ESEMPI DI PRUDENZA E SAGGEZZA23) LA PERSONA CHE
LASCIA DI SE IL BEL RICORDO
Nella
casa della Fortuna, se si entra per la porta del piacere, si
esce per quella della tristezza, e viceversa; attenti
dunque all’ultimo passo, dedicando maggior cura alla prosperità dell’uscita, che
non all’applauso nell’entrata. Inconveniente
diffusa tra la gente fortunata è quello di avere inizi favorevolissimi ed esiti
quanto mai tragici. L’importante
non consiste nel volgare applauso al primo ingresso, giacché
tutti lo possono ottenere, ma piuttosto nel generale compianto alla fine, perché
pochi sono gli uomini veramente rimpianti. Poche
volte la fortuna accompagna chi se ne va:
quanto
si mostra cortese con chi arriva, altrettanto scortese si mostra con chi parte. 22) PROCEDIAMO
SEMPRE DA UOMINI VISSUTI
Questo,
contro la gente scortese, ostinata,
presuntuosa e contro ogni sorta di sciocchi. È
facile imbattersi in simile genia, e
la saggezza consiste nel cercare di non scontrarsi con loro. Conviene
armarsi ogni giorno di buoni propositi dinanzi allo specchio della propria
accortezza, e
così si potranno vincere gli attacchi della stoltezza. Chi
procede da uomo avvisato, o
non esporrà la propria reputazione a rischi volgari. L’uomo
provveduto di saggezza non potrà essere sconfitto dall’impertinenza. È
difficile seguire la giusta rotta nei rapporti umani, perché
è seminata di scogli di discredito: la
miglior cosa è mutar direzione, consultando
l’astuto Ulisse per averne consiglio. In
questi casi può essere molto utile un’artificiosa sbadataggine.
Ma
soprattutto si faccia ricorso alla cortesia che è l’unica scorciatoia per
sottrarsi all’altrui insistenza (di possibile cattiveria o mancanza d’Amore). 21) MANTENERE I DUBBI
NEGLI ALTRI DELLE PROPRIE QUALITA’
La
meraviglia che suscita la verità è ciò che fa stimare il successo. Giocare
a gioco scoperto non procura né utile né piacere. Se
uno non scopre subito le sue carte, lascia gli altri in sospeso; e ciò
soprattutto là dove la sublimità della méta porge esca all’universale
aspettazione. In
tal modo ci si circonda di mistero, e quello stesso arcano provoca l’altrui
venerazione. Ma
anche quando ci si scopre, si deve rifuggire dall’eccessiva semplicità; e allo
stesso modo nel tratto non si deve consentire a tutti l’accesso alla propria
intimità. Il
silenzio prudente e cauto è il santuario della saggezza. Una
risoluzione scelta apertamente non è mai stata tenuta in gran conto; anzi, si
offre alla censura altrui e, se avesse a riuscire infausta, sarebbe biasimevole
doppiamente.
Si
imiti dunque il mistero che circonda la provvidenza divina, e così faremo star
tutti allerta e nell’incertezza. 20) L’UOMO DALLA
PAZIENZA DI ASPETTARE
Il
sapere attendere presuppone un gran cuore e una ancor più grande pazienza. Non
bisogna mai affrettarsi né appassionarsi. Sé
uno riesce ad essere in primo luogo signore di sé stesso, lo
diverrà poi anche degli altri. Nel
trascorrer del tempo, bisogna sapersi indirizzare al centro dell’occasione. Il
prudente indugio ammannisce i successi e matura i segreti. La
stampella del tempo giova più ed è più efficace della clava ferrata di Ercole. Dio
stesso non punisce subito, e
il proverbio dice che non paga il sabato. Famoso
detto è questo: “Il
tempo è io valiamo per due”.
La
stessa fortuna premia la prudente attesa con la grandezza del guiderdone. 19) SAPER
RICONOSCERE CHE OGNUNO DI NOI ABBIA LA PROPRIA STELLA
Nessuno
è tanto derelitto da non avere la propria stella; e
se è sventurato, ciò accade perché non ha saputo riconoscerla. Alcuni
trovano buona accoglienza presso principi e potenti, senza
sapere né come né perché: è
stata semplicemente la loro sorte che ha reso possibile tanto favore; all’abilità
non rimarrà altro compito che quello di aiutare la sorte. Altri
si trovano a godere della simpatia dei saggi: qualcuno
si vide meglio accetto in una nazione che in un’altra, e
più ben visto in questa città che in quell’altra. Può
accadere che s’abbia più fortuna in un posto o in una carica che in un’altra, e
tutto ciò pur essendo uguali ed anzi addirittura identici i meriti. La
sorte mescola le carte quando e come vuole; ognuno
conosca il proprio gioco come deve conoscere le proprie capacità, perché
dalle carte che ha in mano dipende il guadagno o la perdita. Sappia
servirsene giocandosele bene, ma
non tenti di cambiarle;
non
farebbe che sviarsi dalla direzione del nord segnata dalla stella polare. 18) NON DOBBIAMO
COMPORTARCI MAI SECONDO LE INTENZIONI CHE NOI ATTRIBUIAMO ALL’AVVERSARIO
Lo
stolto non farà mai quel che pensa il saggio, perché
non sa distinguere ciò che gli conviene. E
se l’avversario è saggio, sarà peggio ancora, perché cercherà di smentire la
persuasione che vi siete fatti delle sue intenzioni, e
le previsioni conseguenti. Le
cose si debbono guardare da tutte e due le parti, e
ci si deve voltare di qua e di là, disponendoci
ad affrontare entrambe le eventualità. Le
sentenze son diverse: l’uomo
equilibrato deve star pronto non soltanto per quel che avverrà,
ma
per quel che potrebbe avvenire. 17) ESSERE GIUSTI E DECISI AD OGNI TEMPO Al
leone morto, persin le lepri tirano la criniera. Non
si può giocare con il valore; se
si cede al primo, bisognerà cedere anche al secondo, e così via, via
fino all’ultimo: si
finirà per superare tardi quella stessa difficoltà che sarebbe stato bene
vincere al primo colpo. La
risolutezza dell’animo val più di quella del corpo; è
come la spada, e
deve stare sempre inguainata nella sua saggezza, ma
pronta ad ogni occasione. È
la salvaguardia della persona. Fa
più male il declinare dell’animo che quello del corpo. Ebbero
doti eccelse molti che, per
mancanza di questa risolutezza, parvero
già morti da vivi e rimasero sepolti nella loro ignavia. Non
senza il volere della Provvidenza, la
natura sollecita sposò la dolcezza del miele all’acutezza del pungiglione, nell’ape. Se
nervi ed ossa abbiamo nel corpo,
neppur
l’animo deve essere tutto mollezza. 16)
ESSERE RIFLESSIVO È UNA DOTE
Far presto, ma far bene. Ciò che si fa istantaneamente, istantaneamente si disfa; ma ciò che deve durare per l’eternità, si deve tardare un’altra eternità a farlo. Non si tiene in conto che la perfezione, e soltanto ciò che riesce bene permane. L’intelletto che è veramente profondo s’acquista l’eternità. Ciò che molto vale costa molto, giacché anche fra i metalli il più prezioso è il più pesante e quel che più tarda a fondere.
15) CONTENERSI DA
SAGGI Non
ci si deve mostrare ugualmente destri con tutti, né
si debbono impiegar più forze di quelle che sono necessarie; non
s’hanno da sprecar il sapere, né il valore. Il
buon falconiere non lancia sulla preda un falco più robusto di quel che sia
necessario per coglierla. Né
si deve sempre mettere in mostra quel che si sa e si può, perché
il giorno dopo non si desta più la meraviglia di nessuno. Ci
deve esser sempre qualche novità da mettere in evidenza, perché
chi di giorno in giorno scopre qualche cosa di più, mantiene
sempre viva l’aspettazione, e mai gli altri riescono a scoprire dove finiscono le sue capacità. 14) TUTTE LE COSE
ANDREBBERO VENDUTE CON CORTESIA E GENTILEZZA In
tal modo ci si accaparra meglio la gratitudine. Ciò che l’interessato chiede sarà sempre nulla a petto del generoso dono di chi spontaneamente dà. La cortesia, la gentilezza non solo dà, ma suscita
riconoscenza, e una gentilezza ricevuta obbliga più di qualunque altra cosa a
ricambiare. Per
la persona dabbene non esiste cosa più cara di quella che gli si dà; e
così chi dà gentilmente, la vende due volte e ha due prezzi: quello
del valore e quello della cortesia. È
vero che per l’uomo meschino, ignorante, la cortesia è arabo addirittura,
perché non riuscirà mai a comprendere i termini del buon procedere.
13) PARLARE QUALCHE VOLTA IN MODO ORIGINALE E FUORI DAL COMUNE METTENDO IN LUCE LA VERITÀ
È
indice di capacità superiore. Non
s’ha da stimare chi mai ci fa opposizione, perché
ciò non è segno dell’amore che lui ci porta, ma
di quello che porta a sé stesso; non
ci lasciamo trarre inganno dall’adulazione, finendo
per ricompensarla, ma la dobbiamo condannare. Essere
oggetto della mormorazione di alcuni, si
deve considerare un segno di stima, soprattutto quando si tratta di coloro che
sogliono dir male di tutti i buoni, in particolar modo dei fratelli. Quando
le nostre parole e le nostre azioni piacciono a tutti, bisognerà
preoccuparsi, perché sarà indice che non sono buone:
la
perfezione, infatti può piacere soltanto a pochi. 12) SAPER
RICONOSCERE IL PIÚ GRANDE DEI PROPRI DIFETTI Nessuno
al mondo può vivere senza il contrappeso della sua qualità migliore; ma
se l’indole favorisce il difetto, questo s’impadronirà dell’uomo
tirannicamente. S’incominci
a fargli guerra, mettendo
ogni cura nel combatterlo apertamente; e
il primo passo sia quello di scoprirlo, giacché,
una volta riconosciuto, sarà
bell’e vinto, soprattutto se interessato se ne farà quello stesso concetto che
se ne fanno coloro che lo osservano. Per
essere veramente padroni di se, bisogna andare anche contro se stessi. Una
volta che si sia abbattuto questo creatore di imperfezioni, anch’esse saranno presto finite. 11) NON COLPIRE IN
MALO MODO I GUSTI ALTRUI Facendolo, si
infligge una pena invece di dare un piacere. Certuni
infastidiscono il prossimo proprio quando pensano di renderselo riconoscente, perché non son capaci di comprendere i caratteri. Ci
sono azioni che risultano lusinghiere per certuni, mentre
per altri suonano offesa; e
quello che s’intendeva fare per vantaggio altrui, diventa insulto. A
volta dare un dispiacere costa più di quanto sarebbe costato fare un favore: e
si perde la riconoscenza e il dono va perduto perché non si è cercato di agire, in
modo da riuscire graditi. Se
non si conosce l’altrui indole, difficilmente
si riuscirà a soddisfare colui che intendiamo beneficare; da
questo consegue che mentre qualcuno pensa di tessere un elogio, pronuncia
invece un vituperio: e
questo è castigo ben meritato da chi non sa regolarsi. Altri
pensano di interessare con lo sfoggio d’eloquenza, e invece tormentano l’anima altrui con la loro loquacità. 10) APRIRE GLI OCCHI
PER TEMPO
Non
tutti coloro che vedono hanno aperto gli occhi, e
non tutti coloro che guardano, vedono. Accorgersi
troppo tardi delle cose, non giova più, ed anzi rattrista; certuni
incominciano a vedere quando non ce n’è più motivo: prima
di farsi loro stessi, hanno disfatto le proprie case e le proprie cose. È
difficile dare intelletto a chi non ha volontà; ma
più difficile ancora è dare volontà a chi non ha intelletto; chi
sta loro intorno, li scarnisce come cechi, offrendo
motivo di riso a tutti gli altri; e
poiché sono sordi per udire, non aprono gli occhi per vedere. Ma
non mancano di quelli che fomentano questa sorta di insensibilità, perché
l’esser loro consiste unicamente nel non essere degli altri. Infelice è il cavallo, il cui padrone non ha occhi, perché non ingrasserà mai. 9) NON DIVIDERE
MAI UN SEGRETO CON CHI È PIÙ POTENTE
Si
crede di spartire pere e si spartiscono pietre. Molti
morirono per essere stati confidenti. Costoro
si possono paragonare a cucchiai fatti di pane Che
finiranno per essere mangiati anch’essi. Il
fatto che un principe comunichi un segreto, non
è un favore che si riceve, ma un tributo che si paga. Molti
infrangono lo specchio perché rammenta loro La
bruttezza che ha riflesso; non posson vedere chi li ha veduti; e
non è mai ben visto chi ha visto il male. Non
conviene troppo stretto nessuno, e tantomeno il potente. O,
se si vuol farlo, ciò potrà più facilmente avvenire grazie ai benefici fatti, che
non contando sui favori ricevuti. Sono
soprattutto pericolose le confidenze fatte tra amici. Chi
ha comunicato i suoi segreti ad un altro ne è divenuto lo schiavo; se
si ha poi che fare con sovrani, si tratta di una violenza che non può durar a
lungo. I
potenti anelano a redimere la propria libertà perduta, e
per raggiungere lo scopo si metteranno sotto i piedi ogni cosa, perfino
la ragione. Perciò i segreti non s’hanno né da dire né da ascoltare. 8) È SAGGIO
SAPERSI RISPARMIARE I DISPIACERI È
proficuo atto di saggezza evitare i dispiaceri. E
la prudenza ne evita molti: essa
è la LUCE della prosperità e per conseguenza della contentezza. Le
notizie odiose, si cerchi di non darle e meno ancora di riceverle: si
deve chiuder loro ogni ingresso, quando non si dia adito contemporaneamente al
rimedio. A
certuni si consuman le orecchie a forza di ascoltare la gran dolcezza delle
adulazioni; ad
altri a forza di udire amarezze e mormorazioni; e
c’è infine chi non sa vivere senza un pochino di quotidiana afflizione, allo
stesso modo che Mitriade non poteva stare senza veleno. E
non è neppure il modo migliore di mantenersi bene, il volersi procurare un
dispiacere eterno per arrecare ad altri piacere per una sola volta, anche
quando si tratti della persona più intrinseca. Non
si deve mai peccare contro la propria felicità per compiacere chi ci consiglia
ma si tiene poi alla larga dalle conseguenze; e
in ogni occasione, sempre che vengano ad accompagnarsi il desiderio di far
piacere ad un altro e la necessità di procurare a se stessi un dolore, si
scelga la via più conveniente: è meglio che l’altro abbia ora un dispiacere, purché non tocchi poi a te soffrirlo senza rimedio. 7) COMPORTAMENTI
SAGGI Certuni
nascono prudenti; entrano nella vita con questo vantaggio dell’intuizione
connaturata nella saggezza, e in tal modo si trovano già a metà strada per
raggiungere il successo. Con l’età e con la esperienza, la ragione giunge a perfetta maturità, e anche il
giudizio diviene assai moderato. Aborriscono
ogni capriccio, come vana tentazione per la saggezza, e per questo soprattutto
in materia di Stato, laddove per la somma importanza delle decisioni di
richiede la più completa garanzia. Costoro meritano di stare al timone, o come consiglieri, o come esecutori. 6) LA MATURITA' E'
dote, questa, che risplende all'esterno, ma più ancora nei costumi di chi la
possiede. Il
peso materiale rende prezioso l'oro, e quello morale la persona: è
qualità che aggiunge decoro a tutte le altre doti, e procura venerazione. La
compostezza d'un uomo è come la facciata della sua anima. E
non si tratta di una stoltezza che non s'abbandona a troppe smancerie, come
vorrebbe che fosse la leggerezza, ma d'una autorità che s'impone con estrema
gravità; parla
per via di sentenze, e ha successo quando agisce. Presuppone
un uomo perfetto, perché la maturità corrisponde in tutto alla perfezione; e l'uomo, quando cessa d'esser bambino, incomincia ad assumere responsabilità e serietà. 5) SANTO, SAPIENTE E SAGGIO La virtù è catena di tutte le perfezioni, è
centro di tutte le felicità: essa fa l’uomo prudente, attento, sagace, saggio,
sapiente, valoroso, sereno, integro, felice, lodevole, veritiero e universale
eroe. Tre
sono le cose che rendono beati: santo, sapiente e saggio. La
virtù è il sole del mondo interiore ed ha come emisfero la buona coscienza; è
così bella che attira l’amore di Dio e della gente. Non
c’è che una cosa amabile, la virtù; e una sola da aborrire è il vizio. La virtù
è l’unica cosa che conta davvero tutto il resto è nulla. La
capacità e la grandezza si debbono misurare alla stregua della virtù e non
della fortuna. La virtù basta a se stessa: finché l’uomo è vivo, lo rende amabile, e quando è morto, lo renderà immortale. 4) NON
CONFONDERSI MAI CON GLI SCHIOCCHI Sciocco è chi non sa riconoscer gli sciocchi, ma più ancora chi, dopo averli riconosciuti, non li allontana dalla sua strada. Son
già pericolosi per chi li tratta superficialmente, ma divengono addirittura
esiziali per chi li ammette nella propria confidenza. E
per quanto la loro stessa cautela e l’altrui accortezza riescano a trattenerli
per qualche tempo, alla perfine commettono la sciocchezza o la dicono; e quanto
più tardano, tanto più solenne essa riesce. Mal
può giovare all’altrui credito chi non ne ha di proprio. Son
la gente più infelice del mondo, perché l’infelicità è come il soprosso della
stoltezza, e l’una chiama l’altra. Solo una qualità essi posseggono non del tutto cattiva, ed è che, mentre gli uomini saggi non possono esser d’alcuna utilità per loro, essi sono di gran giovamento ai saggi, giacché servon loro d’informazione o di esempio da evitare. 3) PAROLE FINI E CARATTERE DOLCE Se gli strali trafiggono il corpo, le cattive parole trapassano l'anima. Una buona pasta per i denti profuma la bocca; gran sottigliezza della vita è saper vender l'aria. La maggior parte delle cose si può pagar con parole, e le parole bastano a liberarci da situazioni che parevano impossibili; si discute col vento nel vento, e un alito superiore giova assai ad animare. Si deve aver sempre la bocca piena di zucchero per confettar parole che risultino gradite agli stessi nemici. L'unico mezzo per esser amabile consiste nell'esser dolce. 2) LASCIARE FAME DI SE NEGLI ALTRI
Anche se il cibo è nettare, bisogna che ne rimanga il desiderio sulle labbra. Il desiderio dà l’esatta misura della stima. Perfino la sete materiale sarà opportuno stuzzicarla, ma non spegnerla poi del tutto: ciò che è buono, se è poco, riesce doppiamente buono. Ogni cosa scade di molto quando se ne usa per la seconda volta. Pericolose sono soprattutto le scorpacciate di soddisfazione, perché sono foriere di disprezzo anche per le cose più durevolmente eccellenti. Una sola è la regola per farsi apprezzare: prendere all’amo l’aspetto stuzzicato, usando come esca la fame che ancora ha. Se in qualche modo si deve irritarlo, è preferibile che ciò avvenga per l’impazienza del desiderio, che non per la stanchezza del godimento. Si gusta doppiamente la felicità faticata. 1) |
LA DIMENSIONE TRASCENDENTE È IL CULTO DIVINO.Dove finisce il materialismo, può iniziare anche la consapevolezza della dimensione trascendente.
Non si viene al mondo consapevolmente spirituali, ma esseri misti, tutti noi, eccetto rarissimi casi, apprendiamo prima lentamente ad orientarci in questo mondo materiale, scoprendo solo dopo con il tempo, e grazie anche all’esperienza, i tesori più grandi che portiamo nella bisaccia sin dalla nascita. Tutti siamo stati bambini, adolescenti e poi adulti; in tenera età abbiamo tutti indossato le ali della fantasia, almeno fino a che le docce fredde della vita non ne hanno consumato quella trama sottilissima, che rendeva speciali le nostre percezioni. Crediamo allora di essere approdati, per il solo peso degli anni, sul terreno solido della ragione, in un mondo fatto di certezze, rispondente alla legge di causa-effetto; pensiamo allora di essere divenuti “grandi”, al sicuro da imprevisti. Ma è davvero così? Oppure alla prima onda poco più alta di noi navighiamo di nuovo a vista? Chi non ha avuto almeno una volta nella vita, anche se solo per un attimo, la sensazione di avere reso, per presunzione, più spessa la scorza che ci separa dal frutto della consapevolezza delle realtà ultime, allontanandoci dalla nostra meta finale? Le scoperte materiali ci hanno davvero portato a vivere in comunione con tutto ciò che ci circonda? Oppure ci siamo confinati in un mondo limitato e grossolano, del tutto periferico rispetto al cuore delle nostre aspettative? Crisi di identità, angoscia e depressione, diffuse oggi più che mai insieme al moltiplicarsi spaventoso di disturbi psicologici e di malattie neurologiche, non sono forse il segno che in questo mondo materiale non abbiamo il cibo sufficientemente ricco per la nostra mente? La nostra anima non aspira forse piuttosto a rivedere quella luce perduta, oscurata dalla nostra stessa ombra, ingigantitasi indefinitamente sotto l’influenza di una mentalità miope, frutto di una visione del mondo distorta e deviante? Alcuni di noi non hanno mai smesso di lasciarsi trasportare dai sensi e sentimenti materiali, e consentono al moltiplicarsi delle sensazioni di impazzare senza direzione nella loro vita, ignorando i caratteri incisi con chiarezza nel loro destino; altri passano la loro vita a sfuggire agli eventi, aspettando che gli cadano addosso in nome di una necessità cieca ed inesorabile; solo in pochi, prendono in mano il proprio destino, affinando Volontà ed Intelletto, con l’aiuto della Provvidenza, che come la Fortuna, sostiene nell’ audace cammino verso la realizzazione della meta trascendente. Sebbene sommersi dalle preoccupazioni dei tempi difficili che corrono, quanti conservano ancora memoria del fine della vita umana, e ne danno testimonianza con le loro azioni! Il primo passo nel cammino spirituale è rendere grazie all’AMORE che permea il TUTTO e nello stesso tempo ringraziarlo con Preghiere per averci posto accanto, per il nostro aiuto, tutti gli Esseri Divini Universali. “Esseri comandati di venire in nostro soccorso e correzione, obbligati per il nostro Bene, a lasciare l’esistenza contemplativa delle Verità eterne, e divenire reggitori di questo Universo e del destino del nostro mondo, cangiante secondo le espressioni mutevoli della Luna.” “Questi Esseri Cosmici, appartengono a Dio, vanno considerati parte dell’Essere Unico, in quanto dimorano di grado in grado intorno alla circonferenza del Tutto, PARTECIPANDO AI PENSIERI ED AI POTERI DELLA “LUCE CREATIVA D’AMORE”. “Dalla Grande Misericordia, sono stati mandati presso di noi e sono stati fatti Signori del Mondo e del nostro destino, per il Bene ultimo; il male su questa terra deriva dal loro oscuramento, conseguenza delle contingenze materiali da cui noi, in quanto esseri promiscui, senza la Preghiera, ci lasciamo facilmente soggiogare.” “Occorre amare tutti gli Esseri Divini, rendendo il culto Loro dovuto, a mezzo della Preghiera, perché da Loro deriva ogni Bene, come ogni Scienza possibile.” “Divenire simili a Loro non significa essere un dio, ma piuttosto abbracciare le proprie limitazioni di fronte all’inesauribilità del Mistero delle Realtà Ultime, al di là di ogni condizione umana, fino all’Abisso Infinito di una Sola Cosa.” “Riconoscere agli Esseri Divini il culto Loro proprio, è Vera Sapienza, sorgente unica di tutte le scienze passate e future, segno autentico di Progresso per ogni Civiltà, che con la Preghiera, dà agli Stessi il senso della Regalità per cui sono stati posti in nostro aiuto.” Dare all’Invisibile, il nome del TUTTO, Principio e Fine di ogni cosa, riconoscere che ESSO solo è l’Infinito, è il solo modo che abbiamo di dare testimonianza del Mistero insondabile del Suo Essere Universale. Meravigliose sono le Opere che l’uomo può compiere, a partire da questa umile terra, accendendo in sé il lume della Preghiera, per restituire l’Amore Grande che ogni giorno riceviamo in dono. Il rifiuto di questo scambio d’Amore in cui consiste la Preghiera, comporta la negazione della dimensione trascendente dell’Essere umano, così facendo e pensando l’uomo nega infatti a sé stesso di attingere alla fonte vitale dell’Energia cosmica, quell’Olio Santo, che nutre la fiamma viva del cuore orante, e risponde direttamente ad ogni nostra domanda, disperdendo ogni male; il rifiuto di tale Infinita Grazia, getta l’uomo in balia della propria natura sensibile inferiore, ferina, in cui domina la mancanza, la divisione e la distruzione, ed il cui signore (che aleggia ora in questo mondo) porta i nomi della disperazione e desolazione senza fine. Riprendiamo il nostro cammino dove lo abbiamo interrotto, restiamo fedeli al sentiero percorso già dai nostri Maestri spirituali, che come Padri ci hanno dato l’esempio in ogni tempo ed ancora oggi non mancano in ogni nazione; seppure nascostamente, a causa dell’epoca che viviamo, essi continuano ad indicare la via mostrandosi a coloro che, animati di Fede sincera, ne fanno richiesta e non solo nel segreto del proprio cuore. Un Maestro autentico è una guida indispensabile, il suo esempio scioglie in un baleno, il labirinto di anni di faticose e assurde ricerche su sé stessi. Avventurarsi nella ricerca ermetica senza un Maestro esperto, comporta il rischio molto alto dell’annichilimento o dell’autoesaltazione, frutto delle negazioni, o dell’estensione sconsiderata, della propria individualità. La vicinanza di un Maestro ermetista spirituale ci rigenera sin dalle radici del nostro essere, egli solo può mostrarci con la sua vita esemplare, i copiosi frutti della Preghiera, sorgente d’acqua viva che sgorga spontanea da un cuore del tutto purificato. La Tradizione ermetico spirituale è la diritta via, il “filo d’oro” teso per far risuonare d’Amore Universale, un Cuore umano in perfetto equilibro. LA DIMENSIONE SPIRITUALE È IL CULTO DIVINO, l’adorazione continua e stabile, impossibile da realizzare pienamente su questa Terra, ma che un giorno sarà ricca delle primizie elargiteci in abbondanza, a testimonianza vera dell’INFINITO AMORE che riceviamo sin d’ora continuamente.
Fr+ Serio
DAL LIBRO I FONDAMENTI SPIRITUALI DELLA VITA DEL FILOSOFO VLADIMIR S. SOLOVIEVDAL
LIBRO I FONDAMENTI SPIRITUALI DELLA VITA DEL FILOSOFO VLADIMIR S. SOLOVIEV (edizioni
LIPA Roma 1998 - pagg. 37 e 39) Riportiamo di seguito alcuni brani
scritti dal filosofo Vladimir S. Soloviev (Mosca 1853-1900) sul tema, a noi
caro, della “Preghiera”. Speriamo di fare cosa gradita,
invitando, a meditare sulle parole di Soloviev, tutti gli ermetisti ed i
lettori appassionati che seguono con affetto sincero il nostro blog sulla
tradizione ermetica kremmerziana. Sulla scia della pubblicazione del
Testamento spirituale di Salvatore Mergè, Maestro e fondatore della nostra
Accademia ermetica, ultimo discepolo del Maestro Giuliano Kremmerz, siamo certi
che le riflessioni di Soloviev sulla Preghiera e sul desiderio del BENE,
possano contribuire ad un approccio autenticamente spirituale alla tradizione
ermetica; riteniamo infatti che quello spirituale, sia l’unico approccio che
consenta di penetrare, in spirito di Verità, nei misteri dell’ermetismo, e
partire alla conquista dei segreti, che al pari di meravigliosi diademi, sono
stati donati da uomini di luce, all’Umanità, per il suo riscatto dalla
schiavitù del male, insito nella natura mista della stessa costituzione umana. Le parole di Soloviev, risuonano oggi
ai nostri orecchi, dure come pietre, ma i nostri cuori, per quanto immersi
nella mentalità dominante odierna, individualista e materialista, non possono
non provare al loro cospetto, un sussulto di Gioia, riconoscendo il Sommo Bene
che le ha ispirate. Non esiste volontà buona senza Dio, perché Dio è il Bene
dell’umanità. Sono le parole del PADRE NOSTRO che
hanno guidato il filosofo russo nello scrivere il testo da cui sono state
estratte; mentre siamo assorti nella lettura, a quelle parole la nostra
meditazione deve di continuo mirare, non perdendo mai di vista l’unica Volontà
che possiede in sé anche ogni BENE, il vero Signore del Mondo, IL PANTOCRATORE,
in nome del quale soltanto è giusto auspicare la riunificazione di tutti i
cristiani, e non solo.
_____________
DELLA
PREGHIERA Quando abbiamo provato
nel cuore un'avversione verso il male, che domina nel mondo e in noi stessi;
quando ci siamo sforzati di combattere questo male, e per esperienza ci siamo
convinti dell'impotenza della nostra buona volontà, allora sorge per noi la necessità
morale di cercare un'altra volontà, tale che non solo voglia il bene, ma anche
lo possegga e per conseguenza possa comunicare anche a noi la forza del bene.
Una tale volontà esiste, e prima che noi la rintracciamo, essa stessa ci ha già
trovati. Essa rivela sé stessa alla nostra anima con la fede e ci unisce con sé
nella preghiera. Crediamo nel bene, ma
sappiamo che in noi stessi il bene non c’è. Perciò dobbiamo rivolgerci al bene
esistente, dobbiamo dare a lui la nostra volontà, offrirgli una vittima
spirituale, cioè noi dobbiamo rivolgergli la nostra preghiera. Colui che non
prega, cioè che non unisce la sua volontà alla volontà suprema, allora o non
crede in questa volontà suprema, non crede nel bene, oppure considera se stesso
possessore assoluto del bene, e la sua volontà come perfetta e onnipotente. Non
credere nel bene equivale è la morte spirituale, e credere in sé stessi come
sorgente del bene è follia. Credere nella fonte divina del bene, e pregarla,
dandogli la propria volontà in tutto, è vera sapienza ed è il principio della
perfezione morale. Se veramente vogliamo una
vita libera e perfetta, siamo tenuti a affidarci e darci a Colui che può
liberarci dal male, e darci la forza del bene, a Colui che in eterno possiede
la libertà e la perfezione. Infatti la nostra anima è
solamente capace di essere libera e perfetta, ma in sé stessa non possiede né
libertà né perfezione, ha in sé unicamente la potenzialità per l'una e per
l'altra. Questa possibilità verginale della nostra anima può divenire in noi la
madre di una nuova vita felice. Per questo, cioè per la nascita reale di una
nuova vita è necessaria l'azione di quello che in sé possiede un principio
attivo creatore, o germe di questa nuova vita. La capacità divina di questa
nostra anima, per non restare infeconda, ma divenire la madre (mater-materia)
di una nuova vita spirituale che possa liberamente agire e creare, deve darsi
al suo liberatore e signore, al Padre della nuova vita. Perciò il primo atto
della fede, il primo atto della nuova vita spirituale, nella quale Dio agisce
insieme con l'uomo, è la preghiera. La fede senza opere è
morta, e la preghiera è la prima opera e il principio di ogni vera azione.
Credendo in Dio, noi dobbiamo credere che in Lui si trova tutto il bene
pienamente e perfettamente, altrimenti egli non sarebbe Dio. E se tutto il bene
realmente è in Dio, ne segue che da noi stessi non siamo in grado di compiere
alcuna azione buona e vera: noi possiamo unicamente non opporci al bene o alla
grazia che viene dall'alto, e con questa non opposizione, con questo consenso
alla grazia, cooperare con essa. La grazia ci volge verso Dio, ed in ciò è
riposta l'essenza della preghiera, che è già in certo qual modo un’opera vera e
buona. Per essa noi agiamo in Dio, e Dio opera in noi. Questo è già il principio
di una nuova vita spirituale.
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Cosa
significa desiderare Dio?
Quando noi nella nostra
vita naturale desideriamo qualcosa per noi stessi, questo desiderio può essere
di tre tipi: o noi desideriamo che qualcosa che ancora non esiste venga alla
luce (come per esempio i genitori desiderano la nascita dei figli, gli artisti
desiderano produrre le loro opere); oppure desideriamo che qualcosa di
esistente, che non ci appartiene, diventi di nostra proprietà, o che la
riceviamo come nostra (tali sono tutti i desideri dell'egoismo); o, infine, noi
desideriamo cambiare ciò che è in noi o negli altri (tali sono tutti i desideri
di miglioramento o perfezionamento). È chiaro che nessuno di questi desideri si
applica a Dio in sé stesso, ma ognuno di essi si applica a Lui nelle sue
relazioni con noi. Non possiamo desiderare Dio per noi come un oggetto
qualsiasi: noi non possiamo desiderare che qualcosa di nuovo si compia in Dio
stesso, essere perfettissimo, nel quale già tutto è perfetto: ma noi dobbiamo
desiderare la nostra perfezione nell'unione con Dio. Dio è eterno in sé
stesso, ma noi dobbiamo desiderare che Egli cominci ad esistere per noi.
Infatti, finché noi viviamo per la nostra volontà e per quella del mondo, Dio è
per noi come se non esistesse. Dio è l'essere
Pantocratore, in sé tutto racchiude, e noi stessi apparteniamo a Lui. Ma noi
dobbiamo appartenere a lui non solo in virtù della sua signoria, ma anche in
nome della sua divina perfezione, per Lui stesso, come bene supremo, come unico
bene; noi dobbiamo appartenergli liberamente e spontaneamente. Dio è immutabile in sé,
ma noi dobbiamo desiderare che Egli si muti per noi, vale a dire che noi ci
mutiamo in modo conforme a Lui. Così da secoli eterni il sole immutabile riceve
nuova forza per il cieco che riacquista la luce, perché il cieco si muta e
riceve nuova forza, divenendo lui stesso un ricettacolo di luce. Perciò, desiderando Dio,
noi dobbiamo desiderare, in primo luogo ch'Egli si riveli a noi, e ci dica il
suo nome: vale a dire che ci comunichi l'idea mediante la quale noi Lo
conosciamo, e distinguiamo Lui da un altro essere. In secondo luogo, conoscendo
Dio, noi dobbiamo realmente accettare la sua rivelazione e confessare il suo
nome, perché è possibile, pur conoscendo Dio, non glorificarlo come tale (Rom.,
I, 21); ed in terzo luogo, conoscendo e confessandolo come tale, noi dobbiamo
divenire conformi a Lui, affinché il suo nome sia santificato in noi: noi
abbiamo già pregato, quando abbiamo detto: “Sia santificato il tuo nome”. Ma se realmente
desideriamo ciò, dobbiamo desiderare che Dio regni non solo nell'intimo del
nostro cuore, ma anche in modo visibile; questo si avvererà quando non solo le
singole anime ma tutte le creature si abbandoneranno nelle mani di Dio e
formeranno realmente il suo regno. Un regno di Dio di tal fatta non esiste
tuttora, ma credendo in Dio, noi speriamo nel trionfo dell'opera di Dio nel
mondo. Noi preghiamo per questo visibile universale regno di Dio, quando
diciamo: “venga il tuo regno!”. APPENDICE AL TESTAMENTO SPIRITUALE DI SALVATORE MERGÈ SULL’ "ALCHIMIA MATERIALE"Nel corso del secolo scorso molti insegnamenti ermetici, alchemici e spirituali del Maestro Giuliano Kremmerz, sono stati interpretati in modo quanto meno fantasioso, per non dire grottesco, da parte di scrittori e maestri autoproclamatisi tali. Come ciò possa essere accaduto è da spiegarsi, in linea di principio, soltanto con la mancanza delle necessarie qualificazioni iniziatiche dei tanti cosiddetti neo-kremmerziani; di questi ultimi, infatti, nessuno fece mai parte della rosa ristrettissima dei rari discepoli diretti di Giuliano Kremmerz né tanto meno fu discepolo di un discepolo diretto del Maestro Kremmerz; i cosiddetti neokremmerziani si professano “seguaci” di Giuliano Kremmerz, in un modo del tutto personale, si autoproclamano maestri ed interpreti unici degli insegnamenti kremmerziani, travisando il senso di scritti, acquisiti qua e là, spulciando tra vecchie carte in biblioteche e studi privati. La confusione cosi creata intorno alla figura del Maestro Giuliano Kremmerz, per il solo gusto della prevaricazione, purtroppo perdura ancora oggi, tra mille equivoci, provocando molte irrimediabili e dannose incomprensioni; a tutto ciò si va ad aggiungere una schiera di sedicenti ermetisti, che, pur non avendo mai conosciuto né Giuliano Kremmerz né alcun suo diretto discepolo, ciò nonostante si ritengono autorizzati a reinterpretarne gli insegnamenti iniziatici, autoinvestendosi di fantomatici poteri supremi, ricevuti da personaggi “occulti” di pura invenzione, o addirittura in “astrale”. Quanto grande può diventare la fantasia! Come ci si può incamminare lungo la strada che ci separa dal VERO, ignorando che per percorrerla occorre innanzitutto tanta Umiltà, restando, nel breve tempo di una vita umana, sempre e comunque incolmabile una distanza infinita? “Per noi ermetisti kremmerziani – diceva Salvatore Mergè, discepolo diretto di Giuliano Kremmerz e fondatore della nostra Schola - le qualificazioni indispensabili per essere ammessi alle prove di un percorso difficile, pieno di sacrifici, qual è la via ermetica, non possono che essere una fede salda in Dio ed una vocazione spirituale straordinaria; non intendiamo con ciò in nessun modo confondere l’ermetismo kremmerziano con lo spiritualismo, né con il neospiritualismo odierno; l’anelito dello spirito umano di abbracciare il mistero dell’ESSERE UNICO, comporta una prospettiva che non è conciliabile in nessun modo con il desiderio di divenire succube di fenomeni particolari, di qualsiasi genere essi siano, interpretati erroneamente come “illuminazioni.” “La via ermetica spirituale è l’applicazione dei principi di una scienza tramandata da millenni con precisione, fatta di tappe definite da conquistare attivamente e gradualmente, in cui il ricercatore non deve divenire il soggetto di fenomeni casuali, e che non riesce a spiegarsi, dovendogli essere chiaro, sin da principio, il suo obbiettivo finale, la realizzazione spirituale divenuta stabile.” Le diverse interpretazioni materiali dell’alchimia, cui sono giunti numerosi raffazzonati maestri del secolo scorso, purtroppo anche del presente, possono comunque essere ricondotte, ad una radice unica, quella dell’individualismo sensazionalistico dilagato ovunque, per orgoglio ed avidità, di esperienze sensoriali forti e non solo. “L’istinto della vita, in quanto energia intrinseca nel corpo umano, è riconducibile al movimento che ci ha generati nel peccato, esso non può che condannarci alla prigionia della cieca materialità, nella quale esclusivamente esercita il suo specifico raggio di azione.” “Liberare questa energia intrinseca dal corpo umano, è un sogno che colpisce oggi più che mai la fantasia eccitata degli uomini, le invenzioni e le pratiche teorizzate a questo scopo, sono divenute via via più numerose e sottili, esse appaiono ai nostri occhi di natura così discutibile da sembrarci sinistre; queste pratiche a nostro avviso, bene rappresentano la tendenza alla dissoluzione, ed auto distruzione, dilagata ovunque, segni di una civiltà in fase finale critica di disfacimento.” “I governi nazionali di mezzo mondo, e le maggiori organizzazioni internazionali, sono stati privati di ogni credo in Dio, divenuti simulacri vuoti, risuonano confusamente, facendo eco al fragore dell’individualismo ed al desiderio della sopraffazione.” In nome di una pace non vera, si gettano rami di ulivo sul fuoco, che continua così a devastare terre e nazioni, invece di spegnerlo, attingendo alla fonte inesauribile della Sapienza di Dio che è Amore infinito. Possibile che arrivati a questo punto abbiamo ancora timore di convertirci? Vogliamo forse aspettare di convertirci per la Grande Paura? Quanto è infinitamente più colpevole l’uomo, che, lasciato libero da Dio di scegliere, persegue il male deliberatamente, volgendo le spalle al Bene! “Ci preoccupiamo di non rattristare i nostri compagni di viaggio, di godere insieme di questo mondo, mentre ferire il nostro Dio, Eterno Padre, non è più un problema per molti, possiamo permetterci persino di ignorare il Suo Giudizio e Lui stesso!” “È in atto, da tempo, il tentativo di sostituire ovunque la fede in Dio, ed il culto spirituale divino con ideologie umanitarie e atee, talvolta astruse, corredate di pratiche quanto meno particolari; nessuna di queste raffinate elucubrazioni, tanto mentali quanto materiali, può in nessun caso condurre, in linea di principio, alla realizzazione spirituale, che, anche se minima, comporta comunque l’intervento di un elemento non umano, soprannaturale”; dimostrazione di ciò sono i numerosi racconti di tanti “autorevoli adepti” che, disillusi da anni di suddette pratiche, al fianco di esaltati, atteggiati a maestri, hanno recuperato a fatica anche solo una vita materiale ordinaria, con i rimorsi di una vita negativa trascorsa. “Molti maestri kremmerziani, autoproclamatisi tali, soltanto in teoria aderenti ad “alcuni degli insegnamenti” ermetici kremmerziani, se oggi potessero parlare, senza far crollare tutto il castello di sabbia che hanno costruito intorno a sé dal nulla, definirebbero essi stessi le loro personali ideologie, elaborazioni mentali di esperienze individuali, frutto di mera invenzione, comunque in nessun modo riconducibili agli insegnamenti del Maestro Giuliano Kremmerz, né tanto meno alla Tradizione ermetica spirituale, che nessuno di loro ha mai veramente avuto voglia di approfondire né ha mai capito.” “Molti insistono nel promettere, a nome di Giuliano Kremmerz, effetti miracolosi da pratiche tanto assurde, quanto innaturali, confondendo l’estensione indefinita della condizione mentale umana, per la VERITÀ ASSOLUTA.” ETERNITÀ, INFINITO, sono attributi che si danno solo all’ ASSOLUTO, essi non indicano in nessun modo il tempo e lo spazio, solo apparentemente illimitati. Tutti costoro in un modo o nell’altro non fanno che assecondare l’ingannevole e lucifera credenza, mai tramontata, di divenire noi stessi il nostro Dio; c’è persino chi “D’io” arriva in momenti di estrema autoesaltazione, perdendo il contatto con la realtà, a scriverlo addirittura con l’apostrofo. Ci domandiamo se è rimasto loro ancora un piccolo barlume di vera e pura umanità, per accorgersi di cosa sono divenuti succubi. “Bisogna capire che il corpo odia la preghiera, esso è di impedimento alla generazione spirituale, studiarsi di eccitare le energie proprie del corpo, con pratiche particolari, ha come effetto sicuro soltanto quello di ingigantire la coscienza intrinseca corporea, ovvero l’istinto materiale, fino ad abbagliarne il cervello; la perseveranza in pratiche assurde ed innaturali espone soltanto al rischio di squilibri più o meno gravi nella persona, e nella peggiore delle ipotesi, potrebbe condurre a stati irrazionali, inferiori alla condizione propriamente umana. Non dimentichiamo mai che la Conoscenza con la “C” maiuscola inizia dal Cuore, soltanto l’Amore libera da ogni ostacolo, l’Intelligenza del Bene.” “Con quale gusto della sopraffazione si persevera nello scrivere libri e articoli, per diffondere pratiche stravaganti, ridicole, grottesche e perfino dannose, in nome di Giuliano Kremmerz, rivolte ad ignari malcapitati, il cui unico difetto è di essere alle prime armi, indifesi, ed impreparati a fronteggiare le trappole tese da sedicenti maestri di cose materiali?” La vera pratica ermetica, che ci è stata trasmessa dal nostro maestro Salvatore Mergè, ed a lui insegnata direttamente da Giuliano Kremmerz, - ci dispiace qui deludere gli aspiranti occultisti, che ci leggono in cerca dei segreti inconfessabili di Pulcinella, - consiste nel favorire il giusto equilibrio nell’individuo, attraverso l’esercizio libero e volontario del Bene, con la preghiera attiva, quotidiana, che anima lo Spirito. “Se solo non fossimo cosi presuntuosi e pieni di noi stessi, in nome di una cieca idea di progresso, da ritenere i nostri antenati dei “fratelli minori”, ci sarebbe sufficiente guardarci indietro e recuperare le loro leggi, i loro consigli e divieti, tramandati di generazione in generazione fino a noi, che rappresentiamo - ahimè!, l’ultimo anello di una catena di ignoranza e di errori umani.” “Amare il prossimo come noi stessi, mediante buone azioni ed abitudini virtuose, senza mai ferire alcuno con parole e comportamenti offensivi, diffamatori, questa è la “pratica yoga”, trasmessa a noi attraverso la Tradizione ermetica, base solida indispensabile ad ogni sviluppo spirituale, che possa dirsi propriamente tale, queste sono le fondamenta di una abitazione sicura, costruita, come dice il Vangelo, sopra una pietra angolare solida”. Pontefici, papesse, di ogni genere, si circondano sempre di uno stuolo di anime deboli, credulone, amano questi, infatti, essere incensati, si sentono grandi, in un mondo ristretto, fatto di individui ridotti a loro immagine e somiglianza; se non è prevaricazione questa, c’è da domandarsi allora, cosa è la prevaricazione? Non è forse prevaricazione forzare il diritto divino, di ciascuno di noi, ad esercitare nel bene e nel male il libero arbitrio, dono divino inalienabile? “L’AMORE è Sapienza e viceversa, Amore puro, sincero, per la luce della CONOSCENZA e della VERITÀ, senza di esso non si procede di un passo nella ricerca spirituale ed ermetica.” Dio creò a mezzo della Parola, e della Parola fece dono agli uomini, perché a loro tempo Lo invocassero, questo è il culto spirituale divino, l’unico che riconosciamo come tale, tramandato non solo dall’ermetismo kremmerziano, a chi segue dalla nascita una vita spirituale, fatta di tanta preghiera e di Amore Infinito per il TUTTO-UNO.
“Tutte le frasi evidenziate in rosso tra virgolette fanno parte degli scritti del testamento spirituale di Salvatore Mergè discepolo diretto di Giuliano Kremmerz” PREGHIERA A MARIASalve o Maria, Madre di Misericordia, Tu che hai dato al mondo l’Autore della vita, illumina il nostro cammino verso il Cielo.
Santissima Madre, donaci una vita nuova, perdona tutte le nostre debolezze, sii sempre la nostra Protettrice.
Ora ti imploriamo Madre Santa accoglici sotto il Tuo Santo manto affinché purificati, possiamo godere uniti a Tuo Figlio, della Sua immensa Gloria.
scritta dal Maestro della Schola Renato de Angelis |
LISTA ARTICOLI
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- LA DIMENSIONE TRASCENDENTE È IL CULTO DIVINO.
- DAL LIBRO I FONDAMENTI SPIRITUALI DELLA VITA DEL FILOSOFO VLADIMIR S. SOLOVIEV
- APPENDICE AL TESTAMENTO SPIRITUALE DI SALVATORE MERGÈ SULL’ "ALCHIMIA MATERIALE"
- PREGHIERA A MARIA
- LE MOTIVAZIONI CHE INDUSSERO GIULIANO KREMMERZ A ESCLUDERE I MASSONI DALLA NASCENTE E FUTURA FR+ TM+ DI MYRIAM.
- GALILEO ALL'INFERNO
- CONSIDERAZIONI FRATERNE
- IL VIAGGIO DI DANTE ALLA LUCE DEI RIMANDI ASTRONOMICI
- UN PENSIERO DI RINGRAZIAMENTO PER IL TESTAMENTO SPIRTUALE DEL M° SALVATORE MERGÉ
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