LA MEMORIA (ARTIFICIALE)
Passiamo ora alla memoria, vero tesoro in cui si conservano i prodotti dell’invenzione e delle altre parti della retorica. La memoria ha qualcosa di artificiale che non dipende solo dalla natura? È una domanda che tratteremo più a proposito un’altra volta. Oggi ne parleremo come se si fosse d’accordo nel riconoscere l’influenza dell’arte e dei suoi precetti su questa facoltà, spiegheremo i motivi di questa opinione; per il momento limitiamoci ad esporre questa teoria.
Ci sono dunque due memorie, una naturale, l’altra artificiale. La memoria
naturale è innata in tutti e contemporanea del pensiero. La memoria
artificiale trae la sua forza dal metodo e dalle regole che la diriggono.
Nelel altre occupazioni dello spirito, il talento, con la sua sola forza,
può ottenere gli stessi risultati di uno studio accanito; ma l’arte fortifica
e aumenta i doni della natura. Così qualche volta la memoria artificiale,
quando è portata ad un alto livello, non solo emula la memoria naturale,
ma conserva ed accresce, con un insieme di regole, i vantaggi che dobbiamo
alla natura. La memoria naturale ha dunque bisogno di essere fecondata
dai precetti per raggiungere tutto il suo sviluppo, e le procedure dell’arte
non hanno potere che su uno spirito naturalmente dotato. Così è di questa
arte come delle altre; è grazie al talento che le regole sono fecondate, e
tramite lo studio che il genio si perfeziona. Così quelli che sono dotati di
una buona memoria troveranno qualche vantaggio nei nostri precetti,
come potrete convincervene presto. Che se questa potenza di facoltà li
dispensa dal fare ricorso a noi, il nostro lavoro ha tuttavia un motivo
assai legittimo, il prestare soccorso agli spiriti che non hanno disposizioni
così brillanti. E’ tempo di parlare della memoria artificiale.
La memoria artificiale si compone di luoghi e di immagini. Chiamiamo
luoghi certi oggetti, opera della natura o dell’uomo, così limitati così ben
determinati, così notevoli, che la memoria naturale li possa facilmente
cogliere e abbracciare: tali sono un altare, un colonnato, un angolo, una
volta e altre cose simili. Le immagini sono forme, simboli, rappresentazioni
della cosa che ci vogliamo ricordare: per esempio cavalli, leoni, aquile,
per conservare la memoria di questi animali ne piazzeremo le immagini in
certi luoghi. Insegniamo ora quali devono essere questi luoghi, come
li si trova e come vi si fissano le immagini.
Capitolo 1- LA MEMORIA DELLE COSE
Come quelli che conoscono le lettere possono scrivere ciò che viene loro
Dettato e leggere ciò che hanno scritto, così quelli che hanno appreso la
Mnemotecnica possono attaccare a certi luoghi le cose che hanno appreso
e, con l’aiuto di questi luoghi, ridirle a memoria. In effetti i luoghi assomigliano
alla cera o alla carta, le immagini alle lettere; l’arte di disporre e di fissare
le immagini è una specie di scrittura, poi prendere la parola e in qualche
modo leggere. Bisogna dunque, se si vogliono conservare molti ricordi,
provvedersi di una moltitudine di luoghi, per depositarci una quantità di
immagini. Crediamo pure che bisogna incatenare questi luoghi in un
ordine successivo, per paura che la mancanza di legami non impedisca
di avvicinare le immagini a nostra discrezione dall’alto, dal basso, o dal
mezzo, di riconoscere i ricordi affidati a ciascun luogo e di farli uscire di li.
Capitolo 2
Se avessimo davanti a noi un gran numero di persone di nostra conoscenza
disposi in ordine, ci sarebbe uguale di nominarle cominciando dalla prima,
dall’ultima o da quella di mezzo: ugualmente, una volta che i luoghi sono
ben ordinati, possiamo prendere il punto di partenza dal posto che vogliamo,
avvertiti dalle immagini ritroveremo ciascuna idea al posto che le fu assegnato.
Ecco perché raccomandiamo di scegliere i luoghi con ordine e di fissare a
lungo le nostre meditazioni su questi preziosi depositi, perché restino impressi
in noi. In effetti le imamgini, come i caratteri scritti, si cancellano quanto
non ce ne serviamo più: i luoghi, come le tavolette, restano sempre a nostra
disposizione. Perché il numero dei luoghi non diventi causa di errore, è
bene marcarli di cinque in cinque: così potete mettere una mano d’oro al quinto
posto, e al decimo qualcuno che vi sia conosciuto e il cui nome sia Decimo,
in seguito sarà facile mettere simili segni a ogni nuova serie di cinque.
Capitolo 3
È più vantaggioso disporre questi luoghi in un ambiente deserto che in un
posto frequentato: la folla e il movimento dei passanti confondono le immagini
e ne indeboliscono i tratti, mentre la solitudine conserva nella loro interezza
le figure rappresentate. In più bisogna scegliere luoghi dove la natura e l’aspetto
siano così vari che ciascuno sembri distaccarsi dagli altri e richiamare i nostri
Sguardi; perché se ci si limitasse a numerossi colonnati, dalla somiglianza dei
luoghi nascerebbe una tale confusione che non si saprebbe più cosa sia
stato deposto nell’uno o nell’altro. Che i vostri luoghi siano di grandezza media: troppo estesi darebbero del vago alle immagini, troppo angusti non potrebbero contenerle. Che non siano troppo illuminati né troppo oscuri, per timore
che le immagini non spariscano nelle tenebre o non ci abbaglino con il loro splendore. È bene che gli intervalli tra un luogo e l’altro abbiano
un’ampiezza media, sui tre piedi, poiché lo spirito come la vista, non coglie
tanto bene gli oggetti in prospettiva quando sono troppo lontani o troppo
ravvicinati. Benché sia facile per colui che ha molto osservato incontrare
a piacere molti luoghi convenienti, tuttavia se qualcuno credesse di non
poterne trovare di adatti al suo scopo potrà crearne quanti ne vuole, perché
l’immaginazione può, a discrezione, concepire una regione, poi formarvi e
concepirvi un luogo, secondo i desideri dell’oratore. Perciò potremo, se i luoghi
che la natura ci offre non ci soddisfano, immaginare per il nostro uso una
regione in cui disporremo, col pensiero, di luoghi facili a cogliere e adatti
al nostro soggetto. Ora basta coi luoghi e passiamo a esporre quanto concerne
le immagini.
Capitolo 4
Perché abbiamo bisogno di immagini per rappresentare le cose, e, per
ricordare le parole dobbiamo scegliere delle similitudini conosciute,
ci sono dunque due tipi di somiglianze: quelle delle cose e quelle delle
parole. Otteniamo la somiglianza di una cosa quando ne formiamo
sommariamente l’immagine; stabiliamo delle somiglianze di parole
quando attacchiamo a un’immagine il ricordo di qualche nome, di
qualche vocabolo. Spesso abbraccerete in un solo segno, in un’immagine
unica, il ricordo di una cosa tutta intera, per esempio: “L’accusatore
pretende che l’accusato abbia avvelenato un uomo, che abbia commesso
questo delitto per avere l’eredità e che abbia testimoni e complici in
gran numero”. Se si vuole ricordare subito questa accusa in maniera
di averla pronta quando bisognerà confutarla, si rappresenterà nel primo
luogo l’immagine del fatto intero: se conosciamo i lineamenti della
vittima ce la raffiguriamo a letto, se non la conosciamo invece penseremo
a un altro degente, di rango abbastanza distinto perché ci torni in mente
facilmente. A fianco del letto piazzeremo l’accusato, mentre tiene con
la mano destra una coppa, con la sinistra delle tavolette e, sospesi al dito
medio, dei testicoli di montone. Questo quadro ci ricorderà i testi, l’eredità
e l’avvelenamento. In seguito fisseranno le altre accuse, secondo il loro
ordine, nei diversi luoghi, e tutte le volte che si vorrà richiamare una cosa
alla memoria, se le figure son state ben disposte, e le immagini nettamente
caratterizzate, evocheremo facilmente i ricordi di cui avremo bisogno.