SIRIO - IL RUMORE
Silenzio, silenzio: la sua voce è così potente, che nulla basta a soffocarla. Sinonimo di eternità, esso è nascosto dietro ad ogni apparenza della nostra vita: è la storia della nostra cronaca, l’abisso delle nostre alture.
Mentre noi camminiamo fra migliaia di esseri che ci sfiorano e che sono simili a noi, mentre abbiamo tutti identica mèta sebbene alcuni di noi vadano a Nord ed altri a Sud, improvvisa una voce risuona che sovrasta il frastuono della vita:
« Che sarà di costoro fra cinquanta anni? ».
Al lampo di quella domanda, come sotto l’azione dei raggi x, i nostri compagni si dissolvono e mostrano lo scheletro sotto le fantomatiche apparenze. Fantasmi vestiti di nero, e niente altro. Colui che incede in cima a tutti e che sembra aver vinto la legge comune, è il primo a svanire: ad uno ad uno coloro che vanno dietro di lui si dissolvono egualmente. Noi camminiamo per i sentieri di un cimitero, le case e le officine solenni che costeggiano sono altrettante tombe come i mausolei centenari che fiancheggiano la via Appia.
Eppure la sfilata continua:
ed il fantasma che ci è affianco sembra essere diverso da noi, sembra aver evitato il lampo rivelatore.
Ma egli è pallido come noi: è il nostro specchio vivente.
Ognuno ha corazzato il proprio scheletro con corazze diverse, sicuro di aver trovato quella che da nulla è attaccata: ma basta guardarne uno negli occhi per vedere in fondo alle sue pupille lo stesso spavento delle mille altre pupille. Per non vacillare, egli si attacca qualcosa che è fuori di lui, da lui creato e a lui necessario.
Necessario perché fa rumore, perché col suo frastuono copre il silenzio.
A che cosa servirebbero le macchine, se non fossero rumorose?
Il primo requisito della macchina è che sia rumorosa. Che essa fabbrichi del rumore; e poi qualche altra cosa,
qualunque cosa!
E’ vero che ognuno studia la macchina pensando alla cosa che essa produrrà, di questa soltanto è preoccupato: ma scendete dentro il suo animo, là dove egli stesso non osa di calarsi, e vedrete che alle radici del suo bisogno di lavoro c’è il bisogno di rumore, sempre rumore per soffocare quel silenzio che mai non dorme. Che un minuto solo la cinghia si arresti, il motore si incagli – e voi vedrete chi era ebbro intorno a esso disebbriarsi e vacillare come se ognuno di quei soldati della grande armata della vita fosse stato preso negli ingranaggi della ruota della morte e avesse appena salvato una manica del suo vestito.
Essere in molti per non essere mai soli: affinché quando tace l’uno parli l’altro: è questa la tattica della battaglia. Il Napoleone che dettò queste regole non aveva dinanzi a sé un nemico in armi, ma aveva dinanzi a sé altri esseri simili a lui, schiavi come lui, e come lui combattenti una battaglia nella quale sarebbero stati sconfitti. Che importa? I figli ci sono apposta per vincere le battaglie che i padri perdono. Non un attimo di tregua – questo è l’importante: e il volante lasciato dal caduto è preso dalle mani del sopraggiunto perché questi guidi la macchina più lontano, dove l’altro non poté giungere.
Singolare nemico, straordinaria meta! Più lo si vince , più lo si deve vincere;
più la si raggiunge e più si allontana. Più rombano i motori della vita e più si ode d’istinto quel silenzio che non si cancella come la macchia di olio che non si amalgama all’acqua. Più la macchina corre veloce e più sembra di star fermi.
Ascoltateli mentre parlano in sogno, questi grandi capitani senza uniforme: guardate il loro cuore attraverso l’armatura slacciata. Essi sognano di essere soli e nell’orrore della loro solitudine diventano di ghiaccio.
Perciò dormono così poco e sono così mattinieri.
Sono più stanchi al mattino che alla sera. Guardateli: inermi tutta la notte, essi hanno combattuto col nemico che durante il giorno hanno fuggito sotto il pretesto di muovergli incontro: ed ora corrono, corrono, corrono per paura che esso li riassalga e li stringa alla gola guardandoli negli occhi. Corrono come chi è fuggito dalla casa incendiata, corrono come chi è ancora lordo del sangue dell’assassinato.
Hanno bruciato la vita, hanno ucciso se stessi. Come non aver pietà di loro?