DELLA IMPRONTA DELLE COSE - CAPITOLO VI
Della generazione dell’acqua e dell’olio, della differenza fra loro e della vita vegetativa
1. – Ogni vita vegetativa consiste in Desiderio e Bramosia. Il Desiderio è una volontà libera, un nulla in rapporto alla Natura; la Bramosia è una fame. Dalla bramosia esce lo spirito attivo e naturale e dal desiderio il soprannaturale, che non di meno appartiene alla Natura.
2. – La Bramosia è l’attività dell’essenza, una specie di fame; il Desiderio è l’essenza della fame che prende in se stesso. La bramosia è lo spirito naturale; il desiderio appartiene alla libertà, perché Dio non ha bramosia nella propria essenza e non avendo bisogno di nulla tutto è suo ed egli stesso è tutto. Ma ha una volontà di Desiderio ed egli stesso è questa volontà di manifestazione. Né può esservi manifestazione del libero desiderio senza bramosia, perché esso è il compimento della bramosia affamata della Natura e si abbandona volontariamente alla fame della Natura, essendo uno spirito senza essenza e senza bramosia e libero come il nulla. Ma la bramosia ne fa un’essenza secondo due proprietà: quella della libertà eterna e quella della bramosia che dà la vita vegetativa.
3. – La libera essenza è e dà un olio, a cui la bramosia impronta la vita. L’olio è una luce e la bramosia gli da un’essenza, la proprietà ignea, mercé la quale diventa uno splendore. Il libero desiderio resta non di meno una libera volontà, ma abbandona la dolcezza alla bramosia perché divenga essenza e splendore, ne tende che ad essere dolce, buono e amabile ed è come un nulla, in cui non esista movimento, ne tormento.
4. – Ma non è il nulla, perché è il principio del desiderio e si dà come lo splendore del sole a tutte le proprietà. Allora il desiderio abbraccia questo libero piacere come uno splendore dell’abisso eterno e produce in se, secondo la sua proprietà, una essenza. E tante proprietà v’hanno nella bramosia, altrettante essenze vi sono.
5. – Quando il libero desiderio cede alla cupida fame, questa ne riproduce un’immagine composta di un’acqua e di un olio. Ma non appena è soddisfatta la bramosia, vale a dire la fame della libertà, anche questa produce secondo la sua proprietà un’essenza che è acqua, mentre quella del libero desiderio è olio. Così in un solo spirito si manifestano due specie di proprietà: una ignea, secondo la bramosia, e una luminosa, secondo la libertà.
6. – L’ignea dà nella sua essenza e nella sua acqua un sale acuto della bramosia e la sua angoscia dà un solfo, da cui, nella creazione, provengono gli Elementi le stelle le pietre e i metalli, secondo le forme del desiderio e la corporeità. L’olio dà la sua dolcezza come un libero piacere dell’amore, che fa crescere la vita nell’impressione ignea; ma occorre per ciò il pungolo del fuoco, separatore delle corporeità e causa dell’essenza e della molteplicità.
7. – I Savi hanno chiamato questa forma il Mercurio della ruota d’Angoscia, causa d’ogni vita e d’ogni moto e architetto nelle proprietà oleosa e acquosa.
8. – Ricerchiamo ora come in ogni cosa si trovino l’olio il solfo e il sale e come sono originati. Dio ha fatto tutto dal nulla, vale a dire da se stesso, poiché in lui alberga il desiderio amoroso e non l’appassionato. Ma questo desiderio, ove dimori silenzioso, non si manifesta senza essenza.
9. – Quando s’introduce nell’essenza con la bramosia, questo silenzio eterno diviene un’essenza efficace di due proprietà. La prima è un olio, che ha virtù amorose e resistenti al furore del solfo, del sale e del velenoso mercurio, furore che guarisce con la sua dolcezza, come guarisce i danni causati dalla ruota del mercurio. In tal modo ogni vita racchiude il bene ed il male.
10. – Pertanto il male non può manifestarsi che se l’olio perisce per debolezza del suo proprio piacere nelle forme impresse dalla fame del desiderio, perché quando lo spirito affamato s’afferma e si manifesta troppo energicamente, esso non può più riceve il libero piacere che addolcirebbe la sua fame. Quando la fame riceve in se l’amore e ne forma un’essenza, cessa d’esser tenebrosa pungente e velenosamente mercuriale, per diventare un desiderio d’amore e assumere un nome di natura divina. Mentre prima era la collera di Dio e il fuoco nella natura esteriore.
11. – La bramosia che agisce nel mondo interiore, brucia, nella proprietà del libero piacere, i fuochi dell’Amore divino e il desiderio penetra nella bramosia e produce la pienezza della gioia. Cosa che non può accadere laddove non và movimento.
12. – Il libero desiderio, che è la proprietà di Dio, si manifesta dunque con la proprietà ignea. Egualmente per quest’ultima l’olio, che è l’essenza del piacere e che esce dall’impressione della bramosia, acquista lo splendore. L’austerità da il baleno angoscioso e la dolcezza dell’olio dissipa le tenebre con il suo amore e manifesta il nulla della libertà eterna.
13. – Quando lo splendore igneo assapora la dolcezza della Luce, la bramosia ignea si impadronisce della dolcezza. Questo libero piacere è un nulla incomprensibile; la fame della bramosia, divorando se stessa, fa della sua essenza l’oscurità e la proprietà della luce assorbe queste tenebre, come si vede nel giorno e nella notte.
14. – Ora osserviamo quali siamo le diverse specie di sale, come fluiscano dalla loro sorgente e come si scindano in proprietà diverse nell’impressione. Dal Fiat provengono due sali, spirituale il primo e acuizzante l’essenza del libero desiderio, l’altro che è la purezza dell’impressione secondo la proprietà severa, o l’angoscia, dell’impressione che è solforosa, mentre la sua proprietà essenziale è acquosa. L’acqua è la proprietà muta e mortale del sale, e il solfo dell’angoscia è la proprietà del sale vivente, perché l’angoscia possiede il pungolo del movimento, il mercurio, da cui si forma la vita. Non di meno il solfo non è il sale, ma l’angoscia dell’impressione che può divenire corporale.
15. – Il sale è l’acutezza del solfo nell’austerità e per esso l’angoscia si corporifica. Esso s’impregna delle virtù dell’angoscia e produce per ciò la vita mercuriale che è la vita dell’angoscia: esso separa la materia secondo le forme della Natura e la materia del libero desiderio in due essenze, acquosa l’una, l’altra oleosa corporale.
16. – L’essenza corporale è doppia: secondo le tenebre e secondo la luce. La proprietà austera solforosa e oscura fa dell’acqua una sabbia da cui si formano le pietre; l’altra proprietà, secondo la morte salnitrica, dà l’acqua comune. L’essenza corporale, per effetto del libero desiderio, produce i metalli e, per la sua proprietà acquosa, gli alberi e tutto ciò che sulla terra vegeta in una vita muta.
17. – Anche la proprietà oleosa è di due specie dopo l’impressione. L’una, volta verso il desiderio della libertà, si sprigiona dal furore dell’impressione e dà lo spirito luminoso e buono dell’olio; l’altra si abbandona nell’angoscia solforosa e resta nella corporeità secondo la proprietà salnitrica d’ogni cosa, in un sale igneo se è ignea,in un sale amaro se è amaro e così via.
18. – La prima proprietà secondo la Luce è dolce in ogni cosa, l’altra proprietà oleosa è secondo la forma della cosa, come si riscontra nelle erbe. Nell’una v’ha un veleno amaro, nell’altra una guarigione; ma se la proprietà velenosa è neutralizzata dal mercurio nell’olio della dolcezza, l’amore della luce penetra altresì nell’olio, le due proprietà provenendo da una volontà comune. E in tal caso si cangia mercé l’impressione, come il diavolo, angelo in origine, si cambiò in una proprietà velenosa e come Adamo cangiò la proprietà celeste in proprietà terrestre.
19. – Tutto ciò che cresce vive e si muove in questo mondo contiene solfo e il mercurio ne è la vita e il sale l’essenza corporea della fame del mercurio. L’olio è analogo alla proprietà del sale e del mercurio e costituisce la virtù d’ogni cosa. Nell’olio impresso si nasconde l’olio spirituale largitore di luce; ma questa appartiene a un altro principio, perché non ammette altro ribollimento che il piacere dell’amore. L’essenza divina è prossima alle creature, ma non risiede essenzialmente in esse. Così le Erbe, gli Alberi e le altre creature hanno in sé una parte della virtù divina, mercé la quale possono resistere alla falsa cura magica, all’olio corrotto e trasformarlo in un buon olio.
20. – Ogni Acutezza del sapore o del gusto è sale; ogni odore esce dal solfo; ogni movimento è mercurio. E per mercurio intendo la ruota della generazione d’ogni essenza.
21. – L’artista medico deve conoscere queste cose, senza di che non potrebbe guarire che accidentalmente le malattie. E deve poter riconoscere da che provenga l’avvelenamento dell’olio e quale sia la fame del mercurio nella malattia.
22. – Perché se egli saprà dare il sale secondo la proprietà della fame, la malattia sarà subito guarita, essendo così stato ricollocato l’olio nell’amore della luce.
23. – Ogni malattia del corpo non è che una corruzione velenosa dell’olio, di cui la consumazione è la luce della vita.
24. – Quando l’olio viene infettato da un mercurio o da un sale velenoso, o dagli astri o dal sale delle carni, esso s’agita in una effervescenza ostile con cui cerca sbarazzarsi dalle impurità. Il mercurio lavora allora nel fuoco solforoso e si attiva e cresce sinché l’olio non diventi interamente acquoso e terrestre. Poi la luce e il fuoco s’estinguono e il mercurio scompare col fuoco solforoso nella pestilenza della morte. Può sussistere ancora qualche tempo, è vero, nel corpo astrale con cui s’invola; ma allorché ha consumato la sua proprietà e saziato la sua fame nello spirito del gran mondo, è finita per la vita temporale.
25. – Non appena la luce dell’olio si spegne, il corpo elementare cade in putrefazione nel Fiat da cui proveniva e questa è la morte, che è ineluttabile, salvo che il mercurio divino non venga ancora una volta ad animare il corpo. Il che non può accadere, se una buona proprietà dell’olio non arriva a riaccendere in esso la luce della divina essenza. E ciò può compierlo l’Amore divino.
26. – L’essenza divina, o mercurio celeste, trasmuta in tal caso l’olio morto in se stessa e l’olio diventa la vita del corpo, perché il mercurio esteriore ritorna nel mistero da cui la creazione l’ha fatto uscire.
27. – Lo stesso accade per un altro movimento della divinità, la separazione del male ove giace la morte dal bene.
28. – Bisogna che il medico sappia che nel mercurio più tossico giace la miglior tintura, non nella proprietà stessa del mercurio, che è la vita angosciosa velenosa, ma in quella d’un olio luminoso che è il suo nutrimento e che, ove si possa estrarlo da esso, formerà una tintura e una infiammazione delle vite tenebrose, vale a dire delle malattie. In quest’olio è la vita di gioia, che tutto esalta.
29. – Sarà possibile estrarre da un rospo o da una vipera la miglior tintura, se la si riduce a una essenza oleosa e se ne separa il furore mercuriale, perché ogni vita interiore ed esteriore consiste in veleno e luce. E come noi vediamo la gioia divina prodursi col fuoco furioso della collera, egualmente ciò avviene esteriormente, perché ogni vita è muta e morta senza il velenoso mercurio.
30. – Mercurio è il fuoco acceso ed ogni vita è un fuoco. Ciò avviene anche nelle creature che vivono nell’acqua; in cui il fuoco pur sempre è la vita, fiele velenoso con cui mercurio la guida. In questo fiele è nascosto un olio, che alimenta il fuoco di mercurio.
31. – Quando una creatura possiede un mercurio vigoroso e asciutto, è ardita e forte. L’olio suo è limpido, benché il corpo sia magro, perche la proprietà del mercurio ne consuma l’acqua e il grasso acceso da una luce tanto più chiara quanto più l’acqua sarà meglio separata dall’olio.