IL PENSIERO![]() Il
pensatore – Rodin Come
consigliatoci dal Kremmerz, iniziamo la nostra indagine sul pensiero
curiosando sulla sua etimologia. Pensiero è un termine che deriva dal latino pensum (participio
del verbo pendere: "pesare"). Pondus
= peso, pensare = pesare, e porta discorsivamente alla ponderazione, alla
misura (mensura, da mens, la mente, legato a mensis,
il mese, e quindi alla luna, che
non dà luce propria, ma riflessa, la riflessione). Che cosa ci dice la scienza? Nelle neuroscienze, cioè dal punto di vista fisico-biologico, il pensiero
è considerato un'attività di elaborazione delle informazioni a partire dalle
percezioni
sensoriali, e
quindi dell'esperienza vissuta dal soggetto da parte della mente
stessa intesa come attività del cervello. Chissà quante volte vi sarete sentiti nello stesso stato de “Il pensatore” di Rodin! Percepire i propri pensieri che come uno sciame di farfalle vengono attratte dalla luce della vostra mente.
Nella
ricerca del nosce te ipsum, quando capita a me e sono “cosciente
dell'attimo presente”, nei miei limiti, cerco di analizzarne il fenomeno. Noi “pitagorici”,
come ci ha insegnato il Kremmerz, dobbiamo
cavare la teoria dalla pratica e non viceversa. Io mi
sveglio pensando e con la collaborazione dei sensi non smetto di farlo coscientemente
sino all'attimo prima di addormentarmi. A tale proposito, il Kremmerz ci consiglia di scegliere bene l'ultimo pensiero prima di addormentarci poiché esso ci accompagnerà durante la notte. Quando inseguo un pensiero per cercare di risalire all'organo che lo ha originato (per la scienza è il cervello), tale operazione mi risulta assai ardua e sfuggente, forse perché in quel momento, l'unica cosa certa è l'effetto-pensiero ed esso è di materia “sottile”. Se l'effetto, però, è di natura “sottile”, la causa necessariamente non può che avere la stessa natura. Poi, poiché credo che ogni organo sia generato da una funzione, sua “matrice”, ed ogni effetto sia generato da una causa, cerco, seguendo una sorta di filo d'Arianna luminoso e solare, di sortire dalla luce cangiante e lunare del labirinto del cervello. In sintesi, come tramandatoci dagli antichi saggi, cerco di seguire il linguaggio del cuore. Kremmerz direbbe: “Noi ci sentiamo uno. Bisogna compiere uno sforzo atletico per arrivare a sentire in noi un quid diverso dal corpo, che chiamiamo mente”. Io, l'effetto-pensiero non lo percepisco in nessun'altra parte del mio corpo se non nella testa o, vista l'eccellenza di questa funzione, nel “capo”. A volte mi è capitato di pensare, e non a cuor leggero: Chi sarei io e come sarebbe la mia vita se un giorno non percepissi più il mio pensiero? Continuando le mie riflessioni noto che l'effetto-pensiero è accompagnato da una serie di curiosità, spunti utili per approfondirne la conoscenza. Lo percepisco come se fosse la mia voce, nella mia lingua o in altre da me conosciute, aleggia tra le parole di qualsiasi scritto traducendone le lettere in linguaggio di senso compiuto (anche in questo testo, mentre lo sto scrivendo), su un paesaggio, su una qualsiasi immagine, simbolo, ricordo di luoghi e persone, assumendo addirittura colori, musica e la specifica voce dei protagonisti. Alcune volte, in modo naturale e non voluto, ho percepito e verificato il pensiero di persone, vicine o lontane, a me care.
La
definirei un'interazione con l'immaginazione e la fantasia in stato di veglia,
un po' come accade nello stato onirico con i sogni. Scrive
il Kremmerz: “Quando dormi e sogni, le tue immagini le vedi
luminose. Eppure manca il sole e quella non è né luce solare, né elettrica, ma eterea
o astrale”. Il Maestro
in questo caso mi direbbe: “Da dove viene il suono della voce del tuo pensiero,
la luce dei paesaggi, i colori, e la musica che solo tu percepisci”? Quando
prima accennavo ad un'origine o, più correttamente, a un effetto-pensiero, mi
riferivo al ricordo di questa, per me utile, analogia del Papus
in merito al corpo e allo spirito umano: “- Corpo - Cervello = Telegrafo
- Spirito - Forza Vitale = Telegrafista”.
Il Telegrafo,
pertanto, è solo lo strumento per trasmettere i messaggi, mentre il Telegrafista
ne è l'ideatore. La Luna-Cervello (Telegrafo) non brilla di luce propria ma riflette quella del Sole-Spirito (Telegrafista). A
supporto di quanto sopra, il Dottore in Medicina Jerome A.
Anderson nel
suo libro “L'anima umana e la rincarnazione” scrive: “Il materialismo, che per tanto tempo ha guardato l'universo attraverso a lenti materiali, è divenuto cieco ai colori spirituali. Esso confonde inoltre la condizione del pensare con la causa del pensiero; ed erroneamente prende il cervello fisico, che è lo strumento per mezzo del quale l'operatore al di là di esso trasmette i messaggi di pensiero, per il creatore di ciò che semplicemente trasmette. E' precisamente come se un contadino sostenesse che nello strumento ricevitore di un telegramma si trovasse la sorgente unica della notizia che apporta”. In
riferimento alla suddetta analogia del Papus, proviamo a fare una riflessione: Chi l’ha detto che i pensieri nascano nel cervello? La scienza neurologica. E con quali prove? Ad esempio che le diverse aree del cervello mostrano attività crescente all’insorgere di determinati pensieri. O che, cervelli danneggiati, sembrano impossibilitati ad effettuare determinati tipi di attività mentale. Lo stesso sembra valere per i sentimenti, tanto che alcuni luminari pretendono di dimostrare che sentimenti quali l’amore, per esempio, altro non sarebbero che una serie di processi chimici, che avvengono nella nostra scatola cranica. Questo vorrebbe dire che, con la morte del corpo fisico e dunque la cessazione delle attività cerebrali, l’individuo non sarebbe più in grado di avere un vissuto né mentale, né sentimentale. Il che nega apertamente l’idea, antica quanto l’uomo, che la coscienza possa in qualche modo sopravvivere alla morte. Eppure, come contraddire la scienza attuale con tutti i suoi autorevoli esperimenti? Forse basterebbe riconsiderare il problema, cambiando la prospettiva. Immaginate per un attimo che non sia l’attività cerebrale a dare origine al pensiero, bensì, al contrario, che sia il pensiero a dare origine all’attività cerebrale. Immaginate che non siano le terminazioni nervose – e quant’altro si muove nella nostra testa – a darci una consapevolezza, bensì che la nostra consapevolezza stimoli e faccia muovere il nostro cervello… Questa idea, senza essere in contrasto con i test neurologici, ribalta completamente la visione che abbiamo dell’encefalo: da organo attivo, come causa di un vissuto psicologico, a “decoder” passivo, interprete di tali processi sottili. Se fosse il cervello a generare il pensiero, dovremmo chiederci come può la materia (in questo caso la materia cerebrale) originare l’astratto (come lo sono i pensieri e i sentimenti). In natura, il simile genera il simile. Come possono degli atomi, delle molecole, delle sostanze, mescolarsi in tal modo da formare qualcosa che sfugge totalmente dalla concretezza, come lo è il vissuto psichico di una persona? Il fatto che il nostro cervello abbia delle reazioni a particolari attività mentali, non dovrebbe stupirci: non sarebbe l’unico organo del nostro corpo a farlo. Il cuore, ad esempio: il suo battito aumenta repentinamente all’insorgere di determinati pensieri. I polmoni: il respiro può farsi affannoso o disteso e rilassato, a seconda del vissuto emotivo. Lo stesso accade all’apparato digerente, che risente della rilassatezza o dell’agitazione emotiva; a quello riproduttivo, che reagisce agli stimoli erotici anche immaginari, ecc. Tutto il nostro corpo risente di ciò che la nostra coscienza vive, e lo manifesta in moltissimi modi. Ma il fatto che il cuore si metta a battere più forte se pensiamo ad una persona che amiamo o, al contrario, a qualcosa che ci fa paura, non significa che è il nostro cuore a generare amore e paura! Come non sono i polmoni a generare la causa dell’affanno! Perché, allora, proprio il cervello dovrebbe essere responsabile dei pensieri? In sintesi, questa riflessione ci
suggerisce, a conferma della suddetta analogia del Papus, che potremmo concepire il cervello come l’organo fisico
(telegrafo) che permette la comunicazione del pensiero (telegrafista) con il
nostro corpo. Oggetto di
un'ulteriore riflessione potrebbe essere che se è il pensiero ad agire
sull’encefalo e non il contrario, questo “pensiero” potrebbe non essere
qualcosa che ha origine dall’individuo, bensì qualcosa di esistente,
indipendentemente da esso....
Nel suo scritto “La costituzione
dell'uomo”, l'ermetista miriamica AB-BA (Laetitia Abbaticòla) riporta: “Lo spirito o mente dirige tutto
l'organismo; ha il punto di appoggio o centro di azione nel cervello materiale
e si serve del sistema nervoso per trasmettere i suoi ordini agli altri corpi”.
A
questo proposito ricordo che il Kremmerz considera l'uomo come un
essere contenente i quattro elementi dell'universo e ci sintetizza la sua
spiegazione dei quattro corpi che costituiscono l'uomo. 1) un corpo sensibile o saturniano,
composto di carne, ossa, tessuti cornei; tale corpo mangia, beve, dorme, si
rinnova, si riproduce; 2) una emanazione più sottile o corpo lunare,
emanante dal primo, composto di nervi, centri nervosi, cervello;
vive dalla fonte del primo, come la luna della luce del sole; 3) una più completa individualità che emana dalle due più gravi e
costituisce l'uomo mentale. Questo è il corpo mercuriale,
alato al capo ed ai piedi, a contatto con l'io superiore; 4) un principio luminoso, intellettivo, corpo
solare, che partecipa della vita universale. Il filosofo francese Cartesio, al secolo René Descartes, vissuto tra il 1596 e il 1650, per primo cercò di costruire un sistema di pensiero autonomo, indipendente da criteri teologici e trascendenti. Fu in un tale mutamento di prospettiva che si inserì la riflessione del “Ego cogito, ergo sum, sive existo“. Che, tradotto dal latino, suona come: “Io penso, dunque sono, ovvero esisto”. Per Cartesio, il Cogito diventa garanzia autosufficiente dell'esistenza, cioè della realtà. Mentre per i neoplatonici il fatto di pensare significava "essere" nell'idea, o venirne posseduti, per Cartesio ora pensare significa "avere" delle idee. Per Cartesio hanno valore soltanto quei pensieri di cui si ha coscienza, e che sono definiti in forma chiara e oggettiva. Egli proponeva così un tipo di pensiero che si pone esternamente rispetto all'oggetto della sua indagine, dissolvendo l'unità immediata di soggetto e oggetto: nella ricerca della verità, cioè, il soggetto non risultava più coinvolto.
Quel “penso” cartesiano, ora,
potrebbe essere inteso proprio come la nostra complessa attività cerebrale,
quel prodotto
evolutivo della specie umana, che ci
permette di essere qualcosa di più della somma delle nostre parti. Cartesio ci
era andato vicino, nonostante la mancanza di tecnologia e i trecento anni che
ci separano, ma se, come sostengono le neuroscienze cognitive, provassimo a ribaltare
il paradigma “cogito ergo sum”, affermando: “sum ergo cogito”,
probabilmente questo acquisirebbe una connotazione più reale, dal momento che è
la conformazione del nostro essere a rendere possibile il nostro pensiero, e
non il contrario. Salvatore Mergè (Eliah Elis), testimone e memore degli insegnamenti ricevuti dal Maestro Kremmerz, ha scritto nel suo “L'Arte di divenire simile agli Dei”: “L'intelligenza è il fenomeno più eccelso dello stato vibratorio
del meccanismo psichico, e può differire in intensità ermetica di sottigliezza
sublime, ma il pensiero forza,
psicodinamico, è identico nello stato di percezione delle idee e nella
iperchimica delle reazioni nei meccanismi organici. Chi ha definito il pensiero
come un risultato chimico e chi ha investigato la
nascita oscura dell'intelligenza percettiva, comparativa e immaginativa nel
laboratorio intercerebrale? Due proposizioni diventeranno assiomi
universalmente ammessi: 1) Il pensiero
(meccanismo pensante), in un corpo umano, ha azione illimitata su tutti gli
organi e gli elementi organici costituenti il proprio singolo individuo. 2) Ammessa la precedente proposizione, qualunque pensiero
(meccanismo pensante) in uno stato di simpatia o di amore, può diventare un
coefficiente potenziale di un meccanismo psichico armonico di un suo simile. Queste due proposizioni non sono campate in aria:
sono praticamente controllabili in ognuno di noi e tra due o più di noi, se
siamo in armonia di pensiero. Il pensiero è talmente tutto il nostro singolo essere, per quanto ogni sensazione periferica (cioè che proviene dalle estremità sensorie), può arrivando ai centri, essere modificata”. Scrive il Kremmerz: “Il nostro organismo si compone di quattro corpi. La sede del pensiero è il terzo, Mercurio”.
Sempre il Kremmerz, così ne scriveva: “Il Pensiero è definito dai
vecchi filosofi come un esercizio dell'intelletto, ma che cosa è
l'intelletto e che cosa è questo esercizio? Non definiamolo; limitiamoci a
constatare che si pensa in base a immagini sensorie, a sensazioni di ogni
genere, collegate, seguite e messe a confronto e paragonate. Ora, se le
impressioni variano in due apparecchi meccanici, le differenze son più
sensibili e più profonde da uomo a uomo quando per mezzo dell'udito, del tatto,
della vista e dell'odorato, portano al cervello una determinata impressione. Esso è di tre
categorie: 1° - quello
dell'uomo così com'è, frutto del suo complesso essenziale
storico, della educazione del suo
spirito, del suo organismo, delle sue sensazioni precedenti riposte nel suo incosciente, e di idee rievocate; 2° - quello
per scambio di idee, suggestione per ciò che si è sentito dire,
risultato del nostro contatto con la
folla; 3° - quello elementare (il divino) cioè
dell'essenza natura: il Nume che parla o lancia idee e forme di idee, parole articolate e idee complesse. Il pensiero
psichicamente inteso è una forza, un potere in sé e per sé, che agisce sulle
cose vicine, sulle più lontane, sulle lontanissime. Il pensiero umano,
indeterminato moto dell'anima ermetica o astrale dell'individuo-uomo, è
compenetrante tutte le cose in cui si fissa in vibrazione d'amore. Basta che lo spirito si elevi, come profumo da
igneo fornello, dalla finalità della vita terrestre alla contemplazione ed alla
penetrazione dell'Infinito esistente, e l'ascosa faccia del Dio trasformatore
si manifesta in lui e per lui. E' l'essere cioè
tutto ciò che è, che fu, che sarà. Tutto il visibile, l'invisibile,
l'immaginabile. Il pensiero non cessa di vivere come immagine morta o pensiero vivo; esso è il germe di tutte le forme che dà vita alla ricomposizione degli organismi o forme determinate. Per cui il pensiero è forza o anima sopravvivente alle forme corporee”. In sintesi se Cartesio diceva: “Cogito ergo sum, cioè Penso, quindi sono”, noi ermetisti diciamo: “Sum ergo cogito, cioè Sono, quindi penso”.... Serpente – Ser-pens – Pens-ser – Pensiero Pensiero – Mercurio – Caduceo – Serpente Dua-Kheti Bibliografia: L'anima
umana e la rincarnazione – Jerome A. Anderson Cervello
e pensiero – un'ipotesi - Sebastiano B. Brocchi. Il pensiero nell'età
moderna - wikipedia “Sum ergo cogito” - Le neuroscienze e il nuovo “penso” - Daniele Nugnes |
E NON CI INDUCA IN TENTAZIONE“Non ci indurre
in tentazione”. Da più di settant’anni, fin da quando ero ragazzino rifletto su
questa invocazione della preghiera che Cristo stesso ci ha lasciato. So di essere in ottima compagnia, tanti veri cuori nella fede e nell’Amore di Dio si sono affannati a pensare al problema. Ma io ora voglio dire il mio pensiero: l’idea che Dio ci induca in tentazione è una bestemmia vera e propria ed è venuto il momento di dirlo senza troppi giri di parole. Ho visto in
televisione che per Papa Francesco questa è: “una traduzione non buona”,
perché a indurre in tentazione non può essere Dio ma Satana. E infatti Sua
Santità aggiunge che anche i francesi hanno cambiato il testo con una
traduzione “non mi lasci cadere nella
tentazione” e – continua – “sono io a
cadere, ma non è lui che mi butta alla tentazione per poi vedere come sono
caduto. No, un padre non fa questo, un padre aiuta ad alzarsi subito. Quello
che ti induce alla tentazione è Satana, quello è l’ufficio di Satana”1. Già in
precedenza Papa Benedetto XVI aveva fatto notare che “Le parole di questa domanda sono di scandalo per molti: Dio non ci
induce certo in tentazione!” infatti il versetto per l’attuale Papa Emerito
va inteso come: “So che ho bisogno di
prove affinché la mia natura si purifichi. Se tu decidi di sottopormi a queste
prove, se – come nel caso di Giobbe – dai un po’ di mano libera al Maligno,
allora pensa, per favore, alla misura limitata delle mie forze. Non credermi
troppo capace. Non tracciare troppo ampi i confini entro i quali posso essere
tentato, e siimi vicino con la tua mano protettrice quando la prova diventa
troppo ardua per me”2. Seguiamo quindi
ciò che scrive San Giacomo: “Nessuno,
quando è tentato, dica: «Sono tentato da Dio»; perché Dio non può essere
tentato dal male e non tenta nessuno al male”3. E ascoltiamo ciò
che dice San Paolo nella prima Lettera ai Corinzi: “Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze,
ma con la tentazione vi darà anche la via d’uscita e la forza per sopportarla”4. Alla fine l’unico tentatore resta sempre quello che
non va neanche nominato. Una cosa sola è certa: Dio non è il tentatore! Che Dio lasci o
meno che quel qualcuno ci induca in tentazione è questione esegetica e
teologica. Già Adamo ed Eva ebbero a che fare con questo tentatore. Forse
(neanche troppo forse) Dio lascia che il tentatore agisca per rispetto del
libero arbitrio di cui ci ha fatto dono. Ma il fatto è che non è certamente Lui
a tentarci. È l’altro, è l’avversario, l’ostacolatore, il traviatore, quello
che ci porta lontani dal nostro progetto esistenziale, dalla nostra missione
spirituale. Eppure, il testo
sembra dire proprio questo e da secoli si consumano centinaia di pagine per
contenere le diverse opinioni anche le più alte ed eminenti. Quanto sarebbe
tutto più semplice se il versetto recitasse: “ et ne nos inducat in tentationem” cioè “ e non ci induca
(l’avversario) in tentazione”. Ma ahimè non è così. Come possiamo
allora in una riflessione d’Amore, nella nostra imperfezione intellettiva
riuscire a cogliere il senso di questo passaggio così controverso, nella
preghiera più bella che possediamo? Ho sempre
pensato che il più grande trucco dell’ostacolatore, l’ingannatore, il
calunniatore (questo significa etimologicamente “diavolo”)5 è quello
di confonderci, portando tutti in giro dietro la questione sbagliata, seminando
zizzania e costruendo torri di Babele per raggirarci e portarci fuori dal punto
o meglio per portarci (indurci!) nella direzione sbagliata. Chi sia ad indurci
in tentazione dunque è fuori discussione ma allora perché questo passaggio così
problematico nella preghiera lasciataci e insegnataci proprio dal Maestro?
Verrebbe da chiedergli: “Rabbì, perché?” Forse ci stiamo ponendo la domanda nel modo sbagliato, forse la questione che dovremmo porci è che cosa vuol dire, che significa tentazione. Forse è da li che si comprende il vero inganno. “E [Eis peirasmòn]” in greco, “in tentationem” in latino, “in tentazione” in italiano. Già in italiano sarebbe più corretto dire “nella tentazione” visto che noi gli articoli ce li abbiamo; e poi perché diamo per scontato che la traduzione di [peirasmòs]” greco sia per forza “tentazione” e non più semplicemente “prova, esperimento, esperienza”? Già, perché se
la traduzione fosse “prova” qualsiasi persona capace di parlare un po’ di
italiano penserebbe ad una locuzione usatissima: “mettere alla prova”. Allora
suonerebbe decisamente meglio: “e non metterci alla prova (tanto lo sai bene
che cadiamo, visto che lo facciamo magistralmente dal tempo di Adamo ed Eva) ma
liberaci dal male”. Dio non tenta,
mai! Però lascia che veniamo messi alla prova, per questo ci ha dotati del
libero arbitrio. Si, noi scegliamo e, come diceva San Paolo, scegliamo spesso
il male pur volendo il Bene6 e lo facciamo a causa della nostra
imperfezione in quanto, seguendo Sant’Agostino, il male è solo privazione del
Bene7. Il Signore
quindi ci dice: “Scegli tu il bene, impara a discriminare, individua il punto
dove si trova l’esatta soluzione” ma noi a nostra volta, sapendo quanto siamo
fallaci, vogliamo chiedere al Padre: “non metterci affatto alla prova, anzi
liberaci definitivamente dal male, dall’errore, dal tentatore stesso”. Il sommo Dante, che nel XI canto del Purgatorio tradusse nelle sue terzine il Padre Nostro, usò queste parole: “non spermentar con l’antico avversaro”. Sperimentare quindi tentare, provare, ma tentare non nel senso di creare una tentazione, una seduzione bensì di fare un esperimento, appunto “mettere alla prova”. Se pensiamo all’episodio di Abramo e di Isacco o alle mille volte in cui Cristo chiede se abbiamo o meno fede perché è questa a salvarci e lui ci lascia liberi di scegliere pur lasciandoci mettere alla prova. Ed è dalle conseguenze di questa prova che si vede ciò che l’uomo è e quanto vale. Basti prendere l’esempio di Pietro e Giuda, entrambi traditori ma con esiti e conseguenze molto diverse, rispetto allo sbaglio commesso nella prova più difficile. L’uno sceglierà la via del perdono da parte del Padre Celeste e su di lui si costruirà la Chiesa, l’altro si autocondannerà alla morte più atroce e senza ritorno.Con il Padre Nostro, noi riprendiamo il contatto col divino che abbiamo dentro. Perciò, come abbiamo detto sopra, sarebbe magnifico poter chiedere al Padre che l’antico avversario non ci inducesse affatto in tentazione ma che Lui ci liberasse definitivamente dal male. Così, nel nostro errare quotidiano, diventeremmo tutti un po’ più Pietro e meno Giuda. 21/03/2019 Renato de Angelis 1Settima puntata di “Padre Nostro”
programma in onda su Tv2000 2J. Ratzinger Papa Benedetto XVI
“Gesù di Nazareth. Dal Battesimo alla Trasfigurazione”, Milano, BUR 2007 3Giac 1,13 41 Cor 10,13 5Diavolo:
dal greco [diabàllo] indica colui che pone l’ostacolo, che separa, che
pone frattura, che mette di traverso, è l’ingannatore, il calunniatore, il
tentatore. Diavolo è colui che separa la mente razionale dal progetto divino
scritto nella nostra anima. 6Rm
7,19: “Non enim, quod volo bonum, facio,
sed, quod nolo malum, hoc ago” 7Agostino, Confessioni, VII, 12,18 LETTERA A S.S. PAPA FRANCESCOLettera indirizzata a Papa
Francesco del 16/04/2019
Di
seguito trovate, per conoscenza, la lettera che ho scritto, firmato ed inviato
a S.S. Papa Francesco il giorno 16 aprile scorso a mezzo email del Vaticano e
di Radio Maria. Sebbene
non abbia io ad oggi ancora ricevuto alcuna risposta scritta, tuttavia posso
ritenere che Sua Santità o chi per lui l’abbia invece non solo ricevuta ma
anche letta con la dovuta attenzione almeno prima dell’ultima udienza generale
del 1 maggio scorso (https://m.youtube.com/watch?v=7KycGk-MASA). Io
Renato De Angelis a nome di tutti i fratelli e sorelle della nostra Scuola, ringrazio
S.S. Papa Francesco del messaggio che in data 1 maggio ha voluto rivolgere per
il Bene di tutti i cristiani. “Ti rendo
grazie, Signore, con tutto il cuore: hai ascoltato le parole della mia bocca.”
(salmo 137)
A Sua Santità Papa Francesco
Santità, mi chiamo Renato De Angelis, mi
avvicino a compiere 82 anni ed è nato in me il desiderio di dare voce a un
pensiero che mi accompagna da sempre, da quando giovanissimo ho iniziato a
pregare. Sono il Preside della Scuola Filosofica
di Teurgia Ermetica “Salvatore Mergé” legata tradizionalmente al pensiero ermetico
miriamico di Giuliano Kremmerz. La nostra Scuola, con umiltà ma anche con
deciso coraggio, dalle sue origini propugna il valore fondamentale dell’Amore e
della ricerca del Dio unico che attraverso il messaggio e la testimonianza del
Cristo ci viene trasmesso per opera dello Spirito Santo e si discosta, pur nel
rispetto di tutte le opinioni, da presuntuosi agnosticismi o cammini pseudo mistici
di altre affiliazioni. A differenza di tanti, troppi, altri
ermetisti che non hanno coscienza del valore universale cristiano, noi siamo in
un cammino di preghiera che nasce dal credo cattolico. La Chiesa per noi è
Cattolica Apostolica Romana. Certamente, il nostro rituale di preghiera,
costante e quotidiano, utilizza più spesso la formula degli antichi salmi che
quella della liturgia tradizionale, ogni nostra giornata infatti comincia
recitando il Salmo 90 per l’aiuto e la protezione divina. Tuttavia, ci accomunano
la pratica quotidiana, il bisogno della luce del Signore, la consapevolezza del
sacrificio del Cristo, la coscienza della discesa dello Spirito e l’Amore
infinito per la Vergine Maria che noi chiamiamo anche col
suo nome ebraico Myriam. Per questo motivo, tutti i giorni preghiamo per la
guarigione di quei sofferenti nel corpo e nello spirito che si rivolgono a noi
e che più hanno bisogno di sostegno, un sostegno fornito incessantemente e
disinteressatamente per Amore verso Dio e verso la Vita. Il mio adorato zio, Salvatore Mergé, a
cui è intitolata la nostra Scuola, mi insegnò fin da piccolo il valore
essenziale della preghiera quotidiana e, oltre a trasmettermi la responsabilità
verso la Scuola e i fratelli, mi ha introdotto alle più belle e liriche
preghiere che rendono più umana la vita di ciascuno di noi: il Padre Nostro,
l’Ave Maria e, per lui fondamentale, il Gloria al Padre. Santità, per questo motivo, con
deferenza, rispetto e umiltà devota, mi permetto di inviarLe il mio pensiero sul
versetto del Padre Nostro più discusso e sul quale Lei stesso si è anche
pronunciato, ispirando ulteriormente il mio pensiero. Ho scritto e pubblicato anche sul nostro
sito (www.scuolaermetica.it) questa lettera che allego, sperando di stimolare in
chi vorrà leggerla la riflessione sulla magnificenza e sulla potenza salvifica del
Padre Nostro, sull’urgenza di recitarlo costantemente e sulla necessità di dare
più chiarezza alla Parola che disseta l’anima. Sperando di farle cosa gradita
inviandoLe questa mia, come figlio, fratello e sincero fedele, Le porgo ogni
ringraziamento per il tempo che vorrà dedicare ad ascoltare la mia umile
riflessione. Prego per Sua Santità, per la nostra Chiesa e per l’evoluzione
dell’Umanità come ho sempre fatto ogni giorno da quando ero solo un bambino. Renato De Angelis MISURARE IL TEMPO IN CHIESA CON IL SOLEDeterminazione dell’ora attraverso il passaggio della luce solare da un foro stenopeico nella Pieve di S. Stefano in Pane di Rifredi (Firenze). Da sempre le chiese sono state eccezionali strumenti di misura del tempo grazie ai loro allineamenti geografici e grazie alla loro stazza imponente. L’orientamento geografico delle chiese e la loro mole hanno permesso per secoli di fare determinazioni del passaggio degli astri, in particolare del Sole, con ragguardevole precisione. L’edificio della chiesa è stato largamente impiegato come luogo di culto ma anche di osservazione astronomica, vista l'importanza liturgica evidenziata anche da John Heilbron (1) nel suo libro. Le chiese che hanno rivestito il duplice scopo di luogo di culto e di indagine astrometrica sono state utilizzate in tempi passati, prima che la moderna strumentazione soppiantasse la loro precisione. ![]() Figura 1: Pianta e spaccato della basilica di S. Maria del Fiore (Firenze) Per limitarci alla nostra città, Firenze, le chiese protagoniste in tal senso sono la cattedrale di Santa Maria del Fiore (Duomo di Firenze), con la bronzina di Paolo dal Pozzo Toscanelli posta alla base della lanterna (Fig.1), la chiesa di S. Maria Novella con la miriade di fori gnomonici realizzati da Egnatio Danti(2), il Battistero, la chiesa di S. Miniato al Monte, come ha recentemente evidenziato Simone Bartolini(3). Al giorno d'oggi le chiese come eccezionali camere oscure, con le quali effettuare valutazioni di carattere geo-astronomico, hanno perso attendibilità perché altri strumenti, più sofisticati, sono capaci di determinare con precisione assolutamente superiore gli istanti di transito di un astro, per lo più del sole. Tuttavia, nel fedele che si sofferma in raccoglimento a pregare, ancora oggi il fascino di un raggio solare che penetra da una fessura, da una finestra illuminando la pala d'altare, una formella o che semplicemente proietta la sua immagine su una nuda parete, è come allora ricco di un fascino irresistibile. Dall’esperienza di uno degli autori, riportata in fondo all’articolo, abbiamo deciso di verificare con i calcoli astronomici quanto ancora sia possibile utilizzare una chiesa per la misurazione della posizione del sole.La Chiesa La Pieve di S. Stefano in Pane si trova nel quartiere di Rifredi, un tempo in aperta campagna, oggi assorbita nella cinta periferica della città di Firenze, nella zona di nord-ovest, ai piedi del monte Morello. Il quartiere discende dalla denominazione alternativa di Rio Freddo con cui viene chiamato il Terzolle, il torrente che lo attraversa. La chiesa è inserita nel complesso denominato “Madonnina del Grappa” fondato nel secondo dopoguerra da don Giulio Facibeni, la cui statua bronzea accoglie i fedeli all’ingresso della chiesa. ![]() Figura 2: la Pieve di S. Stefano in Pane vista da via delle Panche La pieve è attestata con certezza già dal X secolo ma è probabile che il primo edificio si debba far risalire al periodo paleocristiano, ipotesi avvalorata anche dalla dedica al primo martire della cristianità. L’aggiunta de “in Pane” nella denominazione potrebbe provenire dall’unità di misura romana degli appezzamenti di terreno, detta “panoro”, su cui era edificata la chiesa, oppure dai relativamente estesi campi di frumento posti tutto intorno, o ancora dalla presenza di un forno nei paraggi, infine dalla posizione leggermente elevata della pieve. Figura 3: il loggiato della pieve che accoglie i fedeli prima dell'ingresso in chiesa L’attuale sistemazione è il frutto delle varie opere di ristrutturazione che si sono succedute fino alla fine del secolo scorso. L’interno è costituito da tre navate; a dividere quella centrale dalle laterali ci sono quattro arcate per parte, due a sesto acuto nella prima parte antica, rivolte verso l’ingresso e due a tutto sesto nella parte più moderna; un’ultima arcata, anch’essa a tutto sesto, è posta sopra l’altare maggiore dove cessano le navate laterali e la copertura è assicurata da una cupola a vela. La luce proviene da cinque grandi finestre con vetri dipinti posti lungo la navata destra. Poiché quella centrale ha un’altezza considerevolmente maggiore di quelle laterali, lungo le sue pareti sopra il tetto delle navate laterali c’è ancora tanto spazio per sistemare delle finestre, due per ogni arcata, strette e lunghe, parzialmente incavate che culminano con un arco a tutto sesto. Da una di esse, per la precisione dalla seconda a partire dall’abside, è penetrato il raggio di luce che ha dato il via alla nostra indagine. L’Evento
Figura 4a: particolare della navata sinistra dove si è verificato l'evento Figura 4b: particolare della navata destra da dove è penetrato il raggio solare Nel mese di ottobre, nel giorno 31 ottobre 2012, appena passate le ore 10:25 si è osservata l’immagine del sole, con le nuvole in movimento, proiettata sulla parete laterale Nord. La luce era proveniente da una finestra, parzialmente ostruita, posta nella parte superiore della navata centrale, lato opposto (Sud). Nelle due ore osservate il sole proiettato si è spostato fino oltre la porta (vedi foto 4(4)) per poi sfumare nel nulla. L’evento si è ripetuto nei giorni successivi. Le Misure Presi dalla curiosità di accertare con raffronti numerici l’evento, abbiamo ottenuto l’accesso alla chiesa dal Priore don Marco Nesti, armati di metro laser digitale e di carta e penna (nonché di una buona dose di curiosità) ed abbiamo eseguito con perizia i rilievi necessari. Abbiamo quindi misurato la distanza tra la parete Nord e la perpendicolare della parete verticale su cui è inserita la finestra (L1) e, con l’utilizzo di traguardi statici di fortuna, l’altezza rispetto al suolo del foro della finestra dal quale proveniva il raggio di luce, con l’utilizzo di traguardi statici di fortuna, l’altezza rispetto al suolo del foro della finestra dal quale proveniva il raggio di luce (H1). Dai rilievi si ricava che: · L1 = (1074,0 ± 0,1) cm · H1 = (901,0 ± 0,6) cm · L2 = (342,0 ± 0,1) cm · H2 = (177,0 ± 0,1) cm · H3 = (20,0 ± 2,0) cm L’incertezza su L1 ed L2 è unicamente imputabile allo scarto strumentale valutato dal costruttore in cm 0,1 su 10.000, mentre all’incertezza su H1 si deve aggiungere anche lo scarto degli strumenti di fortuna utilizzati nel corso delle misure non potendo raggiungere fisicamente la finestra. L’incertezza su H3 oltre ai motivi già esposti ha l’aggravante della difficoltà nel misurare da terra la profondità dell’infisso non potendo puntare il misuratore sul foro, troppo luminoso per il riscontro visivo. H2 è invece soggetto all’unica incertezza strumentale(5). Da cui si deduce H attraverso la formula: H = H1 - H2 - H3; H = (901,0 ± 0,6) cm - (177,0 ± 0,1) cm - (20,0 ± 2,0) cm = (704 ± 3) cm Possiamo calcolare quindi la misura effettiva (R) che percorre il raggio luminoso dal foro al muro di proiezione: Da una stima visiva si ipotizza un diametro (F) del foro di entrata della luce compreso fra 4 e 8 cm, pertanto il rapporto fra la dimensione del foro di entrata (che assumiamo pari a F = 6 cm) e la lunghezza del raggio luminoso (R) è uguale a circa: cioè il raggio luminoso compie una traiettoria di ben oltre 200 volte la dimensione del foro, il che giustifica ampiamente l’approssimazione stenopeica del fenomeno. Anche nelle condizioni estreme di un foro ampio circa 8 cm la traiettoria sarebbe sempre superiore a 150 volte l’apertura. Quindi le misure effettuate, se mai ce ne fosse stato bisogno, comprovano che l’immagine proiettata sulla parete è effettivamente l’immagine del sole e non una semplice chiazza di luce. Infatti l’autore racconta di avere visto il transito delle nuvole sul disco del sole; una semplice chiazza di luce non è capace di proiettare ciò che avviene all’esterno. Se non si fosse trattato di un foro stenopeico in occasione del passaggio delle nuvole si avrebbe avuto semplicemente un affievolimento della luminosità. Determinazione dell’azimut (A) e dell’altezza del Sole (h) Ci occupiamo innanzitutto del calcolo dell’azimut del sole e per fare questo dobbiamo calcolare l’orientamento della Chiesa (?) rispetto ai punti cardinali e del raggio di luce in riferimento alle pareti della costruzione (?). Per l’orientamento cardinale della chiesa utilizziamo Google Earth e rileviamo i valori di longitudine e latitudine di x e y : x (lato entrata chiesa) = 43°48’3,07’’ N, 11°14’26,66” E y (lato altare) = 43°48’3,00” N, 11°14’28,08” E ![]() Otteniamo quindi la differenza di latitudine pari a 0,07” e di longitudine pari a 1,42”. Da ciò di deduce che l’asse longitudinale dell’edificio è orientato a EST-OVEST con un piccolo scarto verso NORD lato ingresso chiesa. Dopo aver corretto la differenza di longitudine per il coseno della latitudine del luogo abbiamo ottenuto uno scarto di dove, nella formula, (Delta Phi) rappresenta la differenza di latitudine tra i due punti, mentre (Delta Lambda) la differenza di longitudine e (cos Phi) il coseno della latitudine del luogo. Figura 5: foto aerea della pieve e delle strutture immediatamente adiacenti ad essa Nell’analisi degli errori che segue prendiamo come incertezze il centesimo di secondo d’arco per ciascun punto. Come riprova abbiamo voluto determinare le dimensioni della chiesa, partendo dalle differenze riscontrate di latitudine e longitudine, confrontandole con quelle rilevabili mediante lo strumento di misura delle distanze tra i due punti presenti su Google Earth. Le misure hanno confermato una coerenza nell’ambito di qualche centimetro.
La determinazione di (?) si ottiene calcolando l’arcotangente del rapporto tra L2 ed L1, ottenendo ?=17,66° Per il calcolo dell’azimut del punto dove è proiettata la figura del sole occorre quindi eseguire la differenza tra ? e ?, poiché lo scarto della posizione della chiesa è rivolto verso Nord, mentre l’orientamento del raggio luminoso (rispetto alla parete di proiezione) è rivolto verso Sud. Il sole si trova oltre la parete opposta pertanto il suo azimut (A) sarà dato dal supplementare di tale differenza. Pertanto: Con i valori delle incertezze sopra dichiarati per le determinazioni delle latitudini e longitudini dei punti x e y otteniamo un errore su ? pari a 0,9° e con le incertezze di L1 e L2 un errore su ? di 20”. Pertanto il valore finale di azimut del Sole risulta essere: L’altezza del sole (h) si ottiene calcolando l’arcotangente del rapporto fra l’altezza (H) e la proiezione del raggio (R) solare sul pavimento della chiesa. Per calcolare l’incertezza su h utilizziamo le formule delle derivate parziali fatte rispetto ad H ed R, Quindi: h = 27,9° ± 0,1° Con l’utilizzo di un simulatore della volta stellata confrontiamo i dati calcolati, relativi alla posizione del Sole, con quelli espressi da Stellarium(6)(vedi figura 6) selezionando la data, l’ora ed il luogo dell’evento, prendendo in esame l’azimut e l’altezza apparenti. Figura 6: riproduzione della configurazione celeste al momento dell'osservazione (immagine realizzata con Stellarium) Esso fornisce per il Sole: Az/Alt: +155°04'16"/+28°25'17" (apparenti) che espressi in gradi e decimali e comparati col nostro margine di errore corrispondono a: azimut = 155,0°; altezza = 28,4° Il dato calcolato dell’azimut (A), tenendo conto degli errori sperimentali, risulta sovrastimato di circa il 7%, mentre il dato calcolato per l’altezza (h) si conforma a quello reale espresso da Stellarium. Misura del tempo Con i dati a nostra disposizione possiamo tornare allo scopo iniziale della nostra ricerca, cioè determinare l’ora a partire dalla posizione del sole (A, h) sapendo il giorno dell’anno: · Il valore di azimut calcolato è compreso fra 165° e 167°, ciò permette di verificare su Stellarium che l’orario dell’evento in oggetto è compreso tra le ore 11h:05’:31’’ e le ore 11h:12’:44’’. · Il valore di altezza calcolato è compreso tra 27,8° e 28,0°, ciò permette di verificare che l’orario dell’evento ha avuto luogo tra le ore 10h:20’:47’’ e le ore 10h:23’:15’’. La differenza fra le due determinazioni di orario è abbastanza significativa ma effettuando una media pesata sugli errori, nella determinazione dell’azimut e dell’altezza, arriviamo alle ore 10h:28’:44” con un’incertezza di 1 minuto 30 secondi; l’evento deve essersi verificato cioè tra le 10h:27’:15” e le 10h:29’15”. Conclusioni
Nonostante i mezzi a disposizione per l’effettuazione delle misure nell’edificio e l’impossibilità di raggiungere fisicamente le finestrature (a circa 9 m di altezza) i risultati ottenuti coronano gli sforzi degli autori nel ricavare sia la posizione del sole, sia l’istante in cui è stato ripreso dalla foto (figura 7) mediante calcoli matematici, provando l’attendibilità di questo fenomeno astronomico. L’evento ha avuto luogo davvero entro l’intervallo orario ricavato. Uno degli autori racconta infatti di essere entrato in chiesa intorno alle 10:20 e sono trascorsi, lo dice lui stesso, almeno altri 5 minuti, prima di accorgersi del fenomeno, più una manciata di secondi per tirar fuori il telefonino e fotografare l’immagine del sole congelando l'istante. La chiesa offre a chiunque la possibilità di osservare l’immagine stenopeica del sole (tempo permettendo) nei giorni dell’anno a cavallo di quello nei quali gli autori hanno osservato il raggio di luce proiettarsi sulla parete, nonché di ripetere, migliorandoli, i rilievi, regalando a tutti la gioia provata dai sottoscritti allorquando sono stati verificati entro i limiti sopra esposti. L’esperienza effettuata
Una mattina accadde: finalmente il “segno”. Questa che segue è l'esperienza che ho vissuto, in solitaria. Il fatto che fosse in solitaria (la chiesa era deserta) nulla vale perché il “segno” è dimostrabile e ripoducibile. Ero di fretta, una mattina di pioggia nell’ultimo giorno di ottobre del 2012. Arrivai a passo veloce di fronte alla Pieve di S. Stefano in Pane; erano circa le 10:20 e, nonostante la solita incomprensibile fretta con cui mi muovo, mi volli fermare per dire una preghiera, come mi capita spesso. E altrettanto spesso mi capita di trovare i portoni delle chiese (purtroppo) chiusi, mentre quando ero bambino le chiese erano un rifugio per l'anima, in qualunque momento della giornata. Fortunatamente S. Stefano in Pane è quasi sempre aperta. Entrando vidi uscire una signora che lasciava alle sue spalle la chiesa completamente vuota. Come sempre indugiai all’ingresso con una sensazione di rispetto, attendendo che gli occhi prendessero confidenza con la penombra interna. Nel varcare quelle soglie ho sempre l’impressione di entrare in un altro tempo, in un mondo fermo, distaccato dalla fretta concitata e dai rumori esterni, e mi tornano in mente le chiese di S. Felice a Ema e del Sacro Cuore del Romito che frequentavo da bambino. Dopo essermi fatto il Segno della Croce camminai sulla sinistra, fino al punto dove le panche verticali si interrompono per lasciare il posto, in prossimità dell’altare, a quelle rialzate laterali, dove la domenica si siedono i ragazzi del coro. In quei luoghi mia figlia si è seduta qualche anno addietro in attesa di ricevere la sua Prima Comunione. Mi fermai in raccoglimento con gli occhi chiusi, godendo di quel momento ricco di piacevoli sensazioni e silenti riflessioni. Si approssimava la ricorrenza dei Santi, e nella mia mente ricordavo i miei cari affidandoli come sempre alla Provvidenza. Tutte le volte che sono in raccoglimento (come ho sempre fatto fin da bambino) chiedo al Signore un segno che manifesti la sua presenza, che rassicuri il mio percorso. E apro gli occhi per un momento, mettendomi ad osservare accuratamente in giro. Non mi aspetto certo di vedere qualcosa; la nostra stessa esistenza è di per sé un segno più che eloquente per individuare la mano Divina, ma nel modo più infantile e speranzoso possibile perlustro con lo sguardo tutta la chiesa ed in particolare le grandi finestre in alto, con i mosaici colorati, nella speranza di vedere quelle grandi lame di luce che contraddistinguono nella Bibbia la presenza dello spirito Divino. Dio è Luce, si legge. Ovviamente non mi accade mai nulla di tutto questo. Sorridendo della mia infantile vanità abbasso lo sguardo e sulla sinistra, sul muro alla mia altezza, vedo un ovale di luce. Il cuore mi batte forte, non posso davvero credere che… mi avvicino: come su uno schermo cinematografico vedo il sole e le nuvole che gli passano davanti lentamente oscurandolo, poi tornando a luccicare, luminoso, rotondo. Meraviglioso! Il tutto proiettato da un foro in alto, sulla parete opposta da una stretta finestra a cuspide, oscurata quasi fino in vetta. Ecco; proprio da quell’unico punto non oscurato filtra il raggio luminoso che proietta il sole, come in una gigantesca camera oscura. Dopo alcuni secondi di rapimento mi scuoto e decido di filmare la scena col cellulare, dal quale vedo che sono trascorsi circa 5 minuti da quando sono entrato. Poi le nuvole vincono sulla luce e tutto diventa grigio, il sole scompare. Corro fuori a verificare la posizione del sole e lo intravedo tra le nuvole cupe di pioggia, proprio là dove mi aspettavo che fosse in base alla proiezione. La perfezione della Creazione proiettata sul muro da un’occasionale “bronzina”, come quella del Toscanelli in S. Maria del Fiore. Il “mio” segno personale dal cielo è arrivato, nel modo più teatrale e bello possibile. Con il cuore gonfio di vanagloria e convinto di aver finalmente ricevuto un “segno” molto personale, esco nel traffico piovoso e cammino spedito a circa trenta centimetri da terra. Decido di chiamare Lorenzo (mio caro amico astronomo con cui poi decidiamo di fare i rilievi e scrivere l’articolo) per condividere l’esperienza e solo molto dopo mi accorgo che sta piovendo e che non ho ancora aperto l’ombrello. Lorenzo Brandi Roberto Renzi Note. (1)J.L. Heilbron, The Sun in the Church, pubblicata nel 1999, l’autore mostra come anche all’epoca della vicenda di Galileo e nei decenni immediatamente successivi, la Chiesa sviluppò un grande interesse per le osservazioni astronomiche e la misura del tempo (2) http://www.gnomonicaitaliana.it/public/file/gnomonicaitaliana_014_export.pdf (4) Il cerchio giallo identifica la posizione del sole al momento dell’osservazione (5) Evidenziamo che H2 è stata desunta dall’immagine fotografica scattata il giorno dell’evento. (6) Assumiamo che i dati restituiti dal software siano affetti da un errore trascurabile rispetto ai nostri calcoli. LETTERA DI RINGRAZIAMENTO E ALCUNE RIFLESSIONI SUL TESTAMENTO SPIRITUALE DI SALVATORE MERGÈDesidero ringraziare il nostro Preside, Renato de Angelis, per la pubblicazione del Testamento spirituale del Maestro Salvatore Mergè, discepolo diretto di Giuliano Kremmerz e fondatore della nostra Schola. Nel suo Testamento spirituale, il Maestro Mergè ricorda spesso che un ermetista non dovrebbe pensare soltanto a cambiare il mondo, ma piuttosto prima a cambiare sé stesso, aspirando fortemente a vivere una "vita nuova". Le parole di Mergè sono davvero parole di “vita nuova”, costituiscono un tesoro grande, per il periodo che stiamo vivendo, di grandi tribolazioni, ma anche di Grande Speranza, per l’avvicinarsi alla Luce della Resurrezione Pasquale. Il primo passo da compiere sulla via dell’ermetismo, secondo Mergè, è rendersi consapevoli dei limiti propri della natura umana, tale compito non è certamente semplice, egli indica la via da percorrere nell’Amore ed in una Volontà solare, facendo attenzione a rimanere con i piedi per terra, evitando ogni forma di autoesaltazione, e mantenendo una vita esteriore piena ed equilibrata. Il Maestro Mergè, con gli insegnamenti del Testamento spirituale, ha inteso prendere per mano tutti noi, per guidarci verso il vero coronamento della ricerca ermetica, la trasformazione della nostra vita materiale, esteriore, in una “vita nuova”, spirituale, fatta di luce interiore. Egli non smette mai di metterci in guardia, avvertendo di non lasciarsi sedurre da una esistenza da superuomini, e di anelare piuttosto ad attingere alla fonte viva della spiritualità, mediante una radicale trasformazione delle condizioni del nostro modo di Essere. Con tanta lungimiranza, Mergè aveva visto bene quando diceva che il progresso materiale delle scienze sarebbe stato del tutto ininfluente, rispetto ai limiti particolari della dimensione umana, di per sé stesso, tale progresso materiale, infatti, non può in alcun modo determinarne il superamento, anzi, come stiamo assistendo in questi giorni, può al contrario essere utilizzato CONTRO l’umanità intera. Il Maestro Mergè nel suo Testamento spirituale ci ricorda che la vita umana è sacra, essa rappresenta per ciascuno di noi una grande opportunità, una leva formidabile, per risalire la china dei rimorsi, dovuti ad una materialità negativa, mettendosi al sicuro dal precipizio di un abisso d’angoscia senza fine. Ogni vita umana, dice Mergè, è espressione della Luce, creativa, della Sapienza di Dio, perciò deve considerarsi sacra, restando in contatto con la dimensione senza tempo, universale, in cui trova la sua causa prima, nei disegni dell’INTELLIGENZA DIVINA. Le nuove tecnologie non possono in nessun modo far spiccare all’uomo il “volo”, che compie, ma che può anche non compiere mai, con la generazione spirituale; questo è ciò che Mergè addita nel Testamento spirituale come il vero Miracolo da realizzare in noi. Le pagine del Testamento spirituale ci portano a meditare profondamente sulla condizione umana, siamo esseri limitati, succubi degli stimoli fisici, mentali e dei senti-menti, tutto ciò per Mergè è il frutto della misera condizione dell’uomo in stato di ignoranza e non di certo un “premio” per il servizio reso al BENE. Per la medicina odierna, non resta all’uomo che aggrapparsi alla sopravvivenza del corpo fisico, ultimo scoglio di salvezza ed unico fine della vita umana; la medicina ermetica, che Mergè conosceva bene grazie agli insegnamenti del suo Maestro Giuliano Kremmerz, guarda all’uomo nella sua integrità ed equilibrio, di corpo, anima e spirito; rivolgiamo, come il Maestro Mergè, i nostri occhi del cuore al Miracolo che può compiere in noi, in un istante fuori del tempo, soltanto la Luce di un Sole radiante. L’ETERNITÀ, scrive Mergè, è la dimora di Dio, ETERNITÀ e VERITÀ sono due degli attributi dell’ASSOLUTO; non riponiamo la Fede negli uomini, ma solo nella certezza del TUTTO UNO. Leggendo il Testamento spirituale, ci si trova proiettati di fronte alla figura di un intellettuale dalla sensibilità particolare, un autentico gigante dell’ermetismo spirituale del secolo scorso, qual è stato il Maestro Salvatore Mergè, fondatore della nostra Schola, interpretandone lo sconforto e le preoccupazioni per il destino del mondo moderno, viene spontaneo domandarsi: Nelle condizioni attuali dell’umanità, possiamo davvero ancora comprendere cosa sia la spiritualità? Siamo ancora capaci di trasformare radicalmente il nostro modo di essere per la generazione spirituale? Riusciamo a credere che esistano pratiche, in grado di donare all’uomo una maggiore consapevolezza del Creato e del Creatore? Mergè ci aveva visto lontano, additando il grave pericolo che deriva all’Umanità dalla confusione intorno alla dimensione spirituale, confusione oggi, un po’ ovunque, sotto gli occhi di tutti. Il progetto umano di un Paradiso tutto terrestre, inteso come il luogo della realizzazione di ogni desiderio materiale - come dice spesso il Preside della nostra Schola, Renato de Angelis - è una grande illusione, che l’uomo dai tempi di Adamo ed Eva non ha mai voluto abbandonare, esso porta nel suo grembo più danni per l’umanità di quanti possiamo immaginare. Insieme al primo alimento, il latte, ogni madre, dovrebbe dare ai propri figli anche un altro alimento, altrettanto essenziale alla crescita dell’uomo futuro, integro, la “Fede”. È arrivato il momento che tutti convertano il proprio Cuore, purificato dall’Amore infinito, alla Gloria che ci attende!!! L’ermetismo non è e non deve diventare un nuovo credo, come oggi da parte di molti sedicenti neokremmerziani si vorrebbe lasciar intendere; “non intendiamo fondare una religione nuova”, Giuliano Kremmerz scriveva, presentando pubblicamente la nascente Fratellanza di Myriam, egli ne aveva profetizzato bene, con lungimiranza, il pericolo di fraintendimento, e cercò con i suoi insegnamenti ai rari discepoli, tra cui Salvatore Mergè, di scongiurarne in merito ogni equivoco, anche per il futuro. Salvatore Mergè chiarisce, con il suo Testamento spirituale, ancora una volta categoricamente, che il sacrificio della pratica ermetica, è un sacrificio di Amore cristiano, fatto di tantissima Preghiera quotidiana, per il nostro prossimo e per il nostro ascenso; soltanto consacrando la nostra vita all’Amore, con la A maiuscola, egli dice, diveniamo sempre più consapevoli della necessità di dismettere gli abiti che abbiamo preso in prestito dagli elementi di questa Terra, e che formano la nostra triplice veste, fisica, psichica e mentale. Il monito di Mergè, per tutti noi, è quello di abbandonare i falsi ideali cui ci siamo aggrappati, in questa esistenza terrena, come a nuovi idoli, sacrificando sull'altare della Verità tutto ciò che pensiamo rappresenti il nostro essere, evitando il grande errore di fare di noi stessi, il nostro TUTTO. Il pensiero individuale non può determinare il nostro essere, semmai è vero il contrario, il nostro modo di essere determina il nostro modo di pensare, questo significa riconoscersi prima di ogni altra cosa, come dice il Maestro Renato de Angelis nei suoi scritti, “PURI INIZIATI, rivestiti della luce creativa d’Amore”. L'Amore infinito diviene in noi, Luce purissima, ovvero Conoscenza di ciò che è VERO; gli uomini sono gli occhi di Dio nel Mondo, come scrive Mergè, un barlume di luce riflessa dalle onde che si generano sulla superfice di un ABISSO INFINITO. La Sapienza, nei momenti di sconforto, viene in nostro soccorso, nonostante tutto non ci ha mai dimenticato, siamo noi che non gli prestiamo ascolto per la cecità dalla quale siamo oppressi, in questa epoca di suggestione collettiva. Rileggiamo con attenzione le parole del Testamento spirituale di Salvatore Mergè, meditiamone il contenuto per riceverne l’eredità spirituale. Il benessere è divenuto il credo di una nuova religione mondiale, senza Cristo, essa ci vuole tutti succubi del potere assoluto di una grande illusione, di libertà materiale, nel tentativo di renderci incapaci di accorgerci della Vera Bellezza del MONDO. Un modello di società civile, aperta a tutto indiscriminatamente, eccetto che alla spiritualità, ha preso la forma di un nuovo dogma, senza verità alcuna. L’umanità, decaduta sotto il peso del secolo scorso, passato nel culto dell’ignoranza di Dio, come Mergè aveva previsto, si ritrova oggi senza una meta, in uno stato di inazione spirituale, sospeso tra l’inerzia e la dissoluzione finale. Il più prezioso degli insegnamenti che Mergè ci ha lasciato, è quello di non perdere mai la Speranza, in quanto siamo Figli di Dio. Il mondo invecchia, la SAPIENZA resta invece immutabile, eternamente giovane, per la sua candida purezza, Essa non ha mai smesso di attenderci, perché è Amore infinito; come conclude Mergè nel suo Testamento spirituale, se solo riuscissimo a rivolgere, per un istante, lo sguardo in ALTO, saremmo capaci anche noi di nuovo di Amare, rimarremmo abbagliati, senza parole, per il Miracolo che il Vero Amore compie in noi. Salutiamo, augurando a tutti con Amore, una Felice Pasqua!
Fr+ Serio un fratello di Hermes della Schola di Salvatore Mergè |
LISTA ARTICOLI
- UN OMAGGIO AL MAESTRO GIULIANO KREMMERZ
- LUZ, IL NOCCIOLO DELL'IMMORTALITÀ
- ESEMPI DI PRUDENZA E SAGGEZZA
- LA DIMENSIONE TRASCENDENTE È IL CULTO DIVINO.
- DAL LIBRO I FONDAMENTI SPIRITUALI DELLA VITA DEL FILOSOFO VLADIMIR S. SOLOVIEV
- APPENDICE AL TESTAMENTO SPIRITUALE DI SALVATORE MERGÈ SULL’ "ALCHIMIA MATERIALE"
- PREGHIERA A MARIA
- LE MOTIVAZIONI CHE INDUSSERO GIULIANO KREMMERZ A ESCLUDERE I MASSONI DALLA NASCENTE E FUTURA FR+ TM+ DI MYRIAM.
- GALILEO ALL'INFERNO
- CONSIDERAZIONI FRATERNE
- IL VIAGGIO DI DANTE ALLA LUCE DEI RIMANDI ASTRONOMICI
- UN PENSIERO DI RINGRAZIAMENTO PER IL TESTAMENTO SPIRTUALE DEL M° SALVATORE MERGÉ
- LETTERA DI RINGRAZIAMENTO A FIRMA DI UN FRATELLO DI HERMES
- NOTIZIA STRAORDINARIA !!!
- KHEPRI
- LA PICCOLA CORONCINA PER LA DIVINA PROTEZIONE
- CURIOSITA' ASTRONOMICHE
- IL GENIO
- IL PENSIERO
- E NON CI INDUCA IN TENTAZIONE
- LETTERA A S.S. PAPA FRANCESCO
- MISURARE IL TEMPO IN CHIESA CON IL SOLE
- LETTERA DI RINGRAZIAMENTO E ALCUNE RIFLESSIONI SUL TESTAMENTO SPIRITUALE DI SALVATORE MERGÈ
- IL CUORE
- IL TERZO OCCHIO LA GHIANDOLA PINEALE O EPIFISI
- SIMBOLI DEL CUORE DI CRISTO
- LA BOCCA: LA PORTA DEL TEMPIO
- I MISTERI ISIACI
- ISIDE REGINA
- PREGHIERA A ISIDE
- LA LEGGE DELLE LEGGI
- COMUNICAZIONI
- ALMANACCO 2018
- INNO AL SOLE
- GENIO DI LUNA
- THOTH
- IGNIZIAZIONE: IL VALORE DELLA PURITÀ
- LA TAVOLA ZODIACALE - SECONDA PARTE E FINE
- LA TAVOLA ZODIACALE - PRIMA PARTE
- MACROCOSMO E MICROCOSMO
- SIMBOLISMO DEGLI ANIMALI SACRI DELL'ANTICO EGITTO
- ASTRONOMIA AD OCCHIO NUDO
- KEPLERO IL PREVEGGENTE
- ILLUMINAZIONE ... VENDESI
- IL PROFESSORE DI FILOSOFIA
- RICORDO HIROSHIMA
- SCHEDA ESOPIANETI
- CIO' CHE E' IN BASSO E' COME CIO' CHE E' IN ALTO
- I FRUTTI NON SONO ANCORA MATURI
- AGAPE