IL CUORE
Per gli egizi, un importante elemento
costitutivo dell'individuo, in grado di estendere la propria influenza sia
durante la vita sia nel regno dei morti, è rappresentato dal cuore,
sede del Dio nell'Uomo che dell'individuo dirige il pensiero e le
attività, vivificandone il corpo.
Gli antichi egizi distinguevano
nell'uomo un'intelligenza cerebrale e una innata,
detta intelligenza del cuore, che permette di penetrare la
Conoscenza delle cause e di andare al di là dei limiti animali per giungere a
quello che di Divino è nell'uomo.
Facendo appello a questa coscienza
innata, soffocata dall'intelligenza cerebrale e dalla sua cultura, si
può risvegliare l'intuizione.
Pittograficamente il cuore è rappresentato da un vaso munito di orecchiette (quasi a simboleggiare che per suo mezzo perviene all'individuo la capacità di intendere) ed è considerato come la sede dell'intelligenza.
Il nome attribuito dagli egiziani a
questo organo è jb nello specifico senso di sede del pensare,
del sentire ecc.
Un altro nome per cuore,
che trova impiego soprattutto nei testi di anatomia, è hatj e il
Libro dei Morti parla di entrambi nel rituale “per dare il cuore
al defunto”: “Possa il mio cuore jb essere con me nella dimora
dei cuori jb, possa il mio cuore hatj essere con me
nella dimora dei cuori hatj [...] Io comprendo attraverso il mio cuore jb
ed io posseggo il mio cuore hatj.”
Era quindi chiara per gli egiziani l'idea di un aspetto fisico del cuore e di una controparte spirituale, sede del pensiero, dell'intendimento, della coscienza e che adempie inoltre ad una funzione delicatissima nella vita ultraterrena, oltre a quella svolta nella psicostasia.
Tale organo rappresenta infatti anche la memoria dell'anima: “Il cuore jb della tua anima (Ba) si ricorda del tuo corpo”, chiara indicazione di come il Ba si serva del cuore spiritualizzato per “ricordare” il corpo e tornare a far visita alla mummia.
Horapollo riporta che gli egiziani
consideravano il cuore, cioè l'intelligenza, e la lingua,
cioè la volontà, come i due organi creatori. Ciò è in perfetta
coerenza con la concezione teologica intellettuale di Menfi secondo la quale il
demiurgo Ptah si avvalse, nella sua opera creatrice, di Atum,
simbolo dell'intelligenza la cui sede è nel cuore e
la cui manifestazione divina è Horo, e della volontà
manifestantesi con la lingua e la cui immagine divina è Thoth.
Analizzando un'antica stele del
British Museum, Junker ha potuto ricostruire la concezione secondo cui, per gli
antichi egiziani: “la visione degli occhi, l'audizione delle orecchie, la
respirazione del naso, apportano informazioni al cuore. E' lui
che fa sgorgare ogni conoscenza ed è la lingua che ripete quel
che il cuore ha pensato”.
Nel Libro dei Morti, al capitolo XXVI si dichiara esplicitamente: “Io ho la conoscenza mediante il mio cuore.” (Egitto magico-religioso – Boris de Rachewiltz).
Nel tempio egizio, così insegnava il Maestro al Discepolo.
“Il cuore, come il Sole, è il centro del mondo; come il Sole, esso ha due aspetti: uno visibile e corporeo, l'altro percepibile solo attraverso gli effetti. E invero l'àten solare (o disco apparente) è il corpo dell'astro reale, centro delle sfere di luce, di calore e di molte altre energie.
Il vero cuore
solare è la fonte di quell'energia che dà vita al nostro
mondo.
Il cuore di
carne, àb, è il corpo di quel sole di vita e di Fuoco che
è il centro d'irraggiamento dell'anima BA, anima il cui aspetto
inferiore è portato dal sangue.
Il nostro vero cuore
solare, centro d'attrazione del KA spirituale, è il
centro di raccolta di tutto ciò che in noi desidera quel KA e ne
accetta gli impulsi. Esso quindi può equilibrare e animare il cuore di
carne, che ne dipende e batte nella sua sfera.
In tal caso il cuore
totale diventa un cuore di fuoco, un centro di Luce, una fonte di
vita che ha tutto il potere di sottomettere gli spiriti animali della
nostra personalità..”
“Come la luce ardente di Râ è riflessa dalla Luna in luce fredda ed attenuata, così la visione del cuore è riflessa dal cervello. Però mentre il cuore sintetizza tutte le percezioni creandone una coscienza vitale, il cervello le separa e le fissa in determinate zone[...] Ecco perché il nome del cervello aàs è l'inversione di sàa, la coscienza del cuore.
Il pensiero deve
tradurre ciò che la coscienza ha inciso nel corpo intero, ma il processo
inverso è sbagliato: se tu inscrivi nella coscienza ciò che hai elaborato
con i tuoi ragionamenti, ne risulteranno delle fantasticherie e dei sistemi
arbitrari. Tu non puoi inventare nulla; devi assimilare a te ciò che esiste
in realtà: è il rovescio della mentalità di cui il cervello è re.
Affinché le mie parole risveglino in te una logica vitale e non vengano tradotte in nozioni morte, devi imparare a distinguere queste due mentalità; usa pure quella più complessa per registrare i particolari delle cose che ti si rivelano, ma sappi evitare l'analisi degli elementi 'dissezionati', perché è un'analisi che distrugge ogni legame vitale e oscura l'idea semplice originaria.”. (HerBak – Discepolo – Isha Swaller de Lubicz).
A queste due mentalità mi riferivo, quando accennavo al rischio di una non corretta interpretazione dei geroglifici egizi, scrittura simbolica e sintetica, poiché per leggerne il senso profano – essoterico – è sufficiente la grammatica egittologica. Per leggerne il senso esoterico è invece necessario pensare allo stesso modo di coloro che li hanno composti e cioè con l'Intelligenza del cuore.
In riferimento a quanto sopra, io sintetizzerei così:
Il cuore (plesso solare) è analogo al sole come il cervello (plesso lunare) è analogo alla luna.
Gli antichi egizi sostenevano che
la “verità Una” doveva essere ascoltata con le “orecchie
del cuore” (forse “orecchiette”...) poiché se interpretata con il cervello,
grazie ai suoi “due emisferi”, l'Uno diventava immediatamente Due
e, proseguendo con il ragionamento, diveniva Quattro, Otto ecc., conducendoci
in quel “labirinto” che la sua forma rappresenta.
La verità è sintesi
non analisi e serve l'intelligenza del cuore.
La tradizione ha perpetuato nel tempo questa visione originaria e Geber così si esprime: “L'intelligenza ha la sua sede nel cuore poiché presiede a tutti gli organi, essa sorveglia tutto ciò che è portato al cervello dell'uomo. Senza di essa il cervello non si sarebbe svegliato”.
“Quanto agli organi di animazione e rigenerazione, essi sono situati nella gabbia toracica che contiene hati, cioè il complesso cuore-polmoni, inseparabili in questa funzione. Il cuore di carne, àb, è un danzatore àb, e il suo moto di contrazione e dilatazione è il propulsore dell'attività vitale e il motore della vita animale. Il cuore regola il ritmo del flusso sanguigno. Ma il cuore, da solo, non è in grado di funzionare da motore dell'animazione: esso è coadiuvato da un organo doppio, i polmoni, in cui si incontrano il fuoco dell'aria portata dal respiro nef, e il sangue, senef. Come il fuoco non può ardere in assenza di aria, così il cuore di carne ha bisogno dei polmoni, sma, per animare il sangue e unire l'aria al fuoco. Quindi, hati è il nome della triade che fornisce l'impulso vitale organico. Il simbolo di hati è la parte anteriore di un corpo di leone, parte che comprende il cuore e il petto dal respiro possente di questo animale solare. La testa, dalla criniera tipicamente solare, completa il simbolo.” (HerBak – Discepolo – Isha Swaller de Lubicz).
Il cuore è un organo
che sta al centro del nostro corpo e che nella sua dinamica biologica pulsa per
inviare il sangue fino alla periferia del nostro essere. Il cuore, che
segna la nostra vita ma anche la nostra morte, non è solo un organo
fisiologico ma è per noi anche un simbolo sempre eloquente, perché con questa
parola ci riferiamo a una realtà molto più ampia di un muscolo decisivo per la
nostra vita. Sì, il cuore è da noi sentito come l’organo centrale della vita
interiore, come la fonte delle espressioni multiformi della vita spirituale e
per questo è situato, per così dire, nell’io profondo.
Quando nel nostro contesto socio-culturale si parla di cuore, si allude innanzitutto alla vita affettiva, alle emozioni, ai sentimenti che hanno nel cuore la loro sede: “Il nostro cuore ama o odia, il nostro cuore è tenero o è chiuso, il nostro cuore accoglie o respinge”, siamo soliti dire. Nel linguaggio biblico, invece, il cuore ha un significato molto più esteso perché designa tutta la persona nell’unità della sua coscienza, della sua intelligenza, della sua libertà: il cuore è la sede e il principio della vita psichica profonda, indica l’interiorità dell’uomo, la sua intimità ma anche la sua capacità di pensiero; il cuore è la sede della memoria, è il centro delle operazioni, delle scelte e dei progetti dell’uomo. In una parola, il cuore è l’organo che meglio rappresenta la vita umana nella sua totalità. Il cuore è il “sito” spirituale della presenza di Dio (e per questo è detto tópos toû theoû nella tradizione bizantina, domus interior in quella latina), è il luogo dove Dio parla, educa, giudica, si fa presente e abita in colui che, appunto, gli “apre il cuore”: espressione, quest’ultima, significativa per dire come e dove accogliamo la presenza di Dio, come ci disponiamo alla comunicazione e all’amore.
E non possiamo
dimenticare il ruolo di primo piano che il cuore ha in ambito spirituale,
quale organo sacro. Se in India in esso
risiede Brahma, i musulmani lo considerano trono di Dio, mentre le frange
esoteriche dell’Islam, come i sufi, paragonano la visione spirituale all’occhio del
cuore. Ed è sempre il cuore che nell’antico Egitto
veniva pesato per capire se il defunto fosse degno di un aldilà appagante.
In antico Egitto i
saggi erano soliti parlare di intelligenza
del cuore, facendo riferimento all’intuito, quale tramite
fra conscio ed inconscio, psiche e corpo.
Il chakra del cuore, o Anahata, si trova al centro del petto e fa da collegamento fra i 3 Chakra inferiori e i 3 superiori. Esso è la sede dello spirito, del Sé superiore, della scintilla divina che appartiene a tutti noi. L’amore ha origine in questo chakra, ovviamente non solo l’amore di tipo romantico che talvolta assume caratteristiche di possessività tutt’altro che amorevoli. No, l’amore dell’Anahata è puro, autentico, compassionevole. Il colore dell’energia del chakra del cuore è verde, in quanto simbolo di equilibrio, di armonia e di unione. Quando questo chakra è chiuso, si dice provochi indifferenza, diffidenza, insofferenza nei confronti dell’amore, cosa che comporta poca empatia nei confronti altrui ma anche verso se stessi.
Sul piano sottile, esiste un piccolo spazio
misterioso accanto ad Anahata Chakra chiamato Cuore Spirituale. I grandi Maestri iniziati lo hanno collocato
nella parte destra del petto a circa un centimetro
dal cuore fisico: è una zona di proiezione dello spirito e allo
stesso tempo la sede della coscienza del Sé Divino, Atman.
Il nostro cervello non abituato alle luci
e alle ombre dei simboli, non può capire, e mai capirà, il loro significato
recondito, deve capire la base, quello sì, imparare a fidarsi e, al momento
opportuno, quando esso sarà pronto a “spegnere” la propria bramosia di
possedere, a lasciare il posto al cuore che è l’unica porta
ermetica che possiamo mai veramente attraversare.
Il terribile e
temibile guardiano della soglia,
dunque, chi è se non il nostro cervello. Noi con tutto il nostro
essere cerchiamo di lasciarci andare ed attraversare la porta della
spiritualità, della luce ma lui è lì costantemente a tenderci tranelli, a darci
illusioni, a crearci confusione.
Esso ha paura, ha paura di non sopravvivere in un mondo in cui il
calcolo e la misura sono inesistenti, in cui tutto è visto e non analizzato, in
cui il confine è solo una sensazione, non una quantità di qualcosa.
Gli ermetisti
che hanno attraversato questa soglia, da quel giorno iniziano a capire i
simboli, senza per forza misurarli: la misura, ovvero la spiegazione razionale
dei simboli, non è contemplata nella loro ricerca, essi sono passati ad un
piano nuovo di visione, in cui percepiscono il colore, il profumo, il gusto ma
non hanno bisogno di analizzarli perché ormai hanno compreso che il segreto non
si cela nella sua conoscenza bensì nella sua capacità di utilizzarli.
La natura non può essere conosciuta fino in fondo: per esempio, non è
necessario che conosca il fuoco a livello di reazione chimica, per poterlo
utilizzare, è sufficiente infatti che sappia come fare a crearlo.
Il lavoro del mago
è un lavoro simbolico su se stesso, il cervello è importante sì
per questo lavoro ma più ancora lo è il cuore. (Il Cervello e il
Cuore – I Fratelli di Hermes – S. Mergè).
Il Cuore dal punto di vista scientifico
Attraverso la piccola
circolazione, il sangue venoso, quindi che trasporta anidride carbonica, viene
pompato dal cuore verso i polmoni
dove si scarica, si purifica, carica ossigeno e poi torna al cuore. Da qui
riparte per la grande circolazione, cioè viene immesso nelle arterie e
raggiunge ogni parte dell'organismo, dove cede l'ossigeno e prende l'anidride
carbonica.
La parte destra viene
chiamata cuore venoso, perché
qui passa il sangue venoso, quella sinistra è il cuore arterioso, dove circola il sangue arterioso.
Se invece lo si
considera rispetto alla parte superiore e inferiore, si vedrà che sopra ci sono
due cavità chiamate atri e
sotto altre due cavità chiamate ventricoli.
Ora qualche novità scientifica.
C'è sempre stato questo paradosso: quando viene concepito un bambino, il cuore umano inizia a battere prima che il cervello sia formato. Ciò ha portato i medici a chiedersi da dove provenga l'intelligenza necessaria ad avviare e regolare il battito cardiaco. Con sorpresa del mondo medico, gli scienziati dell'HeartMath hanno scoperto che il cuore ha il proprio cervello e sì, un autentico cervello con vere e proprie cellule cerebrali.
Riporto
qui di seguito alcuni stralci tratti da “L'Arte di divenire simile agli Dei”,
scritto dal Maestro Eliah Elis
(Salvatore Mergè):
“Rendi
ricettivo l'orecchio del cuore affinché possa ascoltare le
emanazioni dell'organo misterioso riattivato; l'uomo possiede facoltà
straordinarie che lo rendono uguale agli Dei, se solo saprà togliere da se
stesso ogni imperfezione. Tu, figlio mio, possiedi una rete sottilissima che
collega tutti gli organi, e in tale rete passano le molteplici vibrazioni
vitali; non dimenticare che tu stesso sei il laboratorio alchemico nel quale
procede l'opera della tua trasmutazione”.
“L'educazione
del cuore avviene durante l'attività del fuoco che rende il corpo
fluido e malleabile agli impulsi dello spirito”.
“Avendo
raggiunto il cuore fluidico e il contatto con il Maestro
che esprime il potere centrato nel cuore, risveglierai la potenza
fluidica e irradiante in quanto il tuo io, trasferito nel mondo immateriale, si
staccherà e si isolerà dalla componente fisica”.
“Molto
importante per te è lasciare aprire il tuo cuore, perché le sue
pulsazioni sono in armonia con quelle del cosmo, il quale è un'Entità che vive
in noi, e noi in esso”.
Il Kremmerz, parlando della memoria, accenna alla grande differenza che vi è tra il “ri-membra-re” ed il “ri-cor-dare”, ovvero, tra la nostra memoria del corpo e della nostra vita attuale e quella del cuore e dell'uomo storico, o antico, delle nostre vite precedenti, che è in noi.
Vorrei concludere con un modo di dire espresso dal Maestro Kremmerz in una sua lettera per significare la sincerità: “[...] parlare con il cuore in bocca [...]”.
Dua-Kheti
Bibliografia:
- Egitto
magico-religioso – Boris de Rachewiltz
- HerBak – Discepolo
– Isha Swaller de Lubicz
- avvenire.it-cuore –
Enzo Bianchi
- Il Cervello e il
Cuore – I Fratelli di Hermes – Salvatore Mergè
- benessere.com - Cuore
- scienzaeconoscenza.it
– Un cervello nel cuore
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