GLOSSE ALL’OPUS MAGICUM – 2
Chi si dà a pratiche preliminari volte al « distacco » bisogna che si renda conto che, nella grandissima maggioranza dei casi, deve aspettarsi l’intervenire di stadi negativi intermedi, caratterizzati da una sospensione delle attività « spontanee». Sono, queste, manifestazioni parziali di ciò che è lo stato del nero ermetico e, in genere, del punto critico della « morte iniziatica ». Ma il piano a cui ora ci si vuol riferire è quello delle singole facoltà.
Prendiamo per esempio una persona usa a comporre. Il comporre nella gran parte dei casi, non è cosa che dipenda interamente da noi. Tutti sanno quante volte, mettendosi con la precisa intenzione di fare qualcosa, non si riesce a nulla e quante altre volte, invece, sedendosi allo scrittoio con la testa vuota, si senta fluire l’energia creativa che ci porta anche di la da quanto era in nostro proposito di fare.
Questo margine di grazia lo si ritrova un pò dappertutto nella vita ordinaria, nella quale gli uomini vivono di doni assai più di quanto se lo imaginino.
Ora, dandosi alla pratica iniziatica, alla persone in questione potrà anche accadere che la sua facoltà spontanea scompaia gradatamente o sia assai ostacolata; potrà perfino subentrare uno stato di irrigidimento interno, con la quasi impossibilità di metter giù qualcosa. Questo è il punto morto. Ma se non ci si sgomenta, se si resta calmi e si continua, si constaterà un graduale riapparire della facoltà perduta o menomata. Essa però avrà un altro significato e quella persona potrà dirla veramente sua. La si padroneggerà e la si potrà esercitare in qualsiasi momento a volontà, a differenza di quel che era proprio alla condizione precedente; inoltre, nel comporre non vi sarà una specie di attesa ricercante dell’estro, poi una immedesimazione, un arrestarsi, un tentare questa o quella direzione fino ad una nuova « ispirazione » e al prodursi di associazioni di pensieri che non si sa prima dove condurranno. Invece di tutto questo, una lucidità attiva presiederà a tutto il processo.
Lo stesso vale per altre facoltà: è una sospensione e poi una riattivazione davvero dall’interno, dalla sostanza dell’Io. Tutto ciò che, per così dire, l’Io riceverà in dono dalla « natura » in forma di spontaneità in un primo tempo abbandona l’Io, ma poi ritorna come qualcosa che fa parte realmente della sua sostanza. Così modificazione analoghe possono anche manifestarsi per il pensiero in genere. Un caso particolare riguarda la memoria. Spessissimo si passa per un punto, nel quale il ricordarsi diviene quasi un’impossibilità. Ma poi si manifesta una forma nuova di memoria, non più meccanica o casuale come quella ordinaria. Un altro caso ancora, assai caratteristico, riguarda la parola. Non si pensi certo che si divenga muti; ma l’esprimersi diviene difficile, la parola è intimamente ostacolata. La parola che però risorge di là dal punto morto è quasi un’altra parola, è una parola che riflette già qualcosa del carattere della parola vivente, o parola magica. Anche dal punto di vista fisico i trattati di Yoga menzionano uno schiarirsi e assumere altro tono e forza della voce come effetto delle discipline perseguite.
Non sfuggirà l’importanza del rendersi conto di tutto ciò, specie per non giudicare in modo sbagliato gli stati negativi ora accennati, per non allarmarsi e non lasciarsi distogliere.
Aggiungeremo che questa fenomenologia si verifica soprattutto in una disciplina autonoma, perseguita vicino la vita ordinaria, senza l’intervento di procedimenti propriamente rituali.
Chi si dà a pratiche preliminari volte al « distacco » bisogna che si renda conto che, nella grandissima maggioranza dei casi, deve aspettarsi l’intervenire di stadi negativi intermedi, caratterizzati da una sospensione delle attività « spontanee». Sono, queste, manifestazioni parziali di ciò che è lo stato del nero ermetico e, in genere, del punto critico della « morte iniziatica ». Ma il piano a cui ora ci si vuol riferire è quello delle singole facoltà.
Prendiamo per esempio una persona usa a comporre. Il comporre nella gran parte dei casi, non è cosa che dipenda interamente da noi. Tutti sanno quante volte, mettendosi con la precisa intenzione di fare qualcosa, non si riesce a nulla e quante altre volte, invece, sedendosi allo scrittoio con la testa vuota, si senta fluire l’energia creativa che ci porta anche di la da quanto era in nostro proposito di fare.
Questo margine di grazia lo si ritrova un pò dappertutto nella vita ordinaria, nella quale gli uomini vivono di doni assai più di quanto se lo imaginino.
Ora, dandosi alla pratica iniziatica, alla persone in questione potrà anche accadere che la sua facoltà spontanea scompaia gradatamente o sia assai ostacolata; potrà perfino subentrare uno stato di irrigidimento interno, con la quasi impossibilità di metter giù qualcosa. Questo è il punto morto. Ma se non ci si sgomenta, se si resta calmi e si continua, si constaterà un graduale riapparire della facoltà perduta o menomata. Essa però avrà un altro significato e quella persona potrà dirla veramente sua. La si padroneggerà e la si potrà esercitare in qualsiasi momento a volontà, a differenza di quel che era proprio alla condizione precedente; inoltre, nel comporre non vi sarà una specie di attesa ricercante dell’estro, poi una immedesimazione, un arrestarsi, un tentare questa o quella direzione fino ad una nuova « ispirazione » e al prodursi di associazioni di pensieri che non si sa prima dove condurranno. Invece di tutto questo, una lucidità attiva presiederà a tutto il processo.
Lo stesso vale per altre facoltà: è una sospensione e poi una riattivazione davvero dall’interno, dalla sostanza dell’Io. Tutto ciò che, per così dire, l’Io riceverà in dono dalla « natura » in forma di spontaneità in un primo tempo abbandona l’Io, ma poi ritorna come qualcosa che fa parte realmente della sua sostanza. Così modificazione analoghe possono anche manifestarsi per il pensiero in genere. Un caso particolare riguarda la memoria. Spessissimo si passa per un punto, nel quale il ricordarsi diviene quasi un’impossibilità. Ma poi si manifesta una forma nuova di memoria, non più meccanica o casuale come quella ordinaria. Un altro caso ancora, assai caratteristico, riguarda la parola. Non si pensi certo che si divenga muti; ma l’esprimersi diviene difficile, la parola è intimamente ostacolata. La parola che però risorge di là dal punto morto è quasi un’altra parola, è una parola che riflette già qualcosa del carattere della parola vivente, o parola magica. Anche dal punto di vista fisico i trattati di Yoga menzionano uno schiarirsi e assumere altro tono e forza della voce come effetto delle discipline perseguite.
Non sfuggirà l’importanza del rendersi conto di tutto ciò, specie per non giudicare in modo sbagliato gli stati negativi ora accennati, per non allarmarsi e non lasciarsi distogliere.
Aggiungeremo che questa fenomenologia si verifica soprattutto in una disciplina autonoma, perseguita vicino la vita ordinaria, senza l’intervento di procedimenti propriamente rituali.