PREAMBOLO ALLA MEDICINA AUREA - CAPITOLO III
Le
due investigazioni – L’errore nell’applicazione del metodo al problema
intellettuale – L’intelligenza relativa del dolore – L’intelligenza della vita
e della morte.
Maritare i due serpenti, l’invisibile, che traduce il senso dell’Ermete nella
sua integrazione, al visibile che procede dalla ricerca profana per la
conquista della sapienza umana, è opera formidabile che assume l’aspetto
nebuloso e vago dell’utopia.
Non
rivelo un secreto antico, espongo un programma di ricerche e dissipo le nuvole
a cirri che nascondono la semplicità della formola.
La
ricerca della verità ermetica in noi ci avvicina alla conoscenza del mistero
della vita – penetrarlo è possedere l’intelligenza ermetica. L’altra ricerca
esperimentale, oggettiva, è la conquista per una scienza umana del mutamento
delle forme e della conoscenza delle fasi vitali. L’interstizio è il regno
mitico della divinità.
L’integrazione è iniziazione nel senso positivo e non mistico.
Il misticismo cammina per fede e per idee
seducenti nella visione della conquista fuori il creato.
L’ermetismo è determinativo nella ricerca dell’aurum, una
possanza trasformativa dell’inferiore nell’altissimo per raggiungere il limite
più sublime del mistero della vita dell’unità cosmica.
Mi son
servito di un nome alchimico: aurum.
Seguo
per questa via classica della ricerca e dell’occultazione del senso spirituale
iniziatico.
La
scienza sperimentale procede dai più bassi strati della manifestazione
dell’umana sensibilità – la medicina naviga nelle analisi specifiche –
sperimenta l’animalità, osserva il succedersi delle forme dalle embrionarie
fetali alle dissolutive della morte – ed è un bene. Abborda il problema della
sensibilità e dell’intelligenza del piacere e del dolore fisiologico – ed è un
errore.
Nel
primo stadio è un bene perché disamina il cadavere delle cose evolute e ne
rileva i mezzi, i metodi, le leggi. Nel secondo è un male perché con gli stessi
procedimenti inferiori si adopera alla conquista della arte suprema della
personalità umana che è intelligenza la quale è unità dell’organismo
universale – l’intelligenza che è la sintesi di una vita animale e di tutta
la vita universale – l’intelligenza
che, come fiamma di vita, è l’arcano delle antiche scuole magiche e il mistero
della ricerca dell’uomo (5). (Dal resoconto del Giornale d’Italia
del 5 novembre, leggo la conclusione del discorso inaugurale dell’università di
Roma di questo anno, fatta dal professore Mingazzini, neurologo valorosissimo.
Egli dice dopo aver parlato del cervello umano:
“Da questa compendiosa sintesi,
discende legittimo il corollario, che il cervello ubbidisce alle stesse ed
identiche leggi le quali reggono il resto dell’epoca animale: e che i fenomeni
mentali sono legati a processi biosofici e biochimici, svolgentisi nel
cervello: per esso natura creò privilegi!
“Ma un’altra conclusione pur troppo
ingrata ne discende, e cioè, che malgrado tanti progressi inaspettati sulla
conoscenza della struttura del meccanismo e delle funzioni dell’encefalo essi
ci hanno negato per ora, qualsiasi lume per comprendere in che modo abbiano
origine e si svolgano i processi della psiche.
“A molti degli ascoltatori che si
attendono un peana, la scienza risponde adunque con una elegia. Dopo si
numerose ricerche, per quanto feconde agli studii medici, altrettanto sterili
per il postulato filosofico, il pensiero si rivolge ad Emmanuele Kant. Egli ci
ha insegnato che i fenomeni soltanto, e non la essenza delle cose in sé,
riescono ad essere afferrati dalla nostra mente. E appunto in nome di Kant,
poiché altra cosa è conoscere le condizioni di un fenomeno, altro è il fenomeno
stesso, a noi è vietato, giusto il precetto degli scolastici, trarre
conclusioni aventi la bocca più larga delle premesse.
“Se dobbiamo ripetere ancora una
volta con Pascal pericolo sum est creder e non credere è ingiusta
pretesa sottrarre all’uomo il diritto di trarre da altre fonti ipotetiche nel
problema cui la filosofia intende da si lungo volgere dei secoli.
“Noi dobbiamo uguale rispetto tanto a
coloro che, monisti convinti, credono pensiero e materia la cosa stessa, quanto
agli altri che cercano al di fuori del mondo corporeo la causa dei fenomeni
spirituali. È crudeltà combattere sentimenti, sia pure illusori, che dalla
scienza anche l’uomo di scienza invoca spesso, mai indarno al suo conforto.
“Questi misteri vitali, pari a quelli
dell’eredità, e della natura delle forze, non solo abbracciano i fenomeno della
vita mentale, ma persino quelli della vita fisica. Da qualche anno siamo
abituati a parlare di esseri patogeni ultramicroscopici, cioè di agenti veri e
propri di malattie, e che neanche coi 2000 diametri di ingrandimento riusciamo
a scoprire; eppure per ipotesi li ammettiamo.
“Quella che un biologo olandese di
altro secolo chiamò natura naturans si sottrae adunque a qualunque
nostra indagine: ci pare sempre di raggiungerla, e intanto ci si invola. Il
velo dell’Iside non è ancora squarciato perché il comprensibile – e dobbiamo
essere riconoscenti ad Erberto Spencer – ai suoi limiti.
“Comprendere la sfera
dell’incomprensibile – ed io aggiungo dell’ultravisibile – è inutile e vano
conato”.
Mi consolo che l’università romana abbia
ascoltata una conferenza simile e non mi stupisco delle conclusioni fortemente
accentuate nel senso dubitativo dell’illustre oratore, perché tutti i neurologi
trovandosi a contatto del cervello umano, e nella sala anatomica o vivente
negli organismi vivi, devono arrestarsi nel limite della comprensibilità quando
i fenomeni psichici si manifestano in noi e fuor di noi. L’anatomia del
cervello non ha conchiuso con alcuna scoperta essenziale intorno alal manifestazione
dei fenomeni di un ordine intelligente. Lo stesso oratore disse:
“Tutti i fenomeni mentali accessibili
a misure sono stati sottoposti ad un’analisi metodica. Con speciali saggi o
strumenti dedicati, si misura il grado di attenzione, la prontezza del
comprendere, la capacità dell’immaginazione, la robustezza della memoria, la
potenza della critica. L’uomo tende a diventare, secondo l’ideale del pensatore
greco, il metro di tutte le cose. alla psicofisica siamo grati per averci
insegnato che la velocità del movimento attraverso i nervi, è meno rapida del
volo dell’aquila e che ad ogni nostra operazione intellettuale e ad ogni
insorgere di affetti corrisponde una modificazione apprezzabile nella
circolazione sanguigna e nella temperatura del cervello. Il tumulto dei nostri
sentimento, le scariche dell’odio a pari del raptus d’amore, il momento
in cui l’attenzione e la riflessione chiamano a raccolta per risolvere un
problema, le loro forze, il sonno e la veglia, tutti questi atti si convertono
senon in vari equivalenti tecnici e chimici, certo in variazioni apprezzabili
di calore all’interno della massa cerebrale. Anche negli affetti adunque
sebbene si traducano in modificazioni fisiche, sono legati all’organo della
mente; e se nell’emozioni palpita il cuore gli è soltanto perché si modifica il
lavorio cerebrale.
“L’amore adunque – se lo ricordino i
giovani che qui mi ascoltano – è qualche cosa di più alto che non il semplice e
fugace contatto fra due epiteli”.
Dopo aver accennato allo sforzo
compiuto dai filosofi per scoprire il modo di formarsi dei fenomeni psichici,
sforzi rimasti inutili, l’oratore continua:
“Alcuni sperarono invano che qualche
sprazzo di luce provenisse dallo studio delle alterazioni del cervello che da
tempo la psichiatria postulava. Ma il risultato di tante minute ricerche ci ha
provato che nella grande maggioranza delle malattie mentali non si hanno
reperti costanti, e tali da poter
mettere in rapporto le lesioni della compagine nervosa con le manifestazioni
morbose della psiche. Noi non riusciamo a sorprendere che l’effetto finale
delle alterazioni degli elementi nervosi e questi sono di una uniformità
sorprendente. Ma anche quando l’ideale degli psichiatri si avverasse, e si
riuscisse a constatare che, per esempio, ad ogni forma di manifestazione
psicopatica corrispondesse un’alterazione di una struttura determinata od uno
spostamento congenito delle cellule corticali, ciò non gioverebbe punto alla
comprensione mentale.
“Sicché oggi – dopo si abbondante
messe di studi microscopici – la psichiatria è obbligata, raccogliendo le vele,
a rientrare nel tempio dell’empirismo clinico. E come delle allucinazioni si sa
poco più della definizione datane da Amleto, così per la paranoia, dobbiamo contentarci
di richiamare sopra l’intuizione geniale della malattia che ne ebbe
Shakespeare, quando il Re Lear fa dire: ho un delirio si, ma vi è dell’ordine
in quel delirio!”.)
Il
dolore, il grande diavolo malvagio, spaventevole, orrido per i sensibili,
esiste in rapporto alla centralità intellettiva dell’uomo che lo soffre. Lo
storico, come Seneca, per discreditarlo ne limita il potere e dice: perché
spaventartene, o uomo? Se arriva ad un punto che non potrailo più soffrire
morrai o cessa. Perché dovresti tu spaventarti di esso se cessa o muori? Hai
paura della morte? Le religioni di pietà, come il buddismo e il
cristianesimo, o tentano di separarlo dall’unità organica estraendone
l’intelligenza o lo bagnano di lagrime calde considerandolo come una
espiazione. Ma questo non è conoscenza essenziale della sua natura che
risponde prima ad una sensazione e poi ad un sentimento.
Il
divino della medicina non è nella guarigione anatomica che è jatréa, ma
nella potestà ermetica della reazione mentale alla sensibilità del dolore, o
meglio nella potestà imperativa dell’intelligenza sulla riconquista della
sanità anatomica come ultima valorizzazione integrativa dell’essere vivente.
- Che
cosa è la vita?
- Chi
lo sa! Risponde il fisiologo non senza citarti mille opinioni e altrettante
teorie – ma la manifestazione della vita a noi è nei soli rapporti
dell’intelligenza che funziona unitaria nelle relazioni delle funzioni
organiche. La morte è determinata dalla cessazione delle funzioni organiche: obbiettivamente
un uomo è morto quando la circolazione è cessata e il corpo si disfà: soggettivamente
il senso della separazione della non intelligenza è una morte. La
reazione alla sensibilità è un fenomeno che confessa la vivacità dell’intelligenza,
ma la sensibilità non reagente in fenomeno della periferia è confessione di
morte apparente e molte volte non vere (6).
Dunque
il limite del mistero innanzi al progredire della investigazione analitica
degli studii medici è l’intelligenza
umana, per la cui integrità la ricerca ermetica lavora in senso inverso,
dall’alto in basso – è soggettivamente per entrare nei rapporti
integrativi delle unità intelligenti umane o uomini.