DELLA IMPRONTA DELLE COSE - CAPITOLO XVI
Dell’impronta eterna e della gioia celeste e del perché tutte le cose sieno portate verso il bene e verso il male.
1.- La creazione intera manifesta l’Onnipossente e tutto ciò ch’Egli è nel suo regime senza principio, lo è anche la creazione, non come onnipotenza ,ma come una mela che cresca sull’albero. Tutte le cose sono scaturite da desiderio divino, benché in principio non esistessero essenze, ma solo il mistero della generazione eterna nella sua perfezione.
2.- Dio non ha tratto dal nulla la creazione per rendersi più perfetto, ma per manifestare la Sua magnificenza. La Sua beatitudine non era cominciata con la creazione, ma esisteva dall’eternità nel Gran Mistero, sebbene solo come un movimento spirituale. La creazione è l’esteriorizzazione di questo movimento e quasi l’armonia grandiosa d’una massa di strumenti.
3.- Il Verbo eterno, che è uno spirito, s’è espresso mercé le forme; l’opera Sua è simile al meccanismo dello Spirito, Egli è il Verbo pronunciato. Egli dirige l’armonia vivente come la meccanica d’un organo, nel quale un po’ d’aria suscita da ogni canna un suono particolare e concorre a costituire la melodia completa.
4.- L’opera intera della manifestazione divina non è che uno spirito solo che realizza col verbo pronunciante o con la vita, il Gran Mistero da cui tutto proviene.
5.- I Cori Angelici manifestano la voce divina e sono una parte del Gran Mistero, formando un tutto nel Verbo parlante, poiché li regge uno spirito solo. Ciascun principio angelico è una proprietà della voce divina e porta il gran nome divino. Noi ne abbiamo un’ immagine nelle stelle del firmamento e nei reami della terra, in cui i subordinati assumono il nome del capo. Le stelle non formano anch’esse che un corpo; le maggiori portano il nome del Mistero delle sette forme e le altre sono gerarchizzate come in un reame. Tutto è regolato come un orologio e le stelle fisse hanno le loro proprietà particolari e i sette pianeti hanno le loro secondo le sette forme della Natura, derivate dal mistero eterno per l’azione dello Spirito.
6.- La forza generatrice delle stelle agisce negli alimenti, che ne costituiscono il corpo, producendovi il piacere e il dolore, sebbene tutto in sé sia buono. Il mescolarsi delle creature è originato dal desiderio che le esalta nella collera del fuoco e le fa uscire dalla concordanza.
7.- Nessuna cosa è cattiva se rimane nell’armonia e quanto diventa cattivissimo uscendo dalla concordanza è invece eccellente restandovi. La stessa causale può dunque produrre tanto la gioia che il dolore.
8.- E nessuna creatura può pertanto accusare il Creatore di averla fatta malvagia. Tutte le creature sono buone e non diventano cattive che esaltandosi fuori dall’armonia e passando dall’Amore al dolore.
9.- Lucifero, quando fu creato, era nella più gran beatitudine. Ma uscì dall’armonia, spaziò nel fuoco freddo e oscuro, abbandonò il suo posto, volle tutto dominare e in tal modo è divenuto uno strumento del potere severo del fuoco, che fa risuonare lo spirito universale secondo il furore. Qual’ è l’armonia o la forma vitale di ogni cosa, tale è la sua risonanza nel suono eterno.
10.- Ogni essere loda il Creatore. I diavoli lo lodano nella potenza del Furore, gli Angeli e gli uomini in quella dell’Amore.
11.- L’essere degli esseri è unico. Generando, si separa in due principi, luce e tenebre, gioia e dolore, bene e male, amore e collera, fuoco e luce, e da questi due in un terzo principio, che è la creazione in che si ritrovano i due primi desideri.
12.- Ciascuna cosa vive nella sua armonia mossa da un solo spirito simile in ciascuna alla qualità di questa cosa. Tale è l’ordinamento del Gran Mistero eterno, stabilito secondo ciascun principio e secondo la proprietà particolare di ciascuna cosa.
13.- In tutto ciò che è temporale, la morte è la separatrice che infrange il male. Ciò che esce dalla sua vita primitiva per introdursi in una nuova immagine, abbandona l’ordine divinO ed è rifiutato come una dissonanza e diventa dissonante.
14.- L’inferno è divenuta la dimora del diavolo, perché esso s’è fatto strumento del fuoco eterno, introducendo la sua vita nella Collera di Dio e nel furore della Natura eterna e lo spirito della Collera lo fa risuonare per la gloria di Dio.
15.- Questa Collera è la sua gioia, non perché esso vivesse prima nella tristezza e nell’impotenza, ma perché ha voluto segnare pel fuoco e per la proprietà che non è che se stesso nel primo principio nel mondo tenebroso.
16.- Il mondo angelico è invece l’altro principio, in cui la chiarezza divina si riverbera su tutte le essenza, in cui la voce divina risuona in tutte le creature, in cui lo spirito produce la beatitudine e l’amore negli esseri angelici. Come nel fuoco tremola l’angoscia, così nell’Amore trepida la gioia, che genera la beatitudine negli angeli e nelle anime degli uomini.
17.- La voce di Dio fa scendere la sua beatitudine nella creatura in cui si manifesta. Il mondo è l’immagine vivificata dallo spirito di ciò che Dio genera col suo Verbo eterno fuori del Gran Mistero, secondo la proprietà del Padre.
18.- Tutte le proprietà di questo mistero si ritrovano negli angeli e negli uomini. Le creature non si rallegrano in silenzio della maestà divina, ma lo spirito eterno agisce di eternità in eternità e manifesta perpetuamente la Saggezza infinita. Così la terra produce senza posa fiori, alberi, metalli ed esseri sempre più forti e più belli e quando l’uno nasce l’altro scompare e tutto non è che movimento e lavoro continuo.
19.- Come nel santo mistero, i frutti si moltiplicano, le luci s’accendono, gli odori del Mercurio divino e i sapori dell’Amore si rispandono senza posa.
20.- Tutto ciò di cui il mondo è l’immagine, esiste nel regno di Dio allo stato spirituale Di perfezione, non solo come spirito o come pensiero, ma benanco come essenza e sapidità corporale, benché incomprensibile al mondo esteriore. Il mondo visibile deriva da tali essenze spirituali, in cui risiede l’elemento puro, nonché dall’essenza tenebrosa del mistero del furore.
21.- Il mondo visibile non è costituito dall’essenza eterna, ma dalle sue esalazioni d’amore e di collera, di bene e di male ed è il prodotto di un principio particolare dello spirito eterno.
22.- Tutto ciò ch’esso contiene riproduce il mondo angelico. Però non bisogna intendere che il male che esiste sulla terra si ritrovi anche nel cielo. V’hanno due principi: nel cielo tutto è buono e luminoso, nell’inferno tutto è malvagio e tenebroso.
23.- L’inferno, come il cielo, produce anch’esso i suoi frutti, ma secondo la proprietà furiosa.
Il fuoco nelle tenebre rende tutto cattivo, mentre nella luce tutto è buono. Ma in complesso questi due mondi eterni non ne formano che uno solo.
24.- Le tenebre e la luce si separano e si odiano, perché il bene e il male siano riconoscibili.
25.- Nella Natura eterna tutto è unico in principio; il fuoco è l’Amore nel mondo angelico ed è la Collera nell’inferno. Il primo è la morte del secondo, esso vuole togliergli ogni forza, ma il furore fa resistenza, perché se non vi fosse furore non vi sarebbe il fuoco e per conseguenza non vi sarebbe la luce, e senza la collera non esisterebbe la gioia. Questa si cambia in quella nella luce e l’essenza del fuoco tenebroso si annienta da sé stessa e rinasce nell’amore. Così la luce si alimenta di cera e nella candela il fuoco e la luce non sono che una cosa sola.
26.- Anche il Gran Mistero è unico in sé stesso, ma nel suo sviluppo eterno si divide in bene e in male e ciò che è buono per l’uno è cattivo per l’altro. L’inferno non è buono per gli angeli, che non sono stati creati per esso, ma è buono per i diavoli.
27.- Per questi invece sarebbe la morte e pertanto esiste una inimicizia eterna e solo Dio è unico. Egli dice secondo le tenebre: Io sono un Dio geloso e un fuoco divorante; ogni creatura deve dimorare nel luogo in cui fu creata e cui è immagine, né può uscire da tale armonia, senza farsi avversaria dell’Essere degli esseri.
28.- L’inferno dunque è nemico del diavolo, perché questi non ne è che l’ospite straniero, che vuol regnare fuori dal suo posto. Tutto il creato lo tiene in conto di spirito decaduto, precipitato fuori del suo ordine, benché sia il furore e il parassita della Collera di Dio. Colui che era troppo ricco è divenuto troppo povero; possedeva tutto quando era nell’umiltà, ora giace nell’onta. Il re v’è ancora, ma il regno è crollato. Esso è giudice di quanto afferra la Collera di Dio, ma non può fare che ciò che vuole il suo padrone.
29-30.- Tutto ciò che proviene dalla volontà eterna, angeli e anime, resta in equilibrio tra il bene e il male nella Volontà libera come Dio stesso. Il desiderio che superi l’altro nella creatura, nel momento della qualificazione, dà la sua qualità alla creatura, così come un cero produce la fiamma da cui esala uno spirito che il fuoco attrae in sé e che se ne sprigiona daccapo. E quando questo spirito è uscito dal fuoco e dalla luce, assume la proprietà che accetta.
31.- Il primo mistero della creatura è l’universale, il secondo il suo spirito e la propria volontà.
Ogni angelo possiede uno spirito proprio che proviene dal proprio mistero, il quale allora l’imprigiona. Così accadde a lucifero. Questi aveva in se il furore e l’amore. Perché mai lo spirito proveniente da questi due principi ha immagine dello Spirito di Dio, non rimase nell’obbedienza e nell’umiltà, come un fanciullo innanzi alla madre?
32.- Tu rispondi che non lo poté, ma è inesatto.
Uno spirito è in equilibrio nel luogo in cui fu creato e vi sta in libertà; esso è uno con lo spirito universale, benché possa creare a sua guisa un desiderio nell’Amore o nella Collera e riceve nel Gran Mistero la proprietà del desiderio che sprigiona. La potenza generatrice è in Dio e perché non sarebbe anche nella creatura fatta a sua immagine? La creatura è dominata dalla proprietà che ha evocato.
33.- La volontà di Dio verso la creatura è unica, secondo quella delle proprietà del Mistero eterno che è stata afferrata. Lucifero fu concepito quale angelo buono, ma la volontà sua personale ridestò in lui la Madre eterna per dominare per essa. Lo spirito della volontà è il punto di partenza. Esso è libero e opera come vuole.
34.- Provenendo dai due principi, esso ha scelto il furore che s’è esaltato e l’ha trascinato seco. Così cadde Lucifero e così cadono i malvagi.
35.- La ragione cita la Scrittura: « Molti sono i chiamati, pochi gli eletti ». « Io ho amato Giacobbe e odiato Esaù » (S. Matteo,XXII, 14) . Un vasaio non può forgiare l’argilla come vuole?... Gli eletti sono pochi, perché non vogliono esserlo; collocando la volontà della Collera, se ne diventa figliuoli. Tutti nondimeno sono chiamati alla rigenerazione in Adamo e in Cristo; l’Amore non elegge che il suo simile; pure la porta ne è schiusa anche agli empi, abbenché imprigionati nella Collera. L’uomo ha in se la morte, con la quale può sottrarsi al male; ma il diavolo non l’ha, perché fu creata nella maggiore perfezione.
36.- Giacobbe rappresentava la stirpe del Cristo ed Esaù la caduta d’Adamo. Il primo era promesso all’umanità per cancellare il fallo del secondo e liberarla dalla Collera. Io ignoro se Esaù sia rimasto peccatore, perché la Scrittura non lo dice. La benedizione gli fu impartita, egli la spregiò e da allora fu riportata su Giacobbe, vale a dire sul Cristo, che più tardi ribenedisse Esaù e Adamo.
Così fu dischiusa loro la porta della grazia.
37.- Giacobbe Cristo parlò come appresso, quando fu entrato nell’anima e nella carne d’Adamo: « Venite a me, o voi che siete stanchi, ed io vi allevierò ». (S. Matteo, XI, 28). « Io son venuto a invitare il peccatore al pentimento ». (Non Giacobbe, ma Esaù che ne ha bisogno). E quando questi rispose alla chiamata, Cristo dice: « V’ha più gioia in Cielo ha causa di questi, che per novanta giusti che non abbiano bisogno di penitenza ». (S. Luca, XV, 7).
38.- Ma chi son i giusti? Tutti noi siamo divenuti peccatori in Adamo. I giusti sono coloro che si sono impadroniti della discendenza del Cristo nell’umanità. Non che essi non possano cadere in Adamo, ma sono stati scelti dallo spirito del Cristo nel punto della ruota dove l’Amore e la Collera si equilibrano. Così fu di Giacobbe d’ Isacco e di Abele e la loro discendenza ebbe da ammaestrare quella di Caino d’Ismaele e di Esaù, per infrangere con l’Amore lo stimolo diabolico.
39.- Perché Giacobbe fu benedetto in luogo di Esaù? In lui era celato il seme d’Abramo e d’Adamo, pel quale benedizione doveva scendere sul primogenito Esaù. Perché il Cristo deve nascere nella nostra carne e nel nostro sangue, affinché il seme della donna possa schiacciare la testa del serpente.
40.- Esso deve placare la collera nell’umanità, non con un sacrificio propriamente detto, ma con l’abbandono dell’Amore. Giacobbe Cristo doveva dissetare Esaù col suo sangue, perché quest’ultimo divenisse un Giacobbe in Cristo. Quando Esaù non vuole riconoscere l’anzianità di Giacobbe, Adamo non vuole accettare il Cristo, perché gli abbisognerebbe morire alla carne peccatrice. Perciò Esaù combatteva contro Giacobbe con l’Adamo terrestre.
41.- Giacobbe che gli andò incontro con presenti (Genesi, XXXIII, 10-11) è il Cristo che s’offre all’umanità col suo amore. Esaù pianse tra le braccia del fratello. E’ Adamo che si pentiva in lui del suo progetto fratricida. L’Amore lascia passare la compassione, perché una porta di misericordia sia aperta ai figli d’Adamo e, tuffandosi nella morte spezza la Collera e guida la grazia fino al misero peccatore.
42.- Quest’ultimo deve dunque entrare col Cristo nella morte, affinché il sangue divino lo purifichi e lo innalzi ancora quale figlio di Dio.
43.- Cristo ci chiama alla sua morte e le due sementi, quella della donna e quella del peccatore, lottano nel peccatore e quelle delle due che trionfa genera il fanciullo. La volontà libera può dunque passare attraverso l’una delle due porte. Molti di coloro che appartengono alla stirpe del Cristo, sono trascinati al male dal desiderio. Anch’essi sono chiamati, ma non reggono la prova e occorrerebbe che uscisse dal peccato e risuscitassero col Cristo. Sarà eletto colui che accetterà Dio Cristo non solo con la parola, ma con tutta la volontà.
44.- Quando la ragione conosce dell’elezione della Grazia, non basta. Adamo fu eletto. Se un ramo si secca, la colpa non è dell’albero che diffonde la sua linfa indistintamente a tutti i rami; ma se la gemma cresce in una volontà propria è abbandonata al fuoco del Sole prima d’aver potuto refrigerarsi nella linfa naturale. L’uomo si corrompe in modo eguale e perché Dio gli largisca la sua grazia, deve fare penitenza. Ma la società e il diavolo lo trascinano sull’empia via, sino a che sia impegolato nella Collera e l’opera allora diventa più difficile. La grazia non lo tocca più, salvo che non ridiventi pio.
45.- Molti sono chiamati, ma non sono capaci di ricevere la grazia per la loro cattiva volontà. Perciò è detto (S. Matteo, XI, 17): « Noi abbiamo suonato il flauto e voi non avete danzato … …». E ancora (S. Matteo, XXIII, 37): « O Gerusalemme, quante volte ho voluto radunare i tuoi figli ». Dio non darà le sue perle ai porci, ma a quelle sue creature, che gli verranno vicine.
46.- Chi dunque accusa Dio, disprezza la misericordia ch’Egli ha usato verso il genere umano e si annoda da se stesso il suo giudizio al collo.
47.- Ho riportato fedelmente al lettore ciò che il Signore mi ha mostrato e s’egli si contemplerà in questo specchio, vi troverà l’utile suo.
E’ una porta larghissima dischiusa sul Gran Mistero. I commentari non possono servire; anche nelle cose naturali, l’esperienza darà profitto al cercatore.
48.- Perché i gigli fioriranno sui monti e nelle vallate, sino ai confini della terra. Chi cerca trova. Così sia.