L'INTELLETTO - PRIMA PARTE
Come al
vuoto si oppone il pieno, e come al vuoto fa seguito la privazione, così alla
pienezza fa seguito un’efficacia attivissima, l’intelletto primo, prima idea,
idea delle idee e fonte delle idee. Dopo l’unità assolutissima, esiste infatti
il principio della totalità, la dualità, e dopo questo esiste l’emanazione
della totalità, la trinità, che segue la dualità. Un principio simile non ha
figura, poiché non è un ente particolare che rimandi a tutte le cose in modo
per così dire sensibile ed esplicito; tuttavia, se possiamo introdurre una
immagine archetipica in grado di rappresentarlo, lo dovremo intendere come un
circolo che subito si avvolge attorno al centro unico e indivisibile. Centro
unico e indivisibile era infatti la pienezza, ovunque tutta e ovunque assoluta
da tutte le cose, mentre questo circolo dovrà essere inteso come unità ovunque
tutta e tuttavia tale da comunicare se stessa in modo specifico ad ogni singola
cosa. I teologi antichi intendono con quel centro la mente del padre, la quale,
nel contemplare se stessa, produce quasi un circolo e genera l’intelletto
primo, che essi chiamano figlio, attuatasi quella concezione, compiacendosi
nell’immagine della sua essenza, ecco che la mente del padre emette un fulgore
chiamato amore, il quale scaturisce dall’atto con cui il padre contempla se stesso
nel figlio. Possiamo così scorgere nel padre l’essenza dell’essenze, nel figlio
ogni bellezza e desiderio di generare, nel fulgore lo spirito che pervade e
vivifica tutte le cose. Poiché tale è la natura dei tre principi supremi, la
nostra mente dovrà concepire l’intelletto primo, secondo trenta condizioni.
1. Non sarà solo circolo fulgidissimo, ma parimenti
luce diffusa tutto intorno al centro, a partire dal quale, esprimendosi ovunque
senza limiti, si manifesta poi il fulgore.
2. Dobbiamo concepire questo cerchio come realtà
identica che si costituisce secondo un movimento duplice. Uno è quello per cui
l’intelletto primo si riflette in se stesso, il secondo è quello per cui esso
si rivolge alle cose quasi trafiggendole con i suoi raggi: per mostrare come
questo principio prima intenda se stesso nella propria pienezza, quindi ogni
altra cosa.
3. Comprendiamo che i raggi da lui diffusi siano
comunque compresi entro il circolo via via che questo si espande a formare una
sfera, per indicare come l’intelletto primo intenda se stesso e tutte le cose
così da intendere sé nel tutto e il tutto in sé. Come dunque è unico sotto il
profilo della sostanza tanto al principio quanto al termine dei suoi raggi,
così ugualmente è semplice, e non molteplice, l’atto intellettivo con il quale
esso comprende tutte le cose.
4. Poiché è la prima forma nella quale si compiace
l’occhio del padre, quasi contemplando l’immagine che pienamente lo
rappresenta, dobbiamo credere che esso sia bellezza stessa di ogni bellezza in
quanto prima bellezza: per opera sua infatti, in virtù di partecipazione e di
imitazione hanno bellezza tutte le cose belle.
5. Lo intendiamo bifronte, secondo il modo in cui i
Caldei dipingevano l’Apollo universale (per questo infatti gli attribuivano il
titolo di intelletto primo): quando esso comprende il padre, non lo fa, per
così dire, protendendosi fuori di se per afferrarlo. E’ solo nel comprendere il
padre che l’intelletto è massimamente in se stesso, anzi, solo allora è
massimamente se stesso: e questo sta ad indicare che per l’intelletto primo il
passato non è passato, e il futuro non è futuro, perché tutta quanta l’eternità
è presente ai suoi occhi come totalità unica e perfettamente compiuta.
6. Lo immaginiamo come sfera dalla superficie
totalmente coperta di occhi, perché, secondo le parole di Orfeo, ovunque è
occhio, ovunque vede e ovunque parimenti opera, perché ogni ente è opera di
intelligenza, e ogni cosa che è esiste perché viene intesa.
7. Lo diciamo circolo e sfera più mobile di ogni
altra cosa, poiché si protende verso tutto ed è tutto. Anche l’intelletto primo
è ovunque, e in ogni luogo diffonde l’essere così da esistere sempre in ogni
luogo, presente in ogni luogo, e da non lasciare priva di se nessuna cosa in
nessun luogo. Intendiamo dunque che il suo moto coincida con la quiete somma e
la definiamo sfera mobilissima perché stabilissima, e stabilissima perché
mobilissima: quanto si muova in circolo a velocità infinita fugge e ritorna;
nel medesimo istante, e in ogni luogo nel medesimo istante, è in movimento e
nel medesimo istante è in quiete. Non dobbiamo dunque giudicarla immobile in
quanto estranea al moto, per non cadere nell’errore di giudicarla estranea ad
ogni operazione.
8. E’ luce che custodisce implicata in se ogni luce:
tutto quanto può intendere intende per virtù dell’intelletto primo, così come
ogni corpo diafano rifulge in virtù della luce e ogni corpo fulgido è nella
luce. Non diversamente o niente in grado di intendere intende per opera
dell’intelletto, che è dunque vera luce dell’universo.
9. E’ fonte di vita, anzi, vita di tutte le cose;
ogni ente concorre infatti con la propria esistenza all’ordine dell’universo,
la cui causa riposa tuttavia nel principio che lo intende e che lo detta.
Questo principio è l’intelletto primo, che, comunicando e stabilendo l’ordine,
distribuisce l’essere e la vita, e si costituisce dunque come vita sotto il
profilo dell’essenza.
10. Immaginati una sfera, ovvero un globo la cui
superficie sia costituita da uno specchio lucidissimo: pensa che un simile
specchio stia nel mezzo di tutte le cose, in modo che in esso siano delineate
le forme e le figure di tutte le cose circostanti e che da esso si riverberino
poi i riflessi e le figure delle forme, secondo un principio di maggiore
verità, come se questo corpo fosse completamente specchio, e avesse tuttavia la
proprietà di non limitarsi al recepire, secondo il modo che veramente è proprio
degli specchi, le configurazioni e le forme delle realtà esterne, ma di
trasmettere anche ai corpi esterni le vere forme. Devi altresì comprendere che
questo secchio non trasmette concretamente le configurazioni e le figure, ma
piuttosto le racchiude tutte quante in se nella loro vera essenza e che nel suo
centro ogni configurazione e ogni specie è un’unica e medesima realtà, perché
la molteplicità delle idee si riduce in ultimo all’unità, allo stesso modo in
cui l’unità è principio di tutti i numeri, e senza l’unità nessun numero
esiste. Allo stesso modo, nemmeno il numero delle idee potrebbe esistere se non
esistesse l’unica idea che, per così dire, è fonte di tutto. Nell’unità
dell’intelletto stanno dunque tutti gli intelletti e tutti i contenuti
dell’intelletto, così come nell’unità del centro riposa la verità di tutto il
circolo e di tutta la sfera. Senza quel centro, punto intermedio semplice e
indivisibile, non esisteranno infatti ne sfera, ne cerchio. Tuttavia
distinguiamo così il primo intelletto, in modo da considerarlo non tanto come
unico centro individuale, quanto piuttosto come centro e sfera per due ordini
di motivi: in primo luogo perché l’intelletto, per come lo intendiamo noi, si
esplica verso tutte le cose, e non lo consideriamo mente assoluta, al pari del
padre o della pienezza; in secondo luogo perché soccorre la fragilità dei
nostri sensi; perché crediamo che nell’unità e semplicità di un’unica idea sia
racchiusa la totalità delle cose. Non per questo riteniamo che l’intelletto
primo intenda tutte le cose come complessità indifferenziata. Immaginiamo
dunque che tale centro insieme alla sua circonferenza intenda le specie di
tutte le cose in una unità di tutte le cose non confusa, ma distinta.
11. Secondo la teologia dei Fenici raffigurati
l’immagine di un corpo, o di una realtà, traslucida, che pervade tutte le cose,
si diffonde ovunque e, al modo della natura spirituale, è in ogni luogo
presente nella sua integrità, così infatti una voce unica, un’unica parola
pronunciata, viene percepita in luoghi diversi nella sua integrità e, ovunque
esistano orecchie, li si manifesterà anche l’udito. Non diversamente lo spirito
infonde ovunque anima e vita, secondo il modo di essere che contraddistingue la
specie cui si accosta. Dobbiamo pertanto concludere che intelletto e anima non
si congiungono secondo moto locale a quanto partecipa di vita e intelletto.
12. E’ presente in tutte le cose non come parte né
come potenza, ma come principio agente e formatore presente nell’intimo delle
cose più di quanto le cose non siano presenti a se stesse, per cui non dobbiamo
credere che esso si comunichi per così dire dall’esterno, o venga a compiere le
proprie operazioni spostandosi con moto progressivo da una cosa all’altra,
poiché l’intelletto primo riempie tutte le cose. Se anche i filosofi lo dicono
separabile dalle cose, o, addirittura, lo definiscono intelletto separato,
teniamo presente che questa definizione è stata introdotta perché l’intelletto
primo non ha alcuna relazione con la sostanza delle cose particolari e, pur
operando nell’intimo di esse, non di meno non è parte di esse. Ancora, lo
definiscono separabile dalle cose non certo perché da un dato luogo cominci ad
allontanarsi, o cessi di presentarsi, ma perché, al dissolversi delle cose,
esso cessa di esplicare le proprie operazioni. Muovendo da osservazioni simili
si dice del resto che il medesimo spazio, il quale pure non subisce alcuna
alterazione, è luogo di quel corpo finché il corpo permane in esso; ma quando
il corpo si dissolve, ecco che questo medesimo spazio non potrà più essere
definito luogo di quel corpo. E’ dunque possibile dire che il luogo è separato
dalle cose, ma ciò avviene non tanto perché è venuto meno il luogo contenente,
quanto perché sono venute meno le cose contenute. Allo stesso modo diciamo che
l’intelletto primo è separabile dalle cose in cui si esplicava non tanto perché
lui si separi da esse, quanto perché le cose si separino da lui.
13. Secondo il nostro modo di intendere, il rapporto
tra l’intelletto universale e l’intelletto che si manifesta in noi e nelle
altre realtà che ne sono partecipi è analogo a quello che si determina tra il
fenomeno della visibilità considerato rispetto all’occhio e rispetto al sole.
Nell’occhio è infatti insito un principio di visibilità simile a quello che è
proprio dell’intelletto definito passivo, mentre nel sole è insito un principio
di visibilità paragonabile all’intelletto che chiamano agente. Come un unico
sole è sufficiente perché occhi finiti possano esplicare l’atto visivo, così un
unico intelletto agente fa sì che infinite intelligenze esplichino l’atto di
intendere. Per questo l’immagine dell’occhio fisso nel sole è allegoria
dell’azione svolta dall’intelletto agente.
14. Teniamo presente, comunque, la differenza tra
l’azione esplicata dall’intelletto primo quando si volge agli altri intelletti
illuminati e l’azione svolta dal sole che illumina e da forma ai sensi.
L’intelletto primo è che un sole racchiuso nel centro e nel mezzo delle pupille
mentre il sole sensibile è all’opposto, ovvero risplende davanti agli occhi.
Dunque, sia l’intelletto agente sia lo spirito datore di vita producono, operano,
irradiano la loro luce dall’interno: si tratta di un artefice che non opera
sulla superficie della materia, ma nell’intimo di ogni materia e di ogni
natura.
15. E’ definito natura occulta: si cela però nella
caligine della luce, al contrario dell’Orco, che si cela nella caligine delle
tenebre. L’intelletto primo risplende infatti in tutte le cose, senza però
commisurarsi al fulgore delle realtà luminose, e senza adeguarsi alla forza
degli occhi: essendo infinito, non ha nessuna forma, nessuna figura, non ha
seggio né trono. Dicono dunque che illuminando acceca gli occhi, e accecandoli
li illumina: la sua luce viene colta da chi ne riconosce la natura invisibile e
incomprensibile, non da chi presume di averla vista e compresa.
16. In nessun modo possiamo attribuirgli forma o
figura, perché lui medesimo è forma e figura, formatore, figuratore e autore di
ogni formazione. Come possiamo credere che la forma abbia a sua volta una
forma, la figura una figura, il primo figuratore un altro figuratore?
17. Lo raffiguravamo come un circolo che volgendosi nella sua totalità attorno al proprio centro, contemporaneamente ruotasse attorno a un altro centro, per notare i due modi di esplicarsi che gli sono attribuiti, secondo una dottrina platonica piuttosto nota: uno, precisamente, è l’atto con cui si volge in circolo intorno a se stesso, l’altro quello con cui si volge in circolo attorno al padre.
18. Come tutti i sensi particolari si riconducono e si riferiscono al senso comune, quasi convergendo in un unico centro, e muovendo dal senso comune procedono ad esplicare le proprie operazioni, così gli stessi intelletti particolari ricevono forma da un unico intelletto datore di forme, al quale si riconducono e al quale rimandano.
19. Effondendosi in tutto, il medesimo splendore
dell’intelligenza si infonde tuttavia ad ogni singola cosa secondo le capacità
della sua natura. Sebbene dunque si infonda nella sua totalità, sebbene, dico,
in tutte le cose sia presente nella sua totalità, la sua efficacia non si
esplica totalmente ovunque, anzi, da nessun luogo si riverbera la totalità del
suo fulgore; nessuna natura particolare può infatti avere alcuna proporzione
con lui, poiché esso non ammette qualità.
20.Come, gettato un sassolino nell’acqua, prima
vediamo manifestarsi nel liquido l’efficacia insita nell’essenza del punto,
dalla quale subito è prodotto un
cerchio, che subito ne fa scaturire un altro, da cui secondo successione viene
prodotto un altro circolo e un altro ancora, così, secondo i pitagorici,
intorno al punto indivisibile della pienezza si genera quale principio primo e
prossimo questo cerchio totalmente simile e totalmente unito al centro, il
quale è scaturigine di tutti i circoli che da lui si producono secondo una
successione alterna, poiché intorno al circolo dell’intelletto primo si esplica
il circolo dello spirito universale o anima del mondo. Intorno a questo, come
affermano i platonici, si esplica poi il circolo della natura, cui fa seguito
il circolo della materia e così via, fino a giungere, secondo una tale
progressione, al vuoto.
21. Lo diciamo prima natura individua, ed è
effettivamente tale: teniamo però presente che la sua indivisibilità è diversa
dall’indivisibilità del padre Sole, secondo quanto affermano i teologi sopra
menzionati. L’intelletto primo è detto individuo perché è ovunque nella sua
totalità; il padre, invece, si definisce individuo perché è assoluto rispetto a
tutte le altre cose; definendolo assoluto, non dico che dobbiamo crederlo un
principio separato dalle cose, bensì un principio presente in tutte le cose
secondo un modo di essere più imminente.
22. Possiamo acquisire una cognizione dell’intelletto
primo seguendo una progressione analogica di questo genere, così da
interpretare il padre come luce, mente; il figlio, ovvero l’intelletto, come
sole che è padre del sole; e le intelligenze separate come astri che traggono
dal sole la loro luce. L’intelletto umano si paragona alla luna, in parte
risplendente per la luce che si riversa su di esso, in parte oscuro per
l’opacità della materia; la natura corporea dotata di qualità sensibili si
assimila poi a un corpo colorato; la materia, in ultimo, all’ombra.
23. Secondo il nostro modo di intendere, la mente
prima è padre della luce, l’intelletto primo fonte delle idee e idea delle
idee, le intelligenze sono specchi, le forme che si manifestano nella materia
sono tracce delle idee; le rappresentazioni razionali che si producono nel
nostro intelletto a partire da tali forme sono ombre delle idee.
24. Immagina la triade costituita da chi parla, dalla
parola e dal suo significato, quello che esprime ovvero quello per cui viene
espressa. Il padre ovvero la mente è colui che parlando produce il figlio, il
verbo, e per mezzo del verbo espresso tutte quante le cose sono state prodotte,
poiché quel verbo non è solo sostanza, ma sostanza delle sostanze, e in lui
riposa la capacità di produrre, conservare e rinnovare il mondo. Il rapporto
che unisce l’intelletto primo alla mente assoluta è dunque simile al vincolo
che congiunge la parola a colui che la pronuncia e dal quale procede; e
crediamo che il verbo ha un essere che è intermedio tra la totalità delle cose
prodotte, alle quali è superiore, e il primo efficiente, efficiente, dico,
rispetto al verbo, il quale è a sua volta principio efficiente rispetto agli
enti esplicati, anche se il termine «efficiente», si usa in due sensi diversi
nell’uno e nell’altro caso.
25. Definiamo l’intelletto centro del secondo mondo,
mondo primo, archetipo delle idee: in tutta la sfera è ovunque tutto, e ovunque
si costituisce come centro.
26. E’ possibile individuare nell’intelletto
un’azione duplice: una quasi riflessa, una seconda quasi diretta. Quando agisce
nel primo modo è immanente in se stesso, quando agisce nel secondo modo si
trasfonde nelle cose con moto progressivo. Similmente vediamo che operano il
nostro intelletto e la nostra anima, nei quali possiamo parimenti distinguere
un’azione immanente e transeunte.
27. Intendiamo che sia fabbro del mondo, principio
che agisce e plasma dall’interno, architetto che ordina e porta a compimento la
propria opera.
28. Intendiamo che la sua azione non si esplichi
secondo una successione cronologica, né faccia seguito al moto della ragione,
perché simultaneamente tutto possiede e tutto opera: non afferra le cose con un
atto di comprensione, né si comunica ad esse quasi mediante un atto di
comprensione e argomentazione, per quanto in enti particolari susciti l’atto
del comprendere e dell’argomentare.
29. Questa forza di intelletto è insita in tutte le
cose, per cui in tutte le cose è immediatamente presente un principio
efficiente validissimo che produce conoscenza al cui splendore nulla può
sottrarsi. Non per questo, comunque, tutte le cose hanno intelletto: alcune
hanno la ragione al posto dell’intelletto, altre hanno l’immaginazione al posto
della ragione, altre ancora mostrano solo la forza più opaca del senso, che in
alcune realtà sembra addirittura assente; e tuttavia non ci sono dubbi che
perfino esseri simili, quali fossero corpi trasparenti, potrebbero essere
partecipi della luce. Così il sole è presente in pari misura a tutto quanto
l’emisfero, la luce si riversa in pari misura su tutte le cose e, una volta
infusa, sussiste in pari misura entro tutte le cose: ma non allo stesso modo si
riflette e traduce da ciascuna di esse. Alcuni autori ritenevano dunque che
l’intelletto non si effondesse solo fino agli esseri bruti e alle piante, ma si
comunicasse anche alle pietre e ai corpi che sembrano meno perfetti, ora
mantenendosi occulto, ora mostrandosi con evidenza; operando in alcuni esseri
in un modo, in altri in un altro; esplicandosi talvolta di più, talvolta di
meno.
30. E’ necessario definirlo presente ovunque in modo
perfetto secondo la priorità di tutta la sfera: è infatti ovunque tutto,
indivisibile, mai assente o esiguo, perché, come si è detto, in ragione dei
diversi caratteri delle materie fisiche, secondo forme diverse di occultamento
e di svelamento appare ora in un modo ora in un altro e agisce ora in un modo
ora in un altro.