SULL'ARTE DEI FILOSOFI D'ERMETE
Nel
presente saggio vorremmo lumeggiare i principi del sistema di scienza
spirituale contenuto nella Tradizione Ermetica – nel senso ristretto di questa
espressione, che riferiremo essenzialmente all’ermetismo alchemico nelle sue correnti varie ma pure riannodantisi
ad un tronco unico, qua e là diramantisi fra le mezze luci del Medioevo e poi
discendenti, più decise, sino al Seicento e al Settecento.
E’ certo che fra le «persone colte»
qualcuno comincerà a stupirsi fin da queste semplici parole, con cui
presentiamo il concetto di alchimia in associazione con quello di una «scienza
spirituale». Si dirà: L’alchimia, oggi, si sa bene che cosa è: è la chimica
attuale nel suo stato infantile e mitologico. Essa, di certo, ebbe il suo
valore: quello di aver preparato il metodo sperimentale; di esser giunta, sia
pure quasi a caso, attraverso le prove d’ogni genere tentate da coloro che
inseguivano la chimera della «trasmutazione», a certe conoscenze di chimica; di
avere persino anticipato, con qualche intuizione geniale, delle verità che la
nostra scienza più recente sembra confermare. Ma questo è tutto. Che cosa mai
c’entri la «scienza spirituale» con l’alchimia, non si capisce; e così non si
capisce come una persona seria possa oggi interessarsi di alchimia altrimenti
che dal punto di vista storico, considerandola cioè come il vecchio tronco,
ormai morto, da cui è «evoluta» la chimica moderna.
Tale
è, ad un dipresso, l’opinione ufficiale nei riguardi dell’alchimia; opinione, che
visibilmente tradisce la mentalità progressista, la quale non dubita per nulla
che la luce dal vero sapere solo oggi – con la civiltà moderna europea – abbia
cominciato a brillare, tutto il resto restando un incerto crepuscolo, uno
«stadio evolutivo» superato ed avente valore, se mai, solo per quel tanto in
cui ha contribuito all’avvento di tale luce. L’ingenuità e l’infatuazione
palesi in un simile modo, tutto moderno, di pensare – qui non è il caso di
rilevarle: assai lungo sarebbe il dire, e scarsa di un risultato, per la stessa
ragione che bisogna possedere una fede assai robusta per credere di riuscire a
far vedere un verde a chi prima si fosse saldate agli occhi delle lenti rosse,
e in nessun modo intendesse togliersele.
E’ soltanto naturale che la mentalità
moderna, la quale non sa nulla e non vuol sapere nulla di un conoscere diverso
da quello che coltiva, trovi delle difficoltà per ammettere una scienza
spirituale tradizionale dietro alle spoglie strane dell’alchimia – come anche
dell’astrologia, della magia e di altre scienze «superate». Non è naturale
però, e tanto meno «scientifico», che essa non tenga alcun conto di
dichiarazioni molto precise dei testi, che dovrebbero indurla almeno a
considerare che la cosa è altrimenti complessa di quel che supponga. Per
limitarsi al nostro soggetto, ossia all’alchimia, dagli autori del tempo viene
ripetuto sino a sazietà e su tutti i toni, che le loro espressioni non vanno
prese alla lettera, che i metalli e le altre sostanze di cui parlano, non sono
quelle visibili di cui può avere conoscenza il profano; che il loro «fuoco», p.
es., è un «fuoco che non brucia», né bagna, la loro «acqua», le mani – e così
via, in una quantità senza limite di analoghi bisticci, «Non ti lassare
ingannare – dice testualmente il Braccesco – et non credere alla semplice
lettera dei Philosophi in questa scientia, poiché dove hanno parlato »