LA COSCIENZA CHE DIVIENE AMORE DI DIO
Vogliamo presentare alcune delle più belle pagine scritte dal Maestro Giuliano Kremmerz ispirate dall’Amore per la Donna, tratte dal testo “Angeli e demoni dell’Amore”.
Parole più che mai profetiche quelle del Maestro di cui in questi giorni stiamo forse vedendo le conseguenze più crude. Mai prima d’ora le donne erano state oggetto di così vili e ripetuti attacchi, come negli ultimi tempi, e non solo dal punto di vista fisico, ma anche psicologico e soprattutto mentale, nel tentativo di allontanarle sempre più dalla propria natura, privandole, se mai ciò fosse possibile, di ogni grazia spirituale.
Il Maestro Kremmerz scrive che la donna si “divinizza” nel divenire madre, nella maternità infatti partecipa al mistero d’Amore del Padre, per i propri Figli.
Possibile mai che nessuno tra i tanti studiosi, pseudo-maestri e seguaci di Giuliano Kremmerz sia mai stato colpito dalla LUCE dello SPIRITO di AMORE che traspare così chiaramente da tutti i suoi scritti e comportamenti, preferendo piuttosto rimanere nel proprio errore?
Ripetiamo ancora una volta le parole del Testamento spirituale di Salvatore Mergè: “il maestro Kremmerz soltanto nel primo volume dell’opera “Avviamento alla Scienza dei Magi”, ha nominato “Dio” 208 volte; quanto doveva amarlo per sentire il bisogno di rivolgersi a Lui così tante volte? Possibile che siano tutti atei coloro che hanno letto le sue opere e dicono di seguirne gli insegnamenti? Che vergogna! Vergognatevi!”
Facciamo tesoro di queste pagine, ché diventino una guida per tutti noi, ermetisti e non; evitiamo le folli corse dietro innumerevoli pensieri, desideri ed affanni, cogliamo l’opportunità di questi giorni di Quaresima per riconquistare un piccolo lembo di Paradiso perduto, attingendo direttamente alla sorgente viva d’Amore, “con la A maiuscola”, la forza per avanzare nella meravigliosa trasformazione del nostro essere Figli.
I Fratelli di Hermes
Tratto da
ANGELI E DEMONI DELL’AMORE
di Giuliano Kremmerz
Strumento di civiltà è amore. Dove l’amore non esiste, l’eccezione alla civiltà è manifesta.
Il Vico, nella sua Scienza Nuova, ne ha discorso profondamente accennando alla boria delle nazioni – e tutta la storia delle glorie umane deve ricercarsi nel successivo svolgersi di questo sentimento spirituale nella vita delle famiglie, delle nazioni e dei popoli.
Il titolo di questo scritto è bello, e io ne devo scrivere aridamente, perché non si confonda la scienza dell’amore con l’arte che canta l’amore. Ne scrivo la notomia, per gli uomini e le donne che vogliano studiarne profondamente e progredire nella conoscenza della verità scientifica della vita umana, per scrutare, in tempo più lontano, nella legge che regola il sentimento dell’Amore divino.
Con questa anatomia dell’amore, che certo non si pretenderà riprodurre nel teatro di un ospedale, io comincio col fare intendere ai miei lettori che altre persone e delle più note han fatto prima di me.
Dante Alighieri che non è stato inteso neanche a metà dalla turba dei suoi commentatori grammatici, ne ha fatta la disamina a più riprese, pur cantandolo come un qualunque dei poeti posteriori che ne scrisse per divertire qualche Beatrice di carne e tendini, fremente di baci sensuali.
Dante, come i neoplatonici suoi precursori e contemporanei, era un iniziato alle alte verità della magia divina, un occultista, come si direbbe oggi, ma di quelli che potevano essere salutati poeti alla maniera antica, quando l’iniziazione orfica aveva perpetuato nel mondo occidentale il secreto di cantare pel volgo sotto sembianze allegoriche e forme piane, le verità più secrete del santuario iniziatico.
Il volgo, cioè l’uomo intellettualmente bambino, si ferma al significato letterale delle parole scritte o cantate; tal quale come il fanciullo che, contento della apparenza delle cose, non ne scruta il contenuto o la ragione di esse. L’uomo progredito, padrone della filosofia umana, la quale è relativa e non assoluta, cerca penetrarvi il valore allegorico, il quale è sempre in relazione alle conoscenze umane ed ai fatti noti.
Ma l’iniziato ai secreti del Verbo divino, cioè alle verità che vengono da un mondo dove non si accede che evolvendo naturalmente ed intellettualmente, nei classici poeti antichi e filosofi vi legge anagogicamente gli arcani celesti e naturali più ascosi.
Francesco Perez che è l’unico dei commentatori moderni che abbia rasentato il senso occulto della Beatrice in Dante, scrive beatrice col b minuscolo perché egli dice che «la beatrice deve allegoricamente significar tal cosa di cui l’uomo sano di mente dir possa che, rispetto all’amore per essa, quello per la filosofia sia vile e malvagio desiderio. Né ciò solo: essa deve essere tal cosa PER LA QUALE SOLTANTO LA SPECIE UMANA SUPERA TUTTO CIÒ CHE CONTIENE IL GLOBO TERRESTRE.»
O donna di virtù, sola per cui
l’umana specie eccede ogni contento
da quel ciel che ha minor li cerchi sui.
Ora per quanto l’illustre siciliano possa riferirsi all’allegoria della beatrice, nascondente la Sapienza degli Eletti, il volgo dei filosofanti non passa più in là della profana interpretazione dell’Intelligenza aristotelica e platonica, né penetra nel sublime dell’interpretazione della essenza di questa intelligenza che non è la ingannevole ragione umana, sulla quale lo sperimentalismo sensista erige tutto il suo castello di carta pesta nelle disamine riflettenti i problemi dello spirito dell’uomo.
In Vita Nova, Dante scrive:
Amor e cor gentile sono una cosa
sì come il saggio in suo dittato pone,
e così senza l’uno l’altro esser non osa
come alma razional senza ragione.
La gentilezza del cor, intesa nel valore anagogico occulto, bisogna intenderlo alla latina: gentile per tendente verso le genti, altruista come si scriverebbe oggi ora gentilezza alcuna non v’ha né altruismo che non significhi il sacrificio di parte del nostro io, se non tutto, alla felicità altrui. I due estremi, amore e altruismo trovano il loro opposto nell’odio e nell’egoismo. L’amore e l’altruismo definiscono i limiti delle potestà divine del mago; l’odio e l’egoismo caratterizzano tutto ciò che è stregoneria. Nell’amore vi è trasfuso tutto il bene, come nell’egoismo tutto il male; perciò l’amore che implica un qualunque sacrificio per gli altri è divino, e quello che è spinto dalle basse idealità del possesso è satanico: il primo è protetto dagli angeli, il secondo dai demonii. Agli asceti, ai religiosi, ai riformatori dei costumi lasciamo la libertà dell’amore ideale per l’umanità tutta intera. Gli uomini mediocri, quelli che non si sforzano a comprendere un altruismo che raggiunge la sua manifestazione nel completo annientamento della persona che ama, non comprenderanno né la figura dei grandi rivelatori, né coloro che si sono sacrificati per il trionfo di un’alta idea di giustizia, né quelli che hanno spenta la loro vita in olocausto alla pubblica salute. Gli uomini mediocri debbono solamente aver conosciuto un grande e vero amore, quello non raro né nell’umile capanna né nella reggia, l’amor materno. Ciò che divinizza la femmina è la maternità: perciò l’iconografia cattolica dipinge la Vergine divinizzata dalla presenza nelle sue braccia di un bambino e santifica le lagrime nell’Addolorata. Quando due creature si desiderano, e il sindaco o il prete le unisce, il quadro è umano. Appena il vagito di una creatura suggella l’unione, la deificazione della donna comincia, il suo amore non può essere che divino e non può che segnare la redenzione di qualunque amore impuro, di qualunque prostituzione anche benedetta dal prete e controllata nei registri dello stato, civile. L’amore della madre non è un calcolo né un desiderio: è un continuo e interminabile sacrificio della mente e della volontà materna per la figliolanza. La sua preghiera è una evocazione di Anael, l’amore più grande che unisca Dio alle sue creature. Chi ha esercitata la medicina, ha visto che l’intenso amore della madre per la sua creatura, d’accordo con la incrollabile fede in una Intelligenza-Dio ha compiuto più miracoli di tutti i santuari miracolosi del mondo. L’amore materno nel periodo di allattamento e fino alla pubertà determina una continua trasfusione di vita, dalla madre al figlio, fino a far confondere le due esistenze in una completa dedizione dell’una all’altra. Quando il figliuolo va sposo, la madre piange, una donna, qualunque donna, non può amare un uomo come lo ama sua madre; se così fosse, l’amore della donna per l’uomo amato sarebbe tanto angelico e sublime che ogni senso di carne inverecondo rappresenterebbe un’offesa alla purità, e la sposa o l’amante si confonderebbe con la madre e le nozze nel più orrido incesto.
L’occulta filosofia dà all’amore due sedi: nel cervello e nel cuore. Nel cervello, fantasioso o calcolatore, entusiasta o briaco, l’amore è impuro, è passionale, è demoniaco.
Nel cuore, sereno, obbediente, paziente è un sentimento di abdicazione e di dedizione angelico.
In fisiologia si conoscono i rapporti che legano il cervello agli organi della impurità sessuale. L’amore impuro vi germoglia come un desiderio di vanità: è la Lilith e il Samael distruttori che consigliano e pungono il vanitoso a cogliere un fiore, per lascivia di potere, per calpestarlo come una sozzura: ed ogni atto di questo amore è una viltà, in cui il cuore non aumenta i suoi palpiti che nel momento in cui l’orgoglio bestiale è soddisfatto.
Ma l’amore del cuore, in cui il cervello non ha versata la nebbia offuscante della sensualità, è un atto divino da cui è ad aspettarsi ogni bene. Nasce come una effusione delle anime tra due nature che spiritualmente si completano. Si annunzia come un vago sentimento di benessere: cresce ed aumenta d’intensità come un tacito consenso, tra due creature, in una fede comune. Il primo è una passione, il secondo è un ideale.
Premesse queste poche considerazioni passiamo all’esame dei due principii nella pratica della magia naturale e divina, e nelle aberrazioni della stregoneria.
Dott. GIULIANO KREMMERZ
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