L'UNICO VERO CORPUS HERMETICUM
I DISCORSI SACRI
DI ERMETE TRISMEGISTO.
PRESENTAZIONE
a cura della Schola Philosophica di Teurgia Ermetica “Salvatore Mergè”
Ermete Trismegisto rappresenta la personificazione della Sapienza, la sua Parola è l’unico vero Corpus Hermeticum mai esistito, che rivive nelle diverse epoche storiche attraverso l’INSEGNAMENTO ORALE.
Così è stato per i sacerdoti “egizi” che negli antichi templi mediarono la Conoscenza sacra e scientifica dall’Oriente antico in Occidente, verso i filosofi greci.
Nella storia più recente non sono mancati contatti, da parte di centri iniziatici d’Oriente, volti a costituire in Occidente élite intellettuali, che rivestissero esteriormente le forme di organizzazioni ormai decadute dalla natura spirituale originaria, con lo scopo di raddrizzare il corso della storia ed evitare i pericoli derivanti all’umanità dalla cecità intellettuale.
“NON HANNO L’INTELLETTO TUTTI GLI UOMINI?” - domanda ERMETE a POIMANDRES - “STAI ATTENTO A QUELLO CHE DICI, AMICO - risponde POIMANDRES - IO, IL NOUS (L’INTELLETTO DI DIO) SONO PRESENTE AI SANTI, AI PURI, AI MISERICORDIOSI, AI PII E LA MIA PRESENZA COSTITUISCE UN SOCCORSO, E SUBITO ESSI CONOSCONO TUTTE LE COSE, ED ESSI ATTRAVERSO L’AMORE SI RENDONO BENIGNO IL PADRE, E LO RINGRAZIANO CON BENEDIZIONI E CON INNI, SECONDO QUANTO È ORDINATO RIGUARDO DIO, CON AFFETTO.” Poimandres, 22
Così si spiega, a ridosso della rivoluzione atea e sanguinaria che sconvolse la Francia e non solo, l’opera incompresa dell’iberico Martinez de Pasqually e dei Cohens.
Un secolo dopo, mentre in Europa si diffondevano ad una velocità impressionante ideologie folli, la storia si ripeteva nella nostra penisola con l’ermetista napoletano Giuliano Kremmerz e gli Osiridei.
Il Maestro Kremmerz vide che era giunto il tempo, per l’urgenza del momento storico, di aprire a tutti gli uomini di buona volontà le porte di una Schola Italica, che riconducesse i cristiani, divenuti scettici, all’Amore di Dio, affratellandoli nella preghiera volontaria d’Amore per il prossimo, rivolta al sollievo delle sofferenze, nel nome di Myriam, Maria in ebraico, Madre e soccorritrice degli afflitti e non solo.
La Schola Philosophica di Teurgia Ermetica “Salvatore Mergè” prosegue ininterrotta la sua testimonianza, riproponendo oggi, in una situazione per certi versi drammaticamente analoga, la visione del Maestro Giuliano Kremmerz, attraverso l’insegnamento orale tramandato direttamente al suo ultimo discepolo Salvatore Mergè, e da questi al nipote e discepolo Renato de Angelis.
Il Maestro Salvatore Mergè così insegnava al nipote, Renato de Angelis, Maestro e Preside della nostra Schola: “per CORPUS HERMETICUM dobbiamo intendere la raccolta dei discorsi sacri di Ermete Trismegisto, comunemente noti tutti insieme sotto il nome unico di Poimandres. Tutto ciò che nascostamente va in giro sotto denominazioni similari non è che un prodotto della fantasia e della superbia umana, il velenoso frutto dell’autoesaltazione individuale: questo è il caso del “corpus philosophorum totius magiae” e delle assurde “istruzioni pratiche” contenutevi in appendice, falsamente attribuite, per ignoranza e con dolo, a Giuliano Kremmerz, ma introdotte da Giustiniano Lebano e dai suoi seguaci.”
Il Maestro Renato de Angelis, preside della nostra Schola, raggiunta l’età di ottantotto anni può ancora testimoniare che quanto scritto sopra non è soltanto una nostra congettura, ma esattamente quanto gli è stato insegnato dal Maestro Salvatore Mergè e a quest’ultimo, direttamente, dal suo amato Maestro Giuliano Kremmerz.
“Quando Giustiniano Lebano andò dal Maestro Giuliano Kremmerz per fargli sottoscrivere le assurde “istruzioni”, che purtroppo molti pseudo maestri conoscono bene e continuano ad insegnare tutt’oggi – diceva Salvatore Mergè - il Maestro Giuliano Kremmerz si rifiutò di sottoscriverle, preferendo piuttosto lasciare fuori Giustiniano Lebano ed i suoi seguaci dalla costituzione della Fratellanza di Myriam e dalla relativa Schola Italica. Tanto è vero che Giustiniano Lebano ed i suoi seguaci non entrarono mai a far parte, a nessun titolo, della Fratellanza Terapeutico magica di Myriam e neppure dell’Ordine Osirideo di cui Giuliano Kremmerz fu nominato Maestro e suo successore direttamente da Izar.”
“Da quel momento Giustiniano Lebano – proseguiva Salvatore Mergè - dichiarò apertamente guerra al Maestro Giuliano Kremmerz, ostacolando il suo programma in ogni modo, guerra che continuarono i suoi seguaci, adoperando ogni mezzo a loro disposizione, arrivando perfino a segnalarlo in modo anonimo ad esponenti dell’ordine pubblico del governo di quegli anni, accusandolo di far parte della Massoneria e di costituire gruppi eversivi.
“I seguaci di Giustiniano Lebano, approfittando dell’assenza forzata da Napoli del Maestro Kremmerz, ebbero gioco facile a diffondere la raccolta di folli istruzioni, spacciate come “documenti segreti interni all’Ordine Osirideo”.
“La mancanza di preparazione e la non qualificazione spirituale di alcuni miriamici, fece sì che questa versione dello pseudo corpus, piena di nefandezze, trovasse a Napoli i suoi “stregoni” che la diffusero poi nel resto della penisola anche per mezzo di contatti con altri gruppi di occultisti, contribuendo ad ingenerare le tante e gravi incomprensioni sull’opera del Maestro Kremmerz, del tutto estraneo a tali aberrazioni.”
“NESSUNO MAI DEGLI EDITORI DELLE OPERE DI GIULIANO KREMMERZ, A PARTIRE DALLA UNIVERSALE DI ROMA DEL 1951 - FINO A QUELLE PIÙ RECENTI DELLE MEDITERRANEE (1976) E DEI FRATELLI MELITA (1987) - OSÒ INSERIRE IL “CORPUS PHILOSOPHORUM TOTIUS MAGIAE” TRA GLI SCRITTI ATTRIBUITI AL MAESTRO KREMMERZ, APPUNTO PERCHÉ NON SCRITTO DALLA SUA MANO, COME BEN NOTO A TUTTI I DISCEPOLI DI GIULIANO KREMMERZ.”
“QUESTO È QUANTO IL MIO MAESTRO SALVATORE MERGÈ, ULTIMO DISCEPOLO DIRETTO DI GIULIANO KREMMERZ, MI HA SEMPRE DETTO – SCRIVE IL NIPOTE RENATO DE ANGELIS.”
COME MAI FINO AL 1965, ANCORA IN VITA SALVATORE MERGÈ, MAESTRO MIRIAMICO ED OSIRIDEO, NESSUNO AVEVA MAI OSATO PUBBLICARE IL CORPUS PHILOSOPHORUM TOTIUS MAGIAE, CERCANDO DI FARLO PASSARE COME SCRITTO DA GIULIANO KREMMERZ? TEMEVANO FORSE DI ESSERE SBUGIARDATI DAL MAESTRO MERGÈ VIVENTE? PERCHÉ ALL’EPOCA ERA COSA BEN NOTA CHE NON ERA GIULIANO KREMMERZ IL SUO VERO AUTORE!
“Alcune associazioni che oggi si presentano al pubblico come “kremmerziane” – diceva Salvatore Mergè - di Giuliano Kremmerz utilizzano soltanto il nome, essendo in realtà molto lontane dai suoi insegnamenti, fatti di altruismo e di tanta preghiera d’Amore per il prossimo, insegnamenti che chi non ha ricevuto direttamente dal Maestro, non ha il cuore predisposto ad intendere, tanto meno a praticare. I maestri di suddette associazioni, che per intenderci chiameremo neokremmerziane, non sono stati né discepoli diretti né discepoli di discepoli di Giuliano Kremmerz e neanche Maestri fatti da lui e non.”
Come si è potuto assimilare due personaggi così distanti tra loro come Giustiniano Lebano e Giuliano Kremmerz per il solo fatto di essere stati entrambi discepoli del Maestro Izar, al secolo Pasquale de Servis? Né i contenuti e neppure lo stile delle loro testimonianze sono per nulla similari: mentre il primo sfoggiava titoli ed erudizione profana, in un linguaggio non ermetico spirituale, fatto di superstizioni materiali, l’altro ha mantenuto sempre un profilo ed un linguaggio umile, dettato dal Divino Amore, alimentato dalla preghiera unita ad una fede incrollabile nell’Eterno!
Esaminiamo solo per un attimo quanto Giustiniano Lebano affermava con disinvoltura nel suo volumetto “Del Mistero e della Iniziatura”: nel racconto il Satyricon di Petronio, dietro il cui nome si nascondeva un cortigiano del famigerato e dissoluto imperatore Nerone, “Il Filosofo vi legge – scrive Lebano - quasi tutto lo stadio mistico che si percorreva nella Iniziatura - e proseguiva - in tutte le Iniziature vi sono i piccoli e grandi misteri. In Napoli i piccoli (misteri) si celebravano nel delubrio di Priapo. Chi vuol meglio persuadersi che legga l’illustrazione fatta alle antichità rinvenute in Ercolano”.
Come ci si può trattenere dalle risate, leggendo Giustiniano Lebano paragonare il Satyricon ad un “romanzo iniziatico”? Come se fosse possibile che esista un nesso tra l’ambito iniziatico antico, o moderno che sia, ed i racconti tanto vergognosi quanto ambigui dei personaggi di Petronio!
Tutto ciò pone dei forti dubbi su cosa Giustiniano Lebano intendesse davvero per “iniziatura” e quale fosse la natura degli insegnamenti connessivi, di certo egli non doveva intendere il principio di una vita nuova dedita alla ricerca spirituale, perché ben lontana dalla realtà descritta da Petronio.
Ricordiamo in proposito che Il Maestro Kremmerz, in Elementi di magia naturale e divina, avvisava il lettore che "della parola “iniziazione” si fa un grande abuso - non si deve far derivare da “initium” ovvero “ingresso” ma da “in-itio” (itio - itionis movimento generante il principio) che equivaleva nel linguaggio antico sacro al “soffio” di cui la Genesi ebraica dice che si servì Dio Grande per comunicare il suo Spirito divino ad Adamo, l’uomo di fango.”
Per iniziazione non dobbiamo dunque intendere, come oggi purtroppo generalmente accade, l’ingresso in luoghi riservati ad una ristretta cerchia di amicizie, per mezzo di organizzazioni o stili di vita più o meno particolari, ma piuttosto la comunicazione dell’influenza della dimensione spirituale mediante tutte quelle azioni che la Preghiera di un Maestro può compiere su di un discepolo qualificato.
Viene spontaneo domandarsi quanto lo “stregone di Torre Annunziata” (appellativo con cui i concittadini di Giustiniano Lebano lo accarezzavano, come riportato anche da Wikipedia), fosse riuscito davvero a comprendere dell’insegnamento di Izar e quanto egli fosse stato invece succube di condizionamenti personali e di incontri avuti con personaggi ben diversi dal Maestro Giuliano Kremmerz.
Verrebbe da rispondere ai seguaci del Lebano, dunque, proprio come scriveva il Maestro Kremmerz in Elementi di magia naturale e divina, ovvero che l’Adepto “trova il suo magisterio nella zona altissima di purificazione” e se così non fosse convivrà con la bassezza dei sensi, prigioniero delle realtà materiali.
“Giuliano Kremmerz, altro discepolo di Izar, nei comportamenti come nei suoi scritti, al contrario, manifestò sempre i caratteri di un uomo spirituale, puro, equilibrato, di natura pacifica, gioviale, di animo generoso, forte e soprattutto sereno, per niente interessato alle polemiche, disinteressato a parteggiare per questa o quella fazione politica - non si iscrisse mai a nessun partito al potere né mai parteggiò per le ideologie rivoluzionarie e comuniste – egli venne additato dai suoi detrattori nella doppia veste, di eversivo, di “mago” e di indovino, figure molto ricercate dalle gerarchie dell’epoca anche se per motivi del tutto opposti.”
Il “CAPO” di allora infatti non aveva la mano leggera con i nemici politici e non perdeva occasione per ricercare i responsi dei “veggenti” per i suoi piani, ma non è il caso di rattristare gli animi dei nostri già pochi lettori con questa storia imbarazzante del nostro bel Paese.
Sappiamo con certezza che Giuliano Kremmerz fu costretto dalle continue perquisizioni della sua abitazione, provocate dai suoi “DETRATTORI”, tra cui in specie figurarono i seguaci di Giustiniano Lebano, prima ad allontanarsi da Napoli, e poi a trasferirsi al sicuro con la sua famiglia ed i preziosi documenti che custodiva, oltre i confini nazionali; la stessa sorte era toccata a Martinez de Pasqually che aveva abbondonato l’Europa per il centro America, poco prima della Rivoluzione francese.
“Non mi stancherò mai di ribadire – aggiunge Renato de Angelis, preside della nostra Schola - le parole che mi ripeteva spesso mio zio, il Maestro Salvatore Mergè, facendomi promettere di non dimenticarle mai, perché un giorno avrebbero giovato a tanti aspiranti ermetisti, volenterosi di mettersi sulla retta via, alla ricerca della Luce, e quel giorno ormai è giunto!”.
“Per Corpus Hermeticum dobbiamo dunque intendere niente altro che la raccolta dei discorsi sacri di Ermete Trismegisto, il cui insegnamento orale comprendeva anche la Cabala angelica, con tutte le sue rituarie, cosa ben nota ai suoi primi interpreti fiorentini e di certo non le scelleratezze del “corpus philosophorum totius magiae” (vedi Testamento spirituale di Salvatore Mergè - parte prima), con cui si vollero introdurre in ambienti neokremmerziani pratiche materiali assurde ed influenze altrettanto negative.”
Le prime versioni scritte del Corpus Hermeticum, ovvero dei discorsi sacri di Ermete Trismegisto, consistono in copiature da manoscritti precedenti a fini di insegnamento e risalgono, verosimilmente, ai primi secoli dell’era cristiana; già nel Medioevo i discorsi sacri di Ermete erano noti, di sicuro l’Asclepio.
La raccolta di testi, come la conosciamo oggi, giunse in Occidente, almeno ufficialmente, preceduto dalla sua fama, soltanto qualche anno dopo la caduta dell’Impero romano d’Oriente ad opera degli ottomani, a seguito dei contatti, rinnovatisi negli anni precedenti, tra le due confessioni cristiane, cattolica e ortodossa.
Il manoscritto in greco antico del Poimandres, di cui in seguito riportiamo un estratto da una traduzione in italiano, venne ritrovato tra i beni personali di un monaco ortodosso dopo la sua dipartita, si ritiene che la versione originale del testo greco ritrovato dovesse risalire all’anno mille.
La prima traduzione in latino è invece della seconda metà del XV° secolo e fu commissionata da Cosimo dei Medici, al governo di Firenze, al celebre filosofo e sacerdote cattolico Marsilio Ficino, il quale venne ripagato del lavoro con la villa di Careggi, poi sede della sua Accademia…decisamente altri tempi!
Sempre a Firenze vide la luce anche la prima versione italiana, in fiorentino.
Il Poimandres è nello specifico il titolo che viene dato al primo discorso di Ermete Trismegisto, insieme all’Asclepio, di sicuro il più completo, rispetto agli altri discorsi attribuiti ad Ermete, che ne sviluppano ciascuno uno dei suoi aspetti.
Il Poimandres mostra sin dalle prime battute il carattere sapienziale sacro, di rivelazione, della Tradizione Ermetica e la natura cosmologica delle scienze ermetiche; esso addita a tutti noi la via della reintegrazione dell’Essere Umano innanzitutto nella purificazione dai vizi, che rendono il corpo una prigione, e nella conversione dall’ignoranza all’Amore di Dio, grazie alla provvidenziale guida e soccorso dell’Intelletto divino, il Nous (in greco antico) o Poimandres, il cui nome letteralmente significa “Pastore di uomini”.
L’immagine di Ermete Trismegisto fu intarsiata sul pavimento del Duomo di Siena, consacrato da Papa Alessandro III a Santa Maria Assunta, volendo cosi celebrare l’antica Sapienza dei Magi, e così recita il monito che avverte ogni visitatore all’ingresso della navata centrale del Duomo: “CASTISSIMUM VIRGINIS TEMPLUM CASTE MEMENTO INGREDI”, “Ricordati di entrare castamente nel castissimo tempio della Vergine”.
Oggi i discorsi sacri di Ermete Trismegisto non possiamo affermare che vivano la stessa fortuna tra i testimoni della fede, sembrano piuttosto essere ignorati, quando non sono visti con sospetto, forse perché appaiono frutto di un’intelligenza misteriosa, che bisogna ancora decifrare, occorre un Maestro esperto di quest’Arte per poter penetrare oltre il velo dei simboli.
Tutti possiamo apprezzarne nel Silenzio le parole ispirate dal Divino Amore e meditarle; come avveniva nella Scuola di Pitagora dove gli iniziati erano invitati “oltre il velo, ad ascoltare gli insegnamenti, a contatto visivo con il Maestro”, mentre per tutti gli altri era possibile solo ascoltare, dal di fuori, almeno prima di essere ammessi all’interno del velo, provata la capacità intellettuale di trattenere l’insegnamento e la volontà solare rivolta al Bene.
Quale insegnamento potrebbe essere più adatto ad un’epoca come la nostra dei discorsi sacri di Ermete Trismegisto? Sempre che gli “ermetisti”, oggi vittime della mentalità materialista contemporanea, non vogliano perseverare a brancolare nel buio dell’ateismo, e i credenti e religiosi ritrovino l’umiltà in un cuore puro colmo di AMORE, pieno di gratitudine verso l’ESSERE UNICO che tutti preghiamo.
Soltanto grazie all’Intelligenza dell’AMORE GRANDE possiamo specchiarci nella Luce e nella Bellezza delle parole sacre del Corpus Hermeticum.
I discorsi sacri di Ermete Trismegisto non appartengono ad un’epoca piuttosto che ad un'altra, non hanno età, essi hanno rivelato attraverso civiltà, religioni e linguaggi diversi, e continuano a rivelare oggi, “l’Eterna Verità della dimensione sacra della Vita”.
Le parole d’Amore divino di Ermete, risollevano la nostra natura umana dall’ignoranza, portando in nostro soccorso l’Intelligenza di Dio e la Sua Sapienza, che sono “Luce e Vita”, essi elevano i sentimenti e dirigono le nostre azioni che ad opere di Bene.
Si avvicina il giorno in cui tutti si sveglieranno finalmente dall’ubriacatura della mentalità contemporanea e si renderanno conto di quanta ignoranza con il materialismo si è fatta strada, approfittando del grave sonno cui si sono lasciati andare gli esseri umani.
L’augurio che vogliamo condividere con i lettori è che le parole dei “discorsi sacri” di Ermete Trismegisto prendano vita, risvegliando in noi un CUORE IMMACOLATO COLMO D’AMORE, affinché ci venga in soccorso come un faro sempre acceso, su un cammino fatto di opere di Bene.
IL POIMANDRES:
Paragrafi 1-17 tratti dall’edizione Bompiani - Milano 2005
- 1. Una volta avevo preso a riflettere sugli Esseri, e il mio pensiero si era molto elevato, mentre i miei sensi corporei erano rimasti trattenuti (inattivi), come accade a quanti sono gravati dal sonno per eccesso di cibo o per spossatezza fisica, e mi parve di vedere un essere di statura enorme (immensa) superiore a qualsiasi misura definibile, il quale mi chiamava per nome e mi diceva: “Che cosa vuoi udire e contemplare, apprendere e conoscere per mezzo del pensiero?”
- 2. Io domando: “Ma tu chi sei?” – “Io”, risponde, “sono Poimandres, il Nous della Sovranità assoluta; io so che cosa vuoi, e sono con te dovunque”.
- 3. Io dico: “Desidero essere istruito sugli Esseri e comprendere la loro natura, e conoscere Dio. Come voglio ascoltare”. Mi rispose a sua volta: “Trattieni con il tuo intelletto tutto quello che desideri apprendere, e io ti istruirò”.
- 4. Detto questo mutò d’aspetto, e subito tutto mi si dischiuse in un istante, e io contemplo una visione illimitata, tutto quanto divenuto luce, sereno e lieto: al vedere questo spettacolo, me ne innamorai. Dopo poco tempo, discese una tenebra, sopraggiunta a sua volta, spaventosa e al contempo odiosa, che si diffuse a spirali, come un serpente. Poi, la tenebra si trasformò in una certa sostanza umida, turbolenta in modo indicibile, che emetteva fumo, come da fuoco, e produceva un certo suono lamentoso, che non si può spiegare. Quindi uscì da esso un grido inarticolato, paragonabile a una voce di fuoco.
- 5. Mentre dalla luce…un Logos santo venne a sovrastare la Natura, e un fuoco puro, non mescolato, si sprigionò dalla sostanza umida, su, verso l’alto; ed era leggero e vivace, e al contempo anche attivo, e l’aria, essendo lieve e agile, seguì il soffio infuocato, mentre saliva fino al fuoco a partire dalla terra e dall’acqua, in modo da sembrare sospeso ad esso. La terra e l’acqua, invece, rimasero mescolate tra loro, tanto che non sarebbe stato possibile scorgere la terra separata dall’acqua; ed erano mosse dal Logos che, sotto forma di soffio, si presentava all’udito.
- 6. E Poimandres mi domandò: “Hai compreso che cosa significhi questa visione?”. Io risposi: “Verrò a saperlo”. “Quella luce”, disse, “sono io, Nous, il tuo Dio, precedente alla sostanza umida comparsa dalle tenebre. Il Logos luminoso proveniente dal Nous è il figlio di Dio”. “E allora?”, domandai. “Sappi, in tal modo, che quanto in te vede e ode è il Logos del Signore, e che il Nous è Dio Padre: essi sono separati l’uno dall’altro; la vita, infatti, è l’unione di questi due”. “Ti ringrazio”, dissi io. “Ma tu contempla la luce con l’intelletto e impara a riconoscerla”.
- 7. Detto questo, mi osservò dritto in faccia per parecchio tempo, tanto che io ebbi paura a vederlo. Quando, poi, egli risolleva la testa, io vedo nel mio Nous la luce che consiste di potenze incalcolabili, divenute un mondo illimitato, e vidi il fuoco circondato e posseduto da una potenza grandissima; esso, così trattenuto, aveva una posizione fissa. Queste cose io, guardando, compresi intellettualmente, grazie al discorso di Poimandres.
- 8. Poiché, però, mi trovavo in una situazione di sbigottimento, mi disse nuovamente: “Hai visto nel Nous la forma archetipica, pre-inizio anteriore al principio senza fine”. Questo mi disse Poimandres. “Dunque”, domando io, “gli elementi della natura da dove sono sorti?”. E in risposta a questo, di nuovo egli replicò: “Dalla volontà di Dio, la quale, dopo aver ricevuto il Logos e visto il mondo bello (l’archetipico), lo imitò, essendo fatta in un modo ordinato nei suoi propri elementi e nei suoi prodotti, che sono le anime”.
- 9. Ebbene, il Nous Dio, essendo maschile e femminile, e sussistendo come vita e luce, generò con la parola un altro Nous demiurgo, il quale, essendo dio del fuoco e del soffio, fabbricò alcuni Governatori, in numero di sette, che circondano il mondo sensibile con i loro cerchi, e il loro governo è chiamato Fato.
10. Il Logos di Dio balzò subito fuori dagli elementi portati a discendere, verso quella pura creazione della Natura, e si unì al Nous demiurgo – poiché era della sua stessa sostanza -, e gli elementi della natura tendenti verso il basso furono abbandonati ad essere irrazionali, così da risultare esclusivamente materia.
11. E il Nous demiurgo, insieme con il Logos, che abbraccia i cerchi e che li fa girare con un sibilo, fece volgere le sue creature, facendo loro compiere questo movimento da un inizio indefinito a un fine indeterminato; infatti, incomincia nel punto in cui termina. E la rotazione di questi cerchi, secondo come ha voluto il Nous, produsse, a partire dagli elementi che si spostano verso il basso, animali irrazionali (poiché non avevano più con sé il Logos); l’aria, poi, ne produsse di alati, e l’acqua di natanti. E la terra e l’acqua erano state separate l’una dall’altra, secondo la volontà del Nous, e la terra fece uscire dal suo seno gli animali che aveva in sé, quadrupedi e rettili, bestie selvatiche e domestiche.
12. Il Nous poi, Padre di tutti gli Esseri, che è vita e luce, generò un Essere Umano simile a lui, e prese ad amarlo come un proprio figlio. Era infatti bellissimo, in quanto riproduceva l’immagine del Padre. Veramente, infatti, Dio si innamorò della propria forma, e le affidò tutte le sue creature.
13. E, avendo notato la creazione che il Demiurgo aveva fatto nel fuoco, l’Essere umano volle anch’egli produrre un’opera, e ciò gli fu consentito dal Padre. Entrato, dunque, nella sfera demiurgica, dove avrebbe avuto pieni poteri, osservò le opere del fratello, e i governatori si innamorarono di lui, e ciascuno lo rese partecipe della propria magistratura. Ed egli, avendo appreso la loro essenza e avendo preso parte alla loro natura, volle infrangere la circonferenza esterna dei cerchi, e scorgere la potenza di colui che sovrintende al fuoco.
14. E l’Essere Umano, che aveva ogni potere sul mondo delle creature mortali e sugli animali irrazionali, si piegò per osservare attraverso l’armonia delle sfere, dopo averne spezzato l’involucro, e mostro alla natura inferiore la bella forma di Dio. La Natura allora quando vide che esso in se ha una bellezza inesauribile, ogni potenza dei Governatori e la forma di Dio, sorrise d’amore, poiché aveva visto riflessa nell’acqua la forma dell’essere Umano, e la sua ombra sulla terra. Ed esso, vedendo nella Natura, riflessa nell’acqua, questa forma che gli somigliava, vi si affezionò, e volle abitare laggiù. E, insieme all’atto di volontà, avvenne la sua realizzazione, ed esso prese ad abitare la forma irrazionale. La Natura, allora, avendo ricevuto il suo amato, lo abbracciò completamente e si unirono, poiché erano innamorati.
15. E per questo, a differenza di tutti gli altri esseri che vivono sulla terra, l’uomo è duplice: mortale nel corpo, immortale nella sostanza di Essere Umano. Pur essendo, infatti, immortale e avendo il potere su tutti gli esseri, subisce le vicissitudini dei mortali, soggiacendo al fato. Dunque, sebbene sia al di sopra dell’armonia delle sfere, vi è divenuto sottoposto, e, sebbene sia androgino in quanto figlio di un Padre androgino, e anche insonne in quanto è figlio di un insonne, tuttavia si lascia vincere dal desiderio e dal sonno.
16. Dopo di che: “…mio Nous; anch’io, infatti, amo il logos”. E Poimandres disse: “Questo è il mistero che è rimasto nascosto fino ad oggi”. La Natura, infatti, unitasi con l’Essere Umano, generò un prodigio davvero sorprendente. Infatti, l’Essere Umano aveva in sé la natura dell’armonia dei Sette, i quali ti ho detto che sono composti di fuoco e di soffio. E la natura, subito, senza attendere, diede alla luce sette uomini, le cui nature, corrispondevano a quelle dei sette governanti, androgini, che tendevano nel cielo”. Quindi: “O Poimandres, io sono giunto ora a un grande desiderio, e bramo di ascoltare. Non allontanarti dal tema”. E Poimandres rispose: “Sta’ zitto, allora. Non ho ancora finito di esporti il primo discorso”. “Ecco, vedi? Sto zitto”, dissi io.
17. “Dunque, come ho detto, la generazione di questi sette uomini avvenne in tal modo. La terra, infatti, era femminile, e l’acqua svolgeva la funzione generativa maschile; il fuoco portò le cose a maturazione; dall’etere la Natura ricevette il soffio e produsse i corpi secondo la forma dell’Essere Umano. E quest’ultimo, da vita e luce che era, divenne anima e intelletto; dalla vita l’anima, dalla luce l’intelletto. E tutti gli esseri del mondo sensibile rimasero in questo stato, fino alla fine di un periodo e fino all’inizio delle specie.
………continua
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