LA LUCE EFFUSA O SPIRITO DELL’UNIVERSO
Come dal centro della pienezza promana la
luce, dalla luce il folgore, così dalla mente scaturisce l’intelletto,
dall’intelletto una sorte di affetto o amore: la mente presiede a tutte le
cose, l’intelletto vede e da ordine a tutte le cose, l’amore fabbrica e dispone
tutte le cose. La mente, quando è per così dire memore di sé, intende una similitudine di sé, e questa
è il verbo, che annuncia ed esprime il principio da cui è generato; dall’atto
con cui il verbo richiama concepisce il
padre germina l’amore per la bellezza di lui: ecco dunque che l’intelletto
primo subito plasma un’idea di sé per costruire un secondo universo e
concepisce in quella semplice forma le idee di tutte quante le cose. Dilettato
dalle loro forme, quasi infiammato da una sorta di calore, l’intelletto produce
lo spirito: questo promana dall’intelletto come il folgore della luce. E questo
folgore colma di sé l’universo, si diffonde totalmente in tutte le cose e, al
modo in cui l’intelletto intende tutto in tutto, così lo spirito ama tutto in
tutto. Lo definiamo dunque anima del mondo e spirito di tutte le cose: e poiché
non è figurabile altrimenti lo indicheremo con le trenta condizioni che
seguono.
I. Con l’immagine di una base che generandosi da un punto indivisibile si sviluppi facendosi sempre più ampia, non come una nube – che quanto più si fa grande, tanto più appare rarefatta ed estenuata – ma come una superficie ovunque tutta, ovunque permanente e sussistente secondo tutti i modi della propria efficacia.
II. Il padre è quasi il centro, l’intelletto è quasi il cerchio che si svolge tutto intorno al medesimo centro: non diversamente, lo spirito e l’anima del mondo è quasi un cerchio triplice: secondo la definizione introdotta dai platonici, il primo appartiene alla vita, il secondo al senso, il terzo alla vita vegetativa delle cose.
III. Dobbiamo intendere che opera tutto in tutto senza sforzo, in quanto è spirito dell’universo e motore universale del tutto, il quale non possiamo contrapporre alcun altro principio di moto, poiché al di fuori di lui non c’è motore. L’operare con fatica è infatti proprio dei principi particolari di moto, i quali rimandano ad un fondamento esterno a sé, che può venir meno.
IV. Inizia, compie e affina la propria opera non secondo un moto da luogo a luogo e quasi procedendo per fasi successive, ma secondo la natura del proprio essere ovunque presente e intimamente congiunto alle cose, che pone gli enti in una successione ordinaria secondo la loro condizione.
V. Ovunque ha in se tutto, può tutto e conosce tutto, ed è per così dire gravido di tutte le specie: non trova però ovunque tutti i generi di materia o sostrato, poiché la potenza recettiva delle tenebre non è ovunque pari all’efficacia della luce.
VI. Senza riflettere o disperdere le potenze dell’animo, senza argomentazione o atto di pensiero produce tutto così come ovunque deve essere prodotto. Come il perfetto citaredo dandosi poco, scarso o nessun pensiero giunge a risultati cui un musico peggiore o più rozzo non giunge mai, per quanto si impegni a fondo, così questo artista abilissimo ed eterno produce tutto con un semplice sguardo, senza doversi applicare con diligenza.
VII. Qualunque cosa faccia, lo fa mediante l’amore e amando: poiché si compiace nelle specie delle cose che devono essere prodotte, subito si affretta a portarle alla luce.
VIII. La sua azione non è soggetta al tempo, al caso e alla fortuna; al contrario, è proprio dall’azione dello spirito che scaturisce il tempo e deriva, dipanandosi da un principio raziona e certo, ogni evento apparentemente casuale e fortuito.
IX. Raffigurati una linea infinita che, per le ragioni sopra ricordate, ugualmente coincida con il punto o con la circonferenza; comprendi poi che la sua operazione è senza fine, perché, essendo infinite la sua natura e la sua forza, infinitamente ama. Per questo motivo disse bene Empedocle che l’intelletto divino separa incessantemente, senza tuttavia poter portare mai a compimento in alcun luogo la propria opera.
X. Immagina una sfera che si protende tutta quanta verso le cose inferiori per vivificarle, e che al tempo stesso è totalmente presente nel mondo superiore da cui deriva. Allo stesso modo il fulgore dei raggi solari si diffonde totalmente in questo emisfero e così pure si radica secondo tutta la propria sostanza nell’astro da cui promana.
XI. Intendi che l’anima è nel corpo perché agendo nel corpo produce all’esterno le proprie operazioni. Se così non fosse, sarebbe infatti più corretto affermare che il corpo è nell’anima, l’anima nell’intelletto, l’intelletto nella mente e non il contrario, poiché è verosimile che quanto dipende dal principio sia racchiuso entro il proprio principio, e non viceversa.
XII. Devi parimenti pensare ascesa e discesa dello spirito secondo l’immagine di una ruota, nella quale vediamo che certe parti si muovo verso il basso perché altre parti contemporaneamente si risollevino verso l’alto, mentre nel centro indivisibile e assoluto della ruota immaginiamo consista la quiete (e consideriamo il centro come un punto assolutamente indivisibile), ovvero riteniamo si diano, contemporaneamente, ascesa e discesa (sé consideriamo il centro come un primo indivisibile). Tale è la natura dell’anima, la quale simultaneamente discende negli enti inferiori per farli vivi e ascende agli enti superiori per contemplarli. Per la stessa ragione intendiamo che l’anima simultaneamente sia come dispersa nella moltitudine e nell’estensione degli enti cui si comunica e totalmente sussistente secondo un modo di essere più vero e quasi come essenza indivisa entro il principio da cui deriva.
XIII. Spirito e anima del mondo penetrano in tutto e sono in tutto, senza però mescolarsi a nulla e senza trasfondersi nella sostanza di alcun ente, come è evidente nella luce e nello splendore che si diffonde attraverso l’aria senza recepire alcuna qualità dell’aria.
XIV. Questo fulgore della divinità è incorruttibile e inesauribile, così come è immutabile la sua base e perpetuamente identico a sé il centro della sua pienezza. Solo quando permane stabile l’essenza dell’individuo può infatti esistere la specificità del suo braccio, la specificità della sua mano.
XV. Opera in se stesso producendo tutte le cose: nulla esiste al di fuori di lui, in quanto in lui vi è pienezza ed è nella pienezza, sebbene i due aspetti si costituiscano in forme dissimili, così come sotto un certo aspetto è possibile dire che le fondamenta stanno nella casa, sotto un altro che la casa sta nelle fondamenta, e secondo modi di essere diversi lo splendore consiste nel sole e il sole nello splendore.
XVI. In tutti gli enti è sostanza divisibile e indivisibile, come l’anima che, secondo il nostro modo di intendere, è nel corpo come essenza del tutto indivisibile e ovunque tutta, e che nondimeno, in funzione degli atti e delle operazioni che volta per volta può compiere, si manifesta in un corpo secondo un determinato modo di essere, in un altro secondo un altro. Ovunque opera il medesimo spirito, ma non è ovunque spirito delle medesime cose.
XVII. Pur definendola indivisibile sotto il profilo della sostanza, ammettiamo comunque che l’anima dell’universo è facilmente suscettibile di moltiplicazione, allo stesso modo in cui una voce unica può essere percepita da luoghi innumerevoli senza che questo comporti una sua divisione. È suscettibile di moltiplicazione, invece, sotto il profilo dei soggetti che la ascoltano e dei luoghi da cui riecheggia per la ripercussione dell’aria, benché nel medesimo tempo essa risuoni ovunque integra e in nessun luogo sia percepita come realtà divisa e distinta.
XVIII. È un fulgore che si trasfonde e che è trasfuso nella sostanza delle cose senza trovare fondamento nel corpo, poiché esso stesso è ovunque il fondamento dell’universo.
XIX. Lo percepiamo indivisibile, così da essere totalità identica. È infatti totalità formale ed essenziale, principio che agendo dall’interno manifesta ovunque la propria efficacia, al pari di un’unica e singola voce, la quale, pur essendo udita ovunque nell’universo e senza alterazioni, non per questo perde la propria unità individuale, ma addirittura la conferma e ribadisce ovunque. Non diversamente una medesima configurazione visibile, per quanto sia presente come principio che forma di sé il senso di ogni individuo che la percepisce, e dunque si moltiplichi secondo il numero dei soggetti dotati di vista, ugualmente sussiste indivisibile e in sé unica come principio formale. Ecco che la medesima configurazione sarà ad un tempo in ogni occhio e in ogni luogo – se in ogni luogo vi sarà un occhio – e sarà tuttavia separata da ogni occhio.
XX. Non dobbiamo pensare che l’anima del mondo non si comunichi a certi essere perché in essi non appare traccia di anima, né segno di vita: piuttosto, crediamo che in essi l’anima si celi in forme occulte, e possa tuttavia esplicarsi in determinati momenti. Così accade infatti nel corpo umano, dove l’anima, pur essendo tutta in tutto e tutta in qualsiasi sua parte, non ovunque si esplica totalmente; diciamo dunque che in certe parti del corpo umano l’anima si manifesta secondo atti di vita animale, in altre secondo atti di vita razionale, in altre secondo atti di semplice vita e in altre ancora secondo i modi di essere più elementari, benché il corpo sia animato dall’anima intellettiva nella sua totalità, e la racchiuda in sé nella sua totalità. Lo stesso avviene per l’anima del mondo e lo spirito dell’universo: benché siano presenti ovunque e in tutte le cose allo stesso modo, con una medesima virtù e nella medesima integrità dell’essenza, si distinguono tuttavia secondo l’ordine dell’universo e secondo le sue membra prime e seconde. Eccoli dunque esplicare ora l’atto dell’intelligenza, del senso e della vita vegetativa; ora solo l’atto del senso e della vita vegetativa. Ugualmente mentre in un luogo producono corpi composti, altrove producono corpi misti imperfetti, altrove corpi misti più elementari. Né questo deve sembrare strano, perché, come dice Platone crediamo che l’universo stesso sia animato, l’universo, che è padre e genitore degli esseri animati, e dai cui escrementi sono generati animali imperfetti. Dunque non solo è un essere dotato di anima, ma è l’essere primariamente animato, figlio unigenito dell’intelletto primo e padre di tutte le cose.
XXI. Al pari dei singoli viventi, anche quel particolare essere animato che è l’universo trova il proprio principio in un’unica idea. Secondo il comune modo di intendere, da una medesima idea dipendono l’anima del mondo e l’anima degli altri esseri; di conseguenza, i platonici non credono che l’anima dei singoli individui animati sia parte dell’anima universale, poiché quest’ultima non è suscettibile di divisione. Su questo argomento, evitiamo per adesso di prendere posizione, benché siamo più inclini ad accettare quest’ultima opinione piuttosto che l’altra.
XXII. Poiché la materia è causa di molteplicità e di divisione, mentre la forma è principio di unità, diciamo che il folgore della divinità, lo spirito, di per se stesso è uno e una è ugualmente la sua azione (dall’uno infatti, proprio perché uno, non deriva se non l’uno). Ma essendo un principio che opera nell’universo esteso e materiale (il quale si fa ricettacolo della molteplicità, poiché si schiude alla divisione e distribuisce la materia secondo il moltiplicarsi delle singole parti), quell’anima che prima appariva una nell’uno e tutta nel tutto è ormai molteplici anime in molti corpi. Via via che il corpo si scinde per così dire in frammenti e si moltiplica in configurazioni diverse e individuali, nascono infatti molte anime, così come molti sono sostrati in grado di recepirle e si generano in tal modo altrettanti esseri animati, o almeno altrettanti corpi dotati di anima: infatti, poiché l’anima non mostra ovunque la totalità della sua natura e delle sue forze, alcuni hanno creduto che certi corpi ne fossero privi. Se all’unico sole fosse contrapposto un unico specchio omogeneo, in tutto questo specchio sarebbe possibile contemplare l’unico sole; ma se per caso lo specchio si infrangesse moltiplicandosi in frammenti innumerevoli, potremmo vedere che ciascun frammento ancora riflette tutta intera l’immagine del sole. In alcuni di essi, però, sia per la loro piccolezza, sia per un qualche difetto insito nella loro superficie, apparirà solo un riflesso confuso o addirittura non apparirà riflesso alcuno di quella forma universale, la quale è tuttavia presenti in essi, pur senza esplicarsi nella sua totale essenza. Infrantosi l’unico specchio, secondo la moltiplicazione delle parti si moltiplicano anche i soggetti delle anime e degli animali; non diversamente, se tutte le parti si fondessero nuovamente in un’unica massa, esisterebbe di nuovo uno specchio unico, una forma unica, un’anima unica. Allo stesso modo, se ogni fonte, fiume, mare confluisse in un solo oceano, esisterebbe una sola Anfitrite.
XXIII. Intendiamo che la sua azione si esplica in modo tale che, come l’intelletto comprende radicandosi nell’intimo di esse, così anche lo spirito opera dall’intimo di tutte le cose, ed è tale da conoscere scritte in sé le specie e gli ordini di tutte le cose, i moti delle sfere e i cicli della vicissitudine. E sebbene legga tutte queste cose in un medesimo istante, non le produce però in un medesimo istante, poiché la natura della materia non ammette un’azione svincolata dalla vicissitudine.
XXIV. Dobbiamo immaginare che esso sia il primo motore immobile: l’intelletto ha infatti il principio della ragione, la mente il principio della fecondità, lo spirito, a sua volta, il principio dell’operare. È lui che, rimanendo in sé immobile, dona movimento a tutte le cose, e dunque a buona ragione hanno posto quel verso del poeta pitagorico: «in principio il cielo e la terra».
XXV. Dobbiamo intenderlo come primo e universale formatore di tutte le cose, anzi, come forma stessa delle forme, e principio che distribuisce, ordine e porta a perfezione l’atto di ciascuna cosa.
XXVI. É lui che prepara, dispone e anima la materia: non solo, in quanto forma, si congiunge alla materia, ma, in quanto bellezza, suscita in essa la petizione del bello.
XXVII. Ogni sua azione si dispiega in modo conforme alla sua natura, così come la sua natura è conforme alla mente suprema e all’intelletto: per questo sembra che agisca in tutte le cose spirando e insufflando, e che ordini a sé ogni realtà quasi trascinandola oltre la propria individualità e connettendola ad altre.
XXVIII. É vincolo di tutte le cose, e per questo lo diciamo «demone grande» e «duplice Cupido». Per opera dell’intelletto le cose ottengono infatti la propria forma e la propria configurazione specifica, mentre l’amore dona loro connessione, unione e ordine, poiché per opera sua i contrari diventano uno, i diversi individui una realtà unitaria, tutte le cose una totalità universale.
XXIX. Lo diciamo fuoco ardente, perché uno degli attributi di Cupido è il bacio o il vincolo con cui congiunge le cose, e il fuoco ovvero l’ardore con cui le spinge a congiungersi: per mostrare in questo modo come in virtù dell’amore le specie si congiungano con gioia e spinte da un impulso natura si cercano per unirsi.
XXX. Infine lo definiamo e lo onoriamo con il titolo di «arte delle arti»: è infatti la stessa natura formatrice, o la sostanza stessa della natura, ed è dunque la prima arte, mediante la quale tutti gli artefici si impadroniscono del principio che regola perfettamente le opere da compiere, poiché addirittura coincide perfettamente con il principio stesso che regola correttamente le opere da compiere. Non è pertanto accidente, ma sostanza, ed è certo in primo luogo sostanza di chi opera, mentre in secondo luogo è certo sostanza delle opere da compiere.