi, qausichè ad arte introdotti per iscaldar l'interesse ogni qual volta si attiepidisce, per istimolare la curiosità mediante l'imprevisto, per aumentare il terrore coi paurosi inviluppi: un dì cotesti attori secondari (la Filosofa) trapassa in carcere, e v'è lì un cenno, che ce la fa sospettar suicida; d'un altro (la Mercuria) non udiam più novelle; or ecco il suo nome ricomparire infine per caso, accompagnato dalla sigla sinistra che lo dinota morto; probabilmente fu giustiziato. I lamenti, le confessioni, de' martoriati dalla tortura, colti sul fatto dallo Scrivano rimpetto il cavalletto, e la corda, frammischiansi alle interrogazioni suggestive del Giudice; quà confessioni estorte dallo spavento, dal dolore; là un qualche rado niego coraggioso, perseverante.
In mezzo alla narrativa confusa di fatti sovrannaturali e assurdi mi avvenne più d'uno fiata di trovare il bandolo della matassa a rendermi conto delle fantasmagorie, di cui, fosse poi di buona o di malafede; mi gratificavano quelle miserabili inquisite.
M'imbattei in una sucessione d'incidenti oppurtunissimi a tener desta la immaginazione; per esempio una petizion d'Avvocati, ridicola a forza di esser tronfia in argomento umilissimo, seguita dalla dichiarazione laconica del vargello che trovò morta in carcere una delle processate, la polizza del midico che visitò sottopanni le prigioniere, per vedere se avevan segni diabolici, e domanda due ducati per testa, non avuto riguardo alla difficoltà dell'affare, in confronto tra due di quelle femmine che si scaglian reciprocamente una tempesta di giulie da disgradarne Mercato Vecchio, o Mergellina: alla difesa, in buon latino, dell'Avvocato patrocinatore, tien presso la sentenza in barocco italiano del Giudice progessante; quella che resa sgombra dalla soverchie citazioni, avrebbe per buona logica, grato suono anche oggidì; questa, che danna a morte, fondata sull'allegazione di delitti immaginarii, per la maggior parte asseriti dalla più supina credulità.
Dal costituto trasmesso in copia da Castelnuovo a Nogaredo ( dal qual comprendesi che la denunzia cagion d'ogni male, fu suggerita da izzo donnesche) alla dichiarazione del confessore delle giustiziate, che, a nome d'una di queste rettifica un certo fatto appena che ella è morta (prime ed ultime pagine del volume) ci ha là entro, ripeterò un dramma de' più vivi, campo escluso a studii sul cuore umano derelitto in balia d'indomabili parossismi d'olio, di paura, di rabbia, manifestantisi per opera d'un mechinello di Cancelliere, che procede meccanicamente a metter in carta con assai abbrevviature per economizzar tempo e fatica, ogni parola; ogni grido che sfugge alle labbra degli interrogati, de' martoriati: v'ebbe di, per altro in cui quella specie d'automa scrivente si trovò colto da turbamento per conto proprio, e ne diè segno con uno scarabbocchio, facilmente riscontrabile tutto di dulla pagina che lo conserva, indizio d'un'agirazione che dall'anima s'era trasmessa alla mano.
Lo studio diligente che ho fatto di questo manoscritto mi ha collocato in grado di formarmi un concetto bastantemente chiaro della rete d'avvenimenti che vi giaciono ricordati e d'inseguirvi la verità attraverso l'ingombro delle allegazioni contraddittorie.
E' naturale c'io abbia posto amore in questa mia fatica, il cui valor intrinseco, piccolo per sè, cresce a'miei occhi, così a cagione delle sollecitudini che mi ha costato, come pel pregio innegabile del documento disaminato, contenente, a mio credere, il più integro e curioso trai processi di streghe che esistano, epertanto gli è naturale altresì, che senz'aspettare la pubblicazione di quella parte della mia storia del Pensiero, a cui questo frammento rannodasi, d'esso aspiri ad esser fuori, dotato com'è d'una importanza sua propria, e d'una fisionomia speciale; tanto più che ha trovato un cantuccio in pronto qual appendice e contrapposto all'altro processo contemporaneo della Signora di Monza.
Ora che le Streghe Tirolesi sono presso a sbucare per la prima volta da covo, che cosa mi resta a fare del prezzioso manoscritto che le riguarda, tranne restituirlo a' suo legittimi propirtarii? La morte precoce del cortese prestatore, ei molti anni trascorsi tolgonni sapere a chi debba dirigermi per questo intento: valga all'uopo la presente pubblicazione a ciò gli aventi dritto reclamino presso di me questa restituzione.
Mi sta a cuore che il Pubblico sia d'avviso non essere menomamente da lamentare che la filza originale degli atti di questo processo sia uccisa dal suo nascondiglio per fare sotto a' miei auspicii una escursione nel mondo.
La credenza (2) nelle streghe è uno degli errori superstizziosi che i moderni hanno ereditato dagli antichi. I mitologi raccontavano che la gelosa Giunone uccise a Lamia i figli che aveva avuti da Giove, e che la infelice madre, perduta la vista a forza di piangere ottenne dal suo divino amante di potersi trasformare a proprio talento e divenne il terrore delle puerpere, succhiando il suangue di lor bamboli, o rovinandoli con porgere lor le mammelle: Apulejo e Luciano attribuiscono simili malefizi alle Maghe Tessale: il Talmud accenna d'una Lilith che perseguita a morte i neonati.
Queste ubbie passarono al Medioevo, somministrando materia a leggende, che maritano il terribile al comico, il misticismo all'empietà: legislatori e dottori le prescrissero, le respinsero; ma il volgo le accettò e venner a confluire nel turbido mare delle Scienze Occulte.
Fu creduto che le streghe, sempre il movimento, s'adunavano in certi siti preferiti, in forma di gatti, di scimie, di gufi, per abbandonarvisi a strane orrende orge, corse voce che la si mangiasser esecrabili carni, si commettessero inenerrabili oscenità e vi si vilipendessero i riti cattolici con empie parodie.
Nel secolo XIV fu opinione comune, che i malvagi avevano trovato modo di impetrare dal diavolo piaceri che non avrebbero osato chiedere a Dio; e del convenuto prezzo della lor anima.
Nel secolo XV le scienze occulte costituivano il ramo più ammirato e ricerco delle umane cognizioni: chiedevansi a zibaldoni magici e cabalistici la predizione e la spiegazione d'ogni avvenimento: considerando i fenomeni naturali come altrettanti prodigi, chiacque ricorrer alla negromanzia per modificarli o impedirli: un fanciullo reso da mal caduto, un adolescente che andava spegnendosi per etisia, un subitano arricchimento, un temporale devastatore, una combustione spontanea, il mal d'amore e la gelosia che lo martella, venivano posti nella categoria dei malefizi, e si ricorrea, per isventarli, a patti col diavolo.
Dal momento che fu ammesso avervi modo di comunicare colle potenze infernali, le s'invocarono di frequente, e società segrete costituironsi, aventi un programma di voluttà prescritte, e di convegni nefandi, sotto la presidenza, la invocazione di Satana.
Fermiamo alcun po' la nostr'attenzione su queste deplorabili abberrazioni dello spirito umano: i fatti ricordati dal Processo Tirolese amano d'esser rischiarati dalle seguenti avvertenze.
Nel secondo libro della nostra Storia del Pensiero (il Cristianesimo Nascente) spendemmo un intero capitolo a ragionar delle ossessioni. Lo impero esercitato dagli uomini sugli spiriti malvagi, e viceversa, non saprebb'essere posto in dubbio. Queste manifestazioni maravigliose, ripeterem qui, dovettero andar diminuendo in numero e vigoria, a mano a mano che il regno di Dio si diffondea: non è però menomamente da credere che Dio abbia tolta al demonio facoltà d'invertire, anche oggi, le leggi fisiche del creato; dicasi univamente quel sinistro potere essre stato talmente circoscritto, che per poco nol diremmo abolito.
Ciò posto, riscontrando noi, ad ogni aprir di cronaca del Seicento, nentovati processi di stregoneria, siam tirati a pensare che il fondo di tutti cotali spauracchi fosser chimere create da immaginazioni traviate, frutti di monomanie favoreggiate da grossolane fazioni, e da pregiudizii nudriti appo la ignare moltitudine dai mariuoli a cui profittavano.
Perchè il diavolo apparso in sembianza di becco, le trasformazioni delle streghe in gatti, i viaggi aerei a cavallo di bastoni, e simili prestigi diabolici non furono che sogni e allucinazioni, direm che la Chiesta mal si appose anatemizzando streghe e malefizii? Converrò che talvolta mandaronsi al rogo meschinini cui fora stato più spediente chiudere nello spedale de'pazzi: ma avvertiamo che nove fiate su dieci, i processati non erano tanto poveri di spirito quanto ribaldi, i quai non solamente aveano conculcato religione e morale con sacrilegi e laidezze, ma che facevano professione d'insidiare la salute, la vita dei compatriotti, lor amministrando a tradimento polveri che cagionavan aborti e morte. Il processo Tirolese ci rivelerà delitti, i quali, anche di presente, sarebbon bastati a provocare l'applicazione di condanne capitali. Sedicenti filantropi sogliono pigliarsela col Clero Cattolico per le condanne di cui furon colpite le maliarde: chiunque professa riverenza alla verità si asterrà di siffatti rimproveri perciocchè se gli è innegabile che v'ebber sciagurati che perirono dell'ultimo supplizio non per altro che per essersi chiariti vaghi di negromanzia, gli è del pari provato che quelle fiere sentenza furno di solito portate da giudici secolari in nome di leggi allora vigenti: niun sarebbesi pensato tracciare di crudeltà una giurisprudenza che poneva a quel modo i maggiori (secondo il pensare d'allora) gli sfatti che un cittadino e un cristiano deliberatamente commetteva. In Germania, ove il misticismo è indigeno, gli stregoni abbondano. Mohesen racconta che nell'elettorato di Treveri, ai giorni dell'imperatore Massimiliano Primo, se ne processarono da seimilaconquecento; che nelle Fiandre nel 1459 se ne mandò a morte un gran numero; che a Ginevra se ne contarono di condannati 500; che la Spagna e la Francia giacquero tutte sanguinose di lor supplizio. Pietro Crespet riferisce che sotto Francesco primo si contavano nel regno centomila fattucchieri. Nicola Ramigio cancelliere del duca di Lorena si vanta d'aver sentenziato a morte 900 streghe in quattro anni: Enrico IV nè fe bruciare seicento nella sola provincia di Labourrd; in Islesia nel 1631 ne periron dugento.
E' fenomeno noto agli studiosi dei morbi morali della specie umana, che certi delitti si moltiplicano in ragione del rumore che fanno: talvolta s'ebbe ricorso a rimedii che difettavano di prudenza, ed accrescevano il male rinforzando la superstizione. Ad impedire, per sempre, che un Vampiro continuasse ad escire notturno dal suo sepolcro per sugger il sangue degli addormentati, il Magistrato Polacco era tenuto di farlo dissotterrare, e trafiggere d'un chiodo nel cuore. Montaigne ci assicura che i guasti causati dal Vampiro cessavano dopo questa operazione: gli era un dar vinta la causa al pregiudizio. Porta e Cardano opinano che le frizioni d'oppio esercitavano sul sistema cerebrale delle streghe un'azione efficace al punto di renderle pazze.
I Giurecinsulti chiamati a dirigere i processi contro di esse, mossi probabilmente, da un senso di pudore, che li traeva a celare le abominevoli rivelazioni che loro strappavano, adottarono la procedura segreta. Ma da quel punto non v'ebbe coscienza che non potess'esser sconvolta da interrogatorii minacciosi, capziosi, frammisti di lunghe reclusioni, aggravati da spaventose torture: l'opinione pubblica fu tratta in errore da numerose e concordi confessioni, a cui veniva data la più grande pubblicità.
Manzoni asserì che un libro del fiammingo Delriom ha cagionato più morti d'uomini delle guerre d'Alessandro il Macedone, faceva allusione al volume intitolato Disquisitioines Magicae, diventato, infatti, il terrore delle streghe, e il manuale di lor giudici. Va diviso in sei parti: nella prima trattasi degli Aumuleti, dei vocaboli arcani, dei numeri cabalistici e dell'alchimia; la seconda rivela i varii patti che si fanno col diavolo, e il tenore dei congressi: nella terza si tien discorso dei malefizii, praticati con erbe, paglie, unguenti, ossi di morti: il quarto libro tratta dell'arte di tirar le carte, di interpretar i sogni, ecetera : i due ultimi libri sviluppano i doveri dei confessori, difendono l'integrità del suggello sacramentale, e sostengono contro i protestanti l'uso delle reliquie, degli scapolari, dell'acqua benedetta, del suono delle campane, degli esorcismi, ecc.
Contro le prescrizioni legali promosse da Delrio si alzò il gesuita Vesfaliano Federico Spee, il quale avendo prestato il sacro suo ministero ad un gran numero di condannati per titolo di stregoneria, andò convinto che perivan innocenti del delitto che motivava il loro supplizio.
Il libro che pubblicò è un capolavoro di buon senso. Ci piace cavarne a sommi capi i procedimenti della inquisizione qual s'intentava agli accusati di stregoneria.
La popolaresca superstizione venuta in sussidio d'invidie, di rivalità, di calunie, risveglia d'esso il primo sospetto di stregoneria? Tutti i malori, di cui è ricordato nella Bbbia, inflitti a popoli, a famiglie, a individui, ecco che provengono dai magliardi, e spetta al magistrato di rimediarvi. Il magistrato si commove a siffatte insinuazioni, ma non sa bene da qual parte cominciare, sendo che gli mancano le presunzioni, gli indizii: i rumori addoppiano, e sarebbe inprudenza continuare a trascurarli, trattasi di rinvenire un pretesto qualunquesiasi per aprir l'inquisizione; conciosiache se il magistrato locale s'indugiasse a decidersi, gli si potria facilmente mandare dal Capo-luogo un inquisitore speciale, incaricato di procedere in sua vece; lo che mortificherebbelo:d'altronde lo zelo che lo spinge ad agire è stimolato dall'importanza che sta per conseguire, non che dall'aspettazione di vantaggi onorarii pecuniarii che si accompagnano a simili delicati operazioni.
Ed ecco che povere femminuccie, denunziate dalla voce pubblica, o diciam piuttosto da nemici, son menate prigione, impaniate in due dilemmi, o quella femmina imprigionata fu di malavita, e le presunzioni stanno contro contro lei, o suoi diporamenti prestanti irreprensibili, e le streghe son di lor natura eminentemente ipocrite: l'arrestata si conturba forte? E' la coscienza che la morde; sta quieta? le streghe fanno così per non destare sospetti.
La vota dell'inquisita è minutamente ricerca: seria sventura che non avess'ella a presentare un qualche appiccagnolo: daltronde non è cosa più facile dal procacciarsi testimoni ad aggravio, che siano stupidamente malevoli: le semi-prove son trovate, e la tortura è autorizzata.
L'accusata dev'essere difesa, e le si dà un avvacato, che di solito non parla che per la forma, e senza convinzione o colore (il Processo Tirolese ci presenterà sotto questo rapporto una onorevole impensata eccezione), e lasciala fare tal qual l'ha provato.
Si comincia co'tratti di corda, ch'è la tortura della leggiera: s'ella basta a cavar confessione, si dicon queste spontanee, altrimenti si procede a tormenti più squisiti: l'inquisita nemmeno a questi si da vinta? la si trattien prigioniera sinche non cede; saria vergogna rilasciarla assolta; che se niente vale, siccome ogni pazienza ha un confine, la si manda ugualemente al supplizio.
Appena l'accusata è dichiarata rea, ch'è costretta a dichiar i suoi complici, e se non ne ha ad inventarne. Le denunce si moltiplicano a piacere del giudice, del carnefice: si arriva al punto ch'è mestieri sostare: il tribunale potria temere che quell'esecrabile marea montante non la sommergesse esso medesimo. Le denunziate fuggono? ciò le chiarisce colpevoli; si presentano coraggiose? è la interiore sinderesi che le caccia: anco se si rimandano ne resta una sinistra impressione, che loro costerà caro un giorno o l'altro.
"La nostra età, conchiude lo spee, sta per diventare miserabilissima se non vi si rimedia...".
Il coraggioso Gesuita aveva ragione lorchè si arrischiò a dire che conosceva un mezzo valevole ad annientare d'un colpo tutti i delitti di stregoneria: non ardì rivelarlo ma io credo che fosse quel mezzo medesimo che un suo contemporaneo, l'illustre filosofo Malebranche, propose -- cessare di processarli.
I.
LA DENUNZIA
Tutto quanto precede sta per trovare conferma nell'estratto che prendo a fare d'un volume manoscritto di circa 900 facce, contenente, insiem cuciti, i numerosi fascicoli diremo, con vocabolo tecnico, la filza del Processus criminals pro destrutione lamiarum; parole scritte a grossi caratteri sul lurido cartone che coperta al volume; e sotto questa leggenda, che occupa l'alto della pagina, fu segnata a penna, non senza qualche diligenza, una croce che posa sovra uno specie di sinistro trofeo composto d'un teschio e d'ossa incrocicchiate.
Volto questo cartone; il frontispizio che succede è al seguente modo: un'altra croce, parimenti segnata a penna, empie la metà superiore della pagina, e divide col suo tronco perpendicolare il nome di Christus tre volte scritto a sinistra dai verbi Vincit, Regnat, Imperat di riscontro a destra; e appiedi -- Christus ab omni malo nos defendat, procedamus in pace.
Immediatamente sotto ad occupare il rimanente della pagina, leggesi: per hoc signum sanctae Crucis Dominus Deus Rex coeli et terrae, rex regnum et Dominus dominationum, trinus et unus per suam piissimam bonitatem et misericordiam, vignetur liberare et defendere nos ab omnibus inimicis nostris et hosibus malignis oratiamque concedere ut possimus a lamiis veritatem eruere in confusionem ominum demoniorum malorumque hominum, eusque evellere et destruere ad gloriam ipsius Dei omniputentis, qui vivit et regnat in saecula saeculorum. Amen.
Per questo segno della Santa Croce; che il Signor Iddio re del celo e della terra re dei re, trino ed uno, per la sua infinita bontà e misericordia, degnasi liberarci e difenderci da ogni nostro avversario, e maligno nemico, ed accordarci la grazia di strappare la verità alle streghe, a confusione di tuti i pessimi spiriti, e malvagi uomini; non che svellere, e distruggerle a gloria dello stesso Dio onnipotente che vive e regna nei secoli dei secoli: e così sia.
Queste dichiarazioni scritte con mano rapida e assai abbreviature, come se vi notassero nella lor materiale confermazione la impazzienza di chi, aprendo con esse la inquisizione, anela di addentrarvisi a compiere quel tremendo mandato di distruzione e di sangue, gia per sè cominciano a ricercatci l'anima d'un senso di terrore, e ci presagiscon cose paurose: né l'aspettazione andrà fallita. ma vuolsi comandar silenzio a qualsiasi manifestazione di ribrezzo, di pietà, di sdegno, a ciò la sposizione, che sta per succedere, abbia ad assunere vesta di semplice austero documento, da cui il lettore sia per cavare da sé lumi e convinzioni non che trovarvi la fonte di emozioni, le qai denno essere spomtanee al suo intelletto ed al suo cuore, e per nulla impostagli dai modi di sentire di chi scrive.
Voltato il frontespizio succede una pagina scritta, intesta così:
Processus Criminalis pro desctructione lamiarum. In nomine sanctissimae et individuae Trinitatis, Patris, Filii et Spiritus sancti, euius auxilium sit sempre noviscum.
Die sabbathi XXIV mensis Novembre 1646
Processo criminale per la distruzione delle streghe. In nome della Santissima Trinità Padre, Figlio, e Spirito Santo, il cui aiuto sia sempre con noi.
Questo giorno di sabato XXIV novembris 1646.
Tien dietro immediatamente a questa intestazione:
Cum ex dispositionibus factis per Mariam Nogaredi cognionimatam La Mercuria, lamiam detentam in vincula castrinovi appareant in dicia officio hubic trasmissa valte graviora contra menagotam uscorem qm Thomae Camelli, et Luciam illius filia, uxorem Antonii Cavedeni, Habitatrices in Villa, accusatee per lamiae;
Nobilis ec spectabilis dominus Paris Madernines deglegatus in civilibus et criminalibus Jiurisdictionem Castrinovi et Castellani, pro Habenda veritate, concurrente etiam voto illustrissimo et clarissimo domino Johanne Ropele juris utriusque doctori, et commissario jurisditionis Castellani, relaxavit capturam contra praedictae matrem et filiam, committendo Jophefo Goritiano comilitoni hujus Curiae quationes, ipsis captis et bene vinctis, ad carceres eas ducere debeat et diligenter custodire sub clavibus.
Die atidicta retulit Joseph Goritianos officialis se in executionem decreti antescripti in carcerem canduxises, mediante auxilio Johannis Birlo officialisn Catrinovi antescrittas Mnegotam et Luciam matrem et filiam, Ipsosque sub clavibus reputuisse.
COSTANTINUS FRISINGHELLUS
CANCELLARIUS
SCRIPSIT
Squuntur indicia.
Risultando dalle deposizioni di Maria di Nogaredo, detta Mercuria, strega trattenuta nelle carceri di Castelnovo, indizii gravissimi, trasmessi a questo nostro magistrato contro di Menegota, vedova di Tomaso Camelli, e di lucia sua figlia, moglie di Antonio Caveden, abitanti in Villa, accusate di essere streghe;
Il nobile e illustre signor Paride Madernino delegato alle cause criminali e civili delle Giurisdizioni di Castelnovo e Castellano, affin di conoscere la verità, concorrendovi col proprio voto il chiaris e illustrissimo signor Giovanni Ropele dottore in ambo le leggi e commissario della giurisdizione di Castellano, rilosciò mandato di cattura contro la detta madre e figlia, ordinando a Giuseppe Garizziano bargello di questa curia di condurle incatenate al carcere, e tenervele diligentemente chiuse sotto chiave.
Nel dì sovrindicato Giuseppe Galizziano riferì d'aver eseguito il mandato, e col sussidio di Giovanni Birlo, Bargello di Castelnovo, di aver tradotte in carcere quelle due femmine, e tenervele serrate sotto chiave.
Seguono gli idizi.
A questa specie di preambolo, che empie le prime due pagine, vengon appresso inseriti fogli d'altra scrittura, cioè il costituto, stato tenuto dianzi in Castelnovo e comunicato in copia al giudice di castellano, costituto che, come testè vedemmo, gli fornì appoggio a decretar l'arresto della Menegota e di sua figlia.
Notisi che la denunziatrice si presentò al tribunale, per lei straniero, di Castelnovo, probabilissimamente per tema che il proprio giudice di castellano non l'avesse a respingere, e far quindi cader a terra l'accusa suggeritale da ribalda passione.
Ecco pertanto nella sua integrità il prologo d'un dramma che sta per diventare vasto e formidabile.
Depositio dictac la Mecuria facta sub curam aliisque etc. dum educta e carceribus fuit constituta sub dies 26 octobris in Castronovo corum Clarissimo Commissario.
Deposizione della così detta Mercuria ottenuta per cura e mediante ecc. lorchè cavata di carcere venne costituita il 26 ottobre in Castelnovo alla presenza del signor Commissario.
La prima interrogazione che il giudice fa all'accusatrice si è;
Quomodo sciat ipsas esse lamias?
Respondit:
Come sappia che quelle sono streghe?
Rispose:
"Così nol sapessi perchè le mi ha fato mal a mi; e a chi no hale fato
"delle furbarie?
Le quali parole danno segno di nimicizia in chi parla, e inducono a sospettare il movente che la trasse al tribunale.
Prosegue narrando che la vecchia le insegno di serbare in bocca l'ostia quando si comunicava, per poi cavarnela e valersene a far abortire la marchesa Bevilacqua, ospite del conte di Londron feudatario del paese.
Interrogata come dovea diportarsi per riuscir nello intento, rispose:
"Mi insegno che dovessi dare un pomo a quella creatura, e metter "quell'ostia sacra in terra dove più soglino li signori praticare, che,
"Pestandovi sopra, sariano andati in bordello; e mi diede il pomo sud -
"detto, et era verdame e gentil.
Richiesta se adoperasse l'ostia all'uso indicatole, rispose:
"Non lo feci perchè non meritavano, e non volsi ".
Richiesta come sappia che madre e figlia sono streghe, e s'ella stessa non reca sul proprio corpo un qualche bollo diabolico, rispose:
"Un giorno, sarà circa quattro anni, questa Tomaseta, o Mengota,
"con un ferro fogato, lungo cinque diti, che pareva un sigillo, e credo
"ne fosse, mi fece nella spalla zanca un segno senza gran male, e ne
"brusò via la carneì.
"Richiesta perchè abbia consentita a lasciarsi bollare, dove ciò avvenne, s'ella rinunzio a qualche cosa relativamente alla Fede, rispose:
"Ero in mia casa quando mi fece tal segno: e mi insegnò, prima del
"bolo, che dovessi chiavar il santissimo, et operare di simili eccessi:
"nel medesimo atto che mi bolo m'indusse a rinunziare al battesimo".
Richiesta in quai termini facesse quella rinunzia, rispose:
"Io era al fogo e ragionavimo di simili cose e mi disse che dovessi
"rinuntiare al battesimo, alla confessione e a tutti li Santi; ma io non
"volli rinuntiare ne mò (altroche) al battesimo come feci, dicendo re-
"nuntio; però dimando perdono a Dio benedetto".
Richiesta dove Lucia e sua madre dimorasser allora, rispose:
"abitavano a Nogaredo in casa del Menegota",
"soggiunse:
"Quel bolo o segno mi fu fatto, addesso che mi ricordo, avanti che
"Lucia avesse figli e credo sia circa dodici anni.
Qui nel manoscritto c'imbattiamo in un segno come il seguente
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poi in una manina coll'indice steso alla parole:
depositio ejuusdem Mercuriae dum fuerit tormento in altum sublata sua die 3 novembris 1646.
deposizione della stessa Mercuria mentre si trovava levata in alto al tormento a dì 3 novembre 1646.
TULIO DANDOLO
continua .......
(1) Questo scritto è preso dall'opera di Tulio Dandolo: Il secolo decimosettimo, studio del Conte Tulio Dandolo. Volume terzo. (Milano per Gaetano Schleoppatti, tip. fratelli Borroni, 1864, in 8°).
Lo pubblico integralmente: il lettore capirà che non è un iniziato, è un letterato che emette i suoi bravi gidizii senza preoccuparsi molto degli effetti scientifici .
Il valore storico dei fatti del processo delle streghe e gli interrogatorii, portano a conchiusioni che quanto capiterà opportuno illustreremo con una nota critica.
(2) Queste pagine gli furon prestate in parte dalla Storia Universale di Cesare Cantù: contengono schiarimenti che non avrei creduto ommettere senza correr rischio che il rendiconto del Processo Tirolese avesse a riuscire in alcuna sua parte oscuro, in altra inverosimile. Così annota l'autore, ma le streghe gli stregoni e le stregonerie purtroppo esistono.
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