IL PENSIERO
Il
pensatore – Rodin
Come
consigliatoci dal Kremmerz, iniziamo la nostra indagine sul pensiero
curiosando sulla sua etimologia.
Pensiero è un termine che deriva dal latino pensum (participio
del verbo pendere: "pesare"). Pondus
= peso, pensare = pesare, e porta discorsivamente alla ponderazione, alla
misura (mensura, da mens, la mente, legato a mensis,
il mese, e quindi alla luna, che
non dà luce propria, ma riflessa, la riflessione).
Che cosa ci dice la scienza?
Nelle neuroscienze, cioè dal punto di vista fisico-biologico, il pensiero
è considerato un'attività di elaborazione delle informazioni a partire dalle
percezioni
sensoriali, e
quindi dell'esperienza vissuta dal soggetto da parte della mente
stessa intesa come attività del cervello.
Chissà quante volte vi sarete sentiti nello stesso stato de “Il pensatore” di Rodin!
Percepire i propri pensieri che come uno sciame di farfalle vengono attratte dalla luce della vostra mente.
Nella
ricerca del nosce te ipsum, quando capita a me e sono “cosciente
dell'attimo presente”, nei miei limiti, cerco di analizzarne il fenomeno.
Noi “pitagorici”,
come ci ha insegnato il Kremmerz, dobbiamo
cavare la teoria dalla pratica e non viceversa.
Io mi
sveglio pensando e con la collaborazione dei sensi non smetto di farlo coscientemente
sino all'attimo prima di addormentarmi.
A tale proposito, il Kremmerz ci consiglia di scegliere bene l'ultimo pensiero prima di addormentarci poiché esso ci accompagnerà durante la notte.
Quando inseguo un pensiero per cercare di risalire all'organo che lo ha originato (per la scienza è il cervello), tale operazione mi risulta assai ardua e sfuggente, forse perché in quel momento, l'unica cosa certa è l'effetto-pensiero ed esso è di materia “sottile”. Se l'effetto, però, è di natura “sottile”, la causa necessariamente non può che avere la stessa natura.
Poi, poiché credo che ogni organo sia generato da una funzione, sua “matrice”, ed ogni effetto sia generato da una causa, cerco, seguendo una sorta di filo d'Arianna luminoso e solare, di sortire dalla luce cangiante e lunare del labirinto del cervello. In sintesi, come tramandatoci dagli antichi saggi, cerco di seguire il linguaggio del cuore.
Kremmerz direbbe: “Noi ci sentiamo uno. Bisogna compiere uno sforzo atletico per arrivare a sentire in noi un quid diverso dal corpo, che chiamiamo mente”.
Io, l'effetto-pensiero non lo percepisco in nessun'altra parte del mio corpo se non nella testa o, vista l'eccellenza di questa funzione, nel “capo”.
A volte mi è capitato di pensare, e non a cuor leggero: Chi sarei io e come sarebbe la mia vita se un giorno non percepissi più il mio pensiero?
Continuando le mie riflessioni noto che l'effetto-pensiero è accompagnato da una serie di curiosità, spunti utili per approfondirne la conoscenza. Lo percepisco come se fosse la mia voce, nella mia lingua o in altre da me conosciute, aleggia tra le parole di qualsiasi scritto traducendone le lettere in linguaggio di senso compiuto (anche in questo testo, mentre lo sto scrivendo), su un paesaggio, su una qualsiasi immagine, simbolo, ricordo di luoghi e persone, assumendo addirittura colori, musica e la specifica voce dei protagonisti. Alcune volte, in modo naturale e non voluto, ho percepito e verificato il pensiero di persone, vicine o lontane, a me care.
La
definirei un'interazione con l'immaginazione e la fantasia in stato di veglia,
un po' come accade nello stato onirico con i sogni.
Scrive
il Kremmerz: “Quando dormi e sogni, le tue immagini le vedi
luminose. Eppure manca il sole e quella non è né luce solare, né elettrica, ma eterea
o astrale”.
Il Maestro
in questo caso mi direbbe: “Da dove viene il suono della voce del tuo pensiero,
la luce dei paesaggi, i colori, e la musica che solo tu percepisci”?
Quando
prima accennavo ad un'origine o, più correttamente, a un effetto-pensiero, mi
riferivo al ricordo di questa, per me utile, analogia del Papus
in merito al corpo e allo spirito umano:
“- Corpo - Cervello = Telegrafo
- Spirito - Forza Vitale = Telegrafista”.
Il Telegrafo,
pertanto, è solo lo strumento per trasmettere i messaggi, mentre il Telegrafista
ne è l'ideatore.
La Luna-Cervello (Telegrafo) non brilla di luce propria ma riflette quella del Sole-Spirito (Telegrafista).
A
supporto di quanto sopra, il Dottore in Medicina Jerome A.
Anderson nel
suo libro “L'anima umana e la rincarnazione” scrive:
“Il materialismo, che per tanto tempo ha guardato l'universo attraverso a lenti materiali, è divenuto cieco ai colori spirituali. Esso confonde inoltre la condizione del pensare con la causa del pensiero; ed erroneamente prende il cervello fisico, che è lo strumento per mezzo del quale l'operatore al di là di esso trasmette i messaggi di pensiero, per il creatore di ciò che semplicemente trasmette. E' precisamente come se un contadino sostenesse che nello strumento ricevitore di un telegramma si trovasse la sorgente unica della notizia che apporta”.
In
riferimento alla suddetta analogia del Papus, proviamo a fare una riflessione:
Chi l’ha detto che i pensieri nascano nel cervello? La scienza neurologica.
E con quali prove? Ad esempio che le diverse aree del cervello mostrano attività crescente all’insorgere di determinati pensieri. O che, cervelli danneggiati, sembrano impossibilitati ad effettuare determinati tipi di attività mentale. Lo stesso sembra valere per i sentimenti, tanto che alcuni luminari pretendono di dimostrare che sentimenti quali l’amore, per esempio, altro non sarebbero che una serie di processi chimici, che avvengono nella nostra scatola cranica. Questo vorrebbe dire che, con la morte del corpo fisico e dunque la cessazione delle attività cerebrali, l’individuo non sarebbe più in grado di avere un vissuto né mentale, né sentimentale. Il che nega apertamente l’idea, antica quanto l’uomo, che la coscienza possa in qualche modo sopravvivere alla morte. Eppure, come contraddire la scienza attuale con tutti i suoi autorevoli esperimenti?
Forse basterebbe riconsiderare il problema, cambiando la prospettiva. Immaginate per un attimo che non sia l’attività cerebrale a dare origine al pensiero, bensì, al contrario, che sia il pensiero a dare origine all’attività cerebrale. Immaginate che non siano le terminazioni nervose – e quant’altro si muove nella nostra testa – a darci una consapevolezza, bensì che la nostra consapevolezza stimoli e faccia muovere il nostro cervello… Questa idea, senza essere in contrasto con i test neurologici, ribalta completamente la visione che abbiamo dell’encefalo: da organo attivo, come causa di un vissuto psicologico, a “decoder” passivo, interprete di tali processi sottili. Se fosse il cervello a generare il pensiero, dovremmo chiederci come può la materia (in questo caso la materia cerebrale) originare l’astratto (come lo sono i pensieri e i sentimenti). In natura, il simile genera il simile. Come possono degli atomi, delle molecole, delle sostanze, mescolarsi in tal modo da formare qualcosa che sfugge totalmente dalla concretezza, come lo è il vissuto psichico di una persona?
Il fatto che il nostro cervello abbia delle reazioni a particolari attività mentali, non dovrebbe stupirci: non sarebbe l’unico organo del nostro corpo a farlo. Il cuore, ad esempio: il suo battito aumenta repentinamente all’insorgere di determinati pensieri. I polmoni: il respiro può farsi affannoso o disteso e rilassato, a seconda del vissuto emotivo. Lo stesso accade all’apparato digerente, che risente della rilassatezza o dell’agitazione emotiva; a quello riproduttivo, che reagisce agli stimoli erotici anche immaginari, ecc. Tutto il nostro corpo risente di ciò che la nostra coscienza vive, e lo manifesta in moltissimi modi.
Ma il fatto che il cuore si metta a battere più forte se pensiamo ad una persona che amiamo o, al contrario, a qualcosa che ci fa paura, non significa che è il nostro cuore a generare amore e paura! Come non sono i polmoni a generare la causa dell’affanno!
Perché, allora, proprio il cervello dovrebbe essere responsabile dei pensieri?
In sintesi, questa riflessione ci
suggerisce, a conferma della suddetta analogia del Papus, che potremmo concepire il cervello come l’organo fisico
(telegrafo) che permette la comunicazione del pensiero (telegrafista) con il
nostro corpo.
Oggetto di
un'ulteriore riflessione potrebbe essere che se è il pensiero ad agire
sull’encefalo e non il contrario, questo “pensiero” potrebbe non essere
qualcosa che ha origine dall’individuo, bensì qualcosa di esistente,
indipendentemente da esso....
Nel suo scritto “La costituzione
dell'uomo”, l'ermetista miriamica AB-BA (Laetitia Abbaticòla) riporta: “Lo spirito o mente dirige tutto
l'organismo; ha il punto di appoggio o centro di azione nel cervello materiale
e si serve del sistema nervoso per trasmettere i suoi ordini agli altri corpi”.
A
questo proposito ricordo che il Kremmerz considera l'uomo come un
essere contenente i quattro elementi dell'universo e ci sintetizza la sua
spiegazione dei quattro corpi che costituiscono l'uomo.
1) un corpo sensibile o saturniano,
composto di carne, ossa, tessuti cornei; tale corpo mangia, beve, dorme, si
rinnova, si riproduce;
2) una emanazione più sottile o corpo lunare,
emanante dal primo, composto di nervi, centri nervosi, cervello;
vive dalla fonte del primo, come la luna della luce del sole;
3) una più completa individualità che emana dalle due più gravi e
costituisce l'uomo mentale. Questo è il corpo mercuriale,
alato al capo ed ai piedi, a contatto con l'io superiore;
4) un principio luminoso, intellettivo, corpo
solare, che partecipa della vita universale.
Il filosofo francese Cartesio, al secolo René Descartes, vissuto tra il 1596 e il 1650, per primo cercò di costruire un sistema di pensiero autonomo, indipendente da criteri teologici e trascendenti. Fu in un tale mutamento di prospettiva che si inserì la riflessione del “Ego cogito, ergo sum, sive existo“. Che, tradotto dal latino, suona come: “Io penso, dunque sono, ovvero esisto”. Per Cartesio, il Cogito diventa garanzia autosufficiente dell'esistenza, cioè della realtà. Mentre per i neoplatonici il fatto di pensare significava "essere" nell'idea, o venirne posseduti, per Cartesio ora pensare significa "avere" delle idee. Per Cartesio hanno valore soltanto quei pensieri di cui si ha coscienza, e che sono definiti in forma chiara e oggettiva. Egli proponeva così un tipo di pensiero che si pone esternamente rispetto all'oggetto della sua indagine, dissolvendo l'unità immediata di soggetto e oggetto: nella ricerca della verità, cioè, il soggetto non risultava più coinvolto.
Quel “penso” cartesiano, ora,
potrebbe essere inteso proprio come la nostra complessa attività cerebrale,
quel prodotto
evolutivo della specie umana, che ci
permette di essere qualcosa di più della somma delle nostre parti. Cartesio ci
era andato vicino, nonostante la mancanza di tecnologia e i trecento anni che
ci separano, ma se, come sostengono le neuroscienze cognitive, provassimo a ribaltare
il paradigma “cogito ergo sum”, affermando: “sum ergo cogito”,
probabilmente questo acquisirebbe una connotazione più reale, dal momento che è
la conformazione del nostro essere a rendere possibile il nostro pensiero, e
non il contrario.
Salvatore Mergè (Eliah Elis), testimone e memore degli insegnamenti ricevuti dal Maestro Kremmerz, ha scritto nel suo “L'Arte di divenire simile agli Dei”:
“L'intelligenza è il fenomeno più eccelso dello stato vibratorio
del meccanismo psichico, e può differire in intensità ermetica di sottigliezza
sublime, ma il pensiero forza,
psicodinamico, è identico nello stato di percezione delle idee e nella
iperchimica delle reazioni nei meccanismi organici. Chi ha definito il pensiero
come un risultato chimico e chi ha investigato la
nascita oscura dell'intelligenza percettiva, comparativa e immaginativa nel
laboratorio intercerebrale?
Due proposizioni diventeranno assiomi
universalmente ammessi:
1) Il pensiero
(meccanismo pensante), in un corpo umano, ha azione illimitata su tutti gli
organi e gli elementi organici costituenti il proprio singolo individuo.
2) Ammessa la precedente proposizione, qualunque pensiero
(meccanismo pensante) in uno stato di simpatia o di amore, può diventare un
coefficiente potenziale di un meccanismo psichico armonico di un suo simile.
Queste due proposizioni non sono campate in aria:
sono praticamente controllabili in ognuno di noi e tra due o più di noi, se
siamo in armonia di pensiero.
Il pensiero è talmente tutto il nostro singolo essere, per quanto ogni sensazione periferica (cioè che proviene dalle estremità sensorie), può arrivando ai centri, essere modificata”.
Scrive il Kremmerz: “Il nostro organismo si compone di quattro corpi. La sede del pensiero è il terzo, Mercurio”.
Sempre il Kremmerz, così ne scriveva:
“Il Pensiero è definito dai
vecchi filosofi come un esercizio dell'intelletto, ma che cosa è
l'intelletto e che cosa è questo esercizio? Non definiamolo; limitiamoci a
constatare che si pensa in base a immagini sensorie, a sensazioni di ogni
genere, collegate, seguite e messe a confronto e paragonate. Ora, se le
impressioni variano in due apparecchi meccanici, le differenze son più
sensibili e più profonde da uomo a uomo quando per mezzo dell'udito, del tatto,
della vista e dell'odorato, portano al cervello una determinata impressione.
Esso è di tre
categorie:
1° - quello
dell'uomo così com'è, frutto del suo complesso essenziale
storico, della educazione del suo
spirito, del suo organismo, delle sue sensazioni precedenti riposte nel suo incosciente, e di idee rievocate;
2° - quello
per scambio di idee, suggestione per ciò che si è sentito dire,
risultato del nostro contatto con la
folla;
3° - quello elementare (il divino) cioè
dell'essenza natura: il Nume che parla o lancia idee e forme di idee, parole articolate e idee complesse.
Il pensiero
psichicamente inteso è una forza, un potere in sé e per sé, che agisce sulle
cose vicine, sulle più lontane, sulle lontanissime.
Il pensiero umano,
indeterminato moto dell'anima ermetica o astrale dell'individuo-uomo, è
compenetrante tutte le cose in cui si fissa in vibrazione d'amore. Basta che lo spirito si elevi, come profumo da
igneo fornello, dalla finalità della vita terrestre alla contemplazione ed alla
penetrazione dell'Infinito esistente, e l'ascosa faccia del Dio trasformatore
si manifesta in lui e per lui.
E' l'essere cioè
tutto ciò che è, che fu, che sarà. Tutto il visibile, l'invisibile,
l'immaginabile.
Il pensiero non cessa di vivere come immagine morta o pensiero vivo; esso è il germe di tutte le forme che dà vita alla ricomposizione degli organismi o forme determinate. Per cui il pensiero è forza o anima sopravvivente alle forme corporee”.
In sintesi se Cartesio diceva: “Cogito ergo sum, cioè Penso, quindi sono”, noi ermetisti diciamo: “Sum ergo cogito, cioè Sono, quindi penso”....
Serpente – Ser-pens – Pens-ser – Pensiero
Pensiero – Mercurio – Caduceo – Serpente
Dua-Kheti
Bibliografia:
L'anima
umana e la rincarnazione – Jerome A. Anderson
Cervello
e pensiero – un'ipotesi - Sebastiano B. Brocchi.
Il pensiero nell'età
moderna - wikipedia
“Sum ergo cogito” - Le neuroscienze e il nuovo “penso” - Daniele Nugnes
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