IGNIZIAZIONE: IL VALORE DELLA PURITÀSe guardiamo al greco, la parola “purificazione” procede dal
termine [pyr] che significa “fuoco” ciò vuol dire che la purificazione è un
processo di trasformazione che avviene attraverso il fuoco (1) . Lo stesso concetto è in realtà espresso dal termine “iniziazione”
che, sebbene significhi cominciare il percorso (verso il profondo delle cose),
dal latino in-: “dentro” e -ire: “andare” o -iter: “cammino” o ancora -itio:
“viaggio”, trova il suo etimo originario nella parola latina ignis e cioè
“fuoco”. Potremmo parlare più precisamente di “igniziazione” Quindi è il fuoco l’elemento da attraversare, la porta per
la quale passare per iniziare il viaggio verso una nuova coscienza e il
ritrovamento del sapere antico del mondo. Ora, nell’umano, l’elemento “fuoco” è
una parte dell’anima, insieme al suo opposto “acqua”. Sebbene entri come folata
di vento (dal latino anemos: “soffio”), l’anima diviene, una volta incarnata,
l’essenza stessa del principio forte del Tao: lo yang. E il fuoco è, più di
tutti gli altri, il simbolo dell’Amore: lo “spirito igneo” o “fuoco di Amore”(2) . Questo fuoco igniziatico deve bruciare il superfluo e
trasmutarci in essenziale. Aprire il bozzolo delle abitudini coscienti e
inconsce per consentirci la nascita come esseri d’Amore. Ecco dove Cristo dice
“Voi siete dei”(3) riprendendo il Salmo di
Asaph. Occorre scavare dentro e svelare la Iside nascosta, velata, ma così
tanto vicina a noi. Ma non occorre distruggerci, è necessario usare il fuoco
per illuminare, riscaldare e rafforzare, non per bruciare. Come quando
accendiamo il nostro carboncino per le rituarie: usiamo il fuoco per far sì che
il carboncino accenda se stesso. Ecco, noi siamo come quel carboncino:
disponibili ad essere mediatori del calore divino. Per far questo, lo stesso concetto di egoismo va rivisto una volta per tutte: ne esiste un’idea funzionale, definibile come egoismo di vita intelligente e procede dal concetto stesso di Essere onnipotente: l’Essere è per sé sussistente e, poiché noi ne siamo “immagine e somiglianza”(4) , abbiamo un dovere di assistenza e protezione per noi stessi in primis. Se noi non stiamo bene, non possiamo aiutare nessuno. In questo caso, vale l’etimo antico dal latino ego e dal greco [egò] cioè “Io” e -ism- radicale dal verbo [eimì] “sono”, pertanto il termine non vuol dire altro che “Io sono”: atto stesso della presa di coscienza dell’esistere. Ben altro invece è l’egoismo solipsistico praticato dalle
masse che riduce la nostra vita a un vuoto interesse materialistico, esclusivo
per noi stessi, che ci rende sordi all’ascolto di quel famoso “altro”, che in
fondo è sempre una parte di noi. L’egoismo solipsistico ci riduce schiavi del
possesso, incapaci d’amore, carichi di gelosie, sordi all’ascolto dell’altro,
poveri di parole di conforto, selvaggi addirittura, privi di intelletto
superiore. Quando viene domandato a Cristo quale sia il più importante
dei comandamenti egli, dopo aver menzionato le prime parole dello Shema’(5) ,
aggiunge, citando il Levitico, “Amerai il prossimo tuo come te stesso”(6) . In
effetti, secondo molti grandi teologi cristiani ed ebrei, in ebraico la formula
suona in modo diverso: “Amerai il prossimo tuo perché è te stesso”(7) . In questo
senso, dunque, chiunque sia incapace di amore per sé, è incapace di amore per
l’altro, perché l’altro è te stesso! Nel percorso della purificazione, noi non dobbiamo
rinunciare alla nostra persona (Dio non ci avrebbe creato individui) ma, al
contrario, dobbiamo estendere la nostra individualità all’intero genere umano,
accettandolo in toto con i suoi pregi e i suoi difetti. Amare tutti,
indistintamente. Pregare per tutti, senza fare eccezioni. Invocare, con la
nostra preghiera, le forze geniali come se fossimo la voce dell’intero genere
umano. Il trasmutatore che consente il raggiungimento dello stato
di purezza, che rende possibile la purificazione e il raggiungimento di una
coscienza perfettamente univoca alla nostra anima è l’Amore; perché, come dice
il nostro M° Kremmerz: “L’Amore è purità”(8). Noi non dobbiamo togliere, ma integrare. Crescere, non diminuire.
Non dobbiamo perdere noi stessi, ma trovare gli altri dentro di noi. La visione
stessa del sacrificio come sofferenza o privazione è già una confusione.
Infatti sacrificio dal latino sacer: “sacro” e facio: “faccio” e anche fio:
“divento, sono fatto” è un termine che significa “faccio il sacro” e, mentre lo
faccio, “divento sacro”. È l’agire a un livello più alto, non è un fustigarsi,
limitarsi o inibirsi. È evolvere, fare dono di sé per un obiettivo di più
grande livello (metafisico) e di più ampia portata (tutta l’umanità). È
riprendere il posto assegnatoci dal Dio all’origine dei tempi: partecipare
responsabilmente alla protezione e alla salvaguardia del Creato(9) . Certo che prima di correre, occorre camminare. Si deve
praticare in primis e tanto! Oggi prevale tanta teoria, prevalgono tanti libri,
tante parole, tante (troppe) scuole. Invece, la semplicità della trasmissione
del sapere nasce dal rapporto di abbraccio mistico e mutuo consenso tra un
Maestro e il suo allievo. È il frutto naturale di un “sì” detto al Maestro e,
attraverso lui, alla vita. Come il “sì” incondizionato di Maria. Nella pratica quotidiana e costante l’allievo si
alleggerisce dai pesi mentali (lì sì che c’è da togliere!) che ostacolano –
ecco il vero diavolo: dal greco [diàbolon]: “ostacolo, divisore”,
derivato da [diàballo] composto da- [dià-]: “in mezzo, attraverso,
di traverso, separatamente” e [bàllo]: “lancio, tiro, getto, pongo” col
significato di “getto in mezzo, metto una separazione, pongo un ostacolo” – e
distraggono la mente dal vero obiettivo dell’uomo su questo pianeta: l’evoluzione
catartica dell’umanità. È un processo di liberazione da tutti gli impropri, da tutti
gli aggiunti che, momento dopo momento, sono stati posti su di noi perché
ancora la pedagogia e l’educazione dell’uomo sono a livelli troppo bassi.
Dobbiamo togliere tutti i non-nostri, il cosiddetto male dal latino me “me” e
aliud “altro” cioè “l’altro da me, l’estraneo a me”. Anche nelle grandi scuole
di psicologia esistenziale si insiste sempre sul liberarsi da tutto ciò che il
sistema ci ha costruito addosso come carattere (dal greco [charàsso]
“intaglio, scolpisco” quindi “tutto ciò che è stato strutturato su di noi,
inciso dentro di noi”) e impedisce l’epifania del nostro temperamento (dal
latino tempus “tempo e mens “mente” cioè “come la mente o intelligenza si
adatta al reale spazio-tempo”) cioè il modo in cui la vita ci aveva progettato. Come abbiamo iniziato a spiegare, “purificare” è un termine
che deriva dal concetto di [pyr] cioè “fuoco”, ma la seconda parte del
termine “-ficare” procede dal latino facere cioè “fare”. Pertanto, non si
tratta di un termine passivo, la purificazione è qualcosa che noi non subiamo
(come subiamo il carattere) ma che, al contrario, dobbiamo agire: dobbiamo
“fare il fuoco”. E come il fuoco delle Vestali doveva sempre essere tenuto
acceso, così non possiamo più far spegnere il nostro fuoco sacro interiore.
Anche nella terminologia odierna si usa il termine “focus” per indicare la
massima priorità tra le tante cose che ci riguardano. Purificare se stessi,
quindi, significa eliminare tutto il superfluo, tutto l’improprio, tutto il non
nostro e concentrarci principalmente sul senso ultimo della nostra vita,
concentrarci sul nostro lucus sacer: il “bosco sacro” dell’esistere, il nostro
più profondo intimo, il dono del Dio che ci fa viventi: l’anima umana. E, ne
“La Scienza dei Magi”, il nostro M° Kremmerz ci insegna che l’anima umana perfetta è
addirittura la Maria o Myriam stessa “perfetta, vergine e monda”(10) . L’incontro
con la nostra anima ci riporta ad un’essenza sine macula, senza macchia. Uno
stato virginale di natura umana edenica. Apre il nostro cuore all’Amore
immediato, cioè “senza mediazioni”. Ci porta all’incontro con l’altro perché ci
libera dagli scontri interiori e ci prepara all’appuntamento con l’anima
dell’altro. La strada maestra quindi è sacralizzare la nostra anima pro
salute populi. Unico metodo, come detto, è la pratica. Ogni giorno dobbiamo
praticare, affinando le nostre competenze e osservando, alla stregua di genitori amorevoli, le nostre stesse cadute (ecco il
famoso amore per noi stessi o egoismo di vita intelligente), trovando il giusto
equilibrio tra una comprensiva indulgenza e una paziente severità. Non stare
sempre a giustificarsi, ma motivare sempre le difficoltà, senza entrare in
eccessive rimostranze per quello che non si è fatto e si sarebbe potuto fare.
Anzi, ricominciare subito, non cadere nella tentazione di fissarci sulle
memorie di un passato più che prossimo. Guardare all’attimo che è, mai indietro
a ciò che ormai è già stato. Praticare la preghiera come atto di amore
compassionevole erga omnes, verso
tutti, indistintamente. Praticare sempre accompagnati dal nostro attuale Maestro che ci fa da
guida, da esempio, da modello di coraggio. Nella pratica continua è celato il
cammino che porta alla Verità ultima: l’intima semplicità che connette la nostra
piccola individuale esistenza con l’umanità tutta e col grande Essere che sempre
è. Morgal Un fratello di Hermes (1) - Per tutti i
riferimenti etimologici, oltre che ai tradizionali Dizionari di Etimologia
(meglio se i più antichi), rifarsi all’ottimo G. Semerano, Le Origini della Cultura Europea, Vol II: Dizionario etimologico della
lingua greca e Dizionario etimologico della lingua latina e di voci moderne,
Olschki, Firenze 1994 e ristampa 2002. Nonché, ovviamente, a tutte le pagine
degli scritti di Giuliano Kremmerz. (2) - G. Kremmerz, La Scienza dei Magi, vol. 1 pag. 276 e vol. 2 pag. 210, Ed.
Mediterranee, Roma 1976 ristampa 2001. (3) - Gv
10,34 “Non è forse scritto nella vostra
Legge: Io ho detto: voi siete dei?” e Salmo 81,6 “Ho detto: voi siete dei (Ego dixi: dii estis)” (4) - Gen 1, 26. (5)
- Dt, 6, 4-5: “Ascolta Israele, il Signore nostro Dio, il Signore è uno. Benedetto il
nome del Suo glorioso regno per sempre, eternamente. E amerai il Signore tuo
Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue facoltà”. (6)
- Lv 19, 18; Mt
22, 37-40; Mc 12, 29-31; Lc 10, 25-28. (7) - Cfr. C. M. Martini – G. Sporschill, Conversazioni notturne a Gerusalemme. Sul rischio della fede,
Mondadori, Milano 2008 e M. Buber,
Leggenda del Baal Shem, in G. Ravasi, Il
libro dei Salmi: commento e attualizzazione, Ed. Dehoniane, Bologna 1985. (8)
- G. Kremmerz, op. cit., vol. 3 pag. 268. (9) - Gen 1, 26; 1, 28
e 2, 15.
(10)
- Idem, vol. 3 pag. 259. |
LA TAVOLA ZODIACALE - SECONDA PARTE E FINEIL MARZIALE E' un essere forte, battagliero, che s'impone. I marziali peccano di noncuranza a riflettere. Il genio correttivo del marziale è quello che ha
qualità opposte. In astralità (tendenza individuale) c'è il buono e
il cattivo. Il marziale quindi può usare la sua volontà in
senso buono e in senso cattivo, cioè esplica la violenza. Un altro marziale, invece, conserva l'equilibrio e non passa certi
limiti. Questi sono i tipi di marziale violento e di
marziale buono. I contrari di essi, sono due tipi che agiscono
come complementi e come correttivi. Il marziale vive in affinità con l'età delle
conquiste affettive dell'esistenza, periodo in cui si combatte per vivere. Dopo lo stadio solare delle ambizioni e dei
progetti, si passa a quello delle realizzazioni, ottenute nello scontro
frontale con la dura realtà, alternando successi e sconfitte, cadute e riprese,
ripiegamenti e entusiasmi. E' un essere che vive di combustione, di spreco di
energie, di sforzi espressi sia in forza muscolare che mentale, sotto l'impulso
del desiderio e si impone, costi quel che costi, per dominare e conquistare. Ha coraggio, schiettezza, audacia. Il carattere è teso, aggressivo e, naturalmente,
manca di psicologia e di sfumature. Il pericolo sta nella liberazione di questa energia animale incontrollata che può trasformarsi in violenza, in passionalità distruttiva e cieca fino al limite del sadismo. Inimicizie, incidenti, interruzione
brusca dei rapporti. IL MERCURIANO Ha l'estasi nel moto rapido ed avviene
come nei sogni, che in pochi secondi si vive la vita di mesi! Il mercuriano è abile in tutte le
esplicazioni delle forze fisiche e intellettuali. Il mercuriano vive in armonia con
l'adolescenza. Età androgina che rappresenta un periodo di risveglio
intellettuale e di disimpegno, di affinamento delle facoltà di giudizio,
differenziazione e di scelta. Periodo di passaggio, di rapida
trasformazione, instabile e inquieto. L'essere si distacca dall'istinto ed
elabora un meccanismo di difesa contro l'affettività pura. C'è la dimensione del gioco condotto
sia a livello mentale (critica, ironia, la “battuta” di spirito) che a livello
di realtà dove l'Io è preoccupato di appartenersi, di difendere i propri
interessi. Da qui una continua tensione nervosa
legata alla mancanza di stabilità. E' una natura mobile, sveglia,
attenta, curiosa, sottile e scaltra, maliziosa, ingegnosa, ficcanaso. Natura dualistica, ladra,
arlecchinesca, fanfarona. Gusto del gioco, dell'esercizio dello
spirito fine a se stesso (l'informazione, il giornalismo) dell'eccitazione
mentale, della sperimentazione. Senso del contatto, dell'affare, del
dialogo, dello scambio e quindi anche dell'imbroglio. Bisogno continuo di movimento. La parola e lo scritto. I viaggi, il commercio. IL GIOVIANO I gioviani banchettano e giocondamente
operano le cose di maggior raccapriccio. Il gioviano vive in armonia con l'età
del frutto, l'età matura dell'appagamento: l'età del successo e del riposo dopo
la conquista marziana. E' il momento in cui si ama godere dei
risultati dei propri sforzi, in cui si mette su pancia, in cui si sistema sia
ideologicamente (conservatorismo, borghesia) che materialmente, apprezzando i
valori stabiliti, la propria posizione sociale. E' un espansivo, un sensoriale, un
fiducioso, generoso, liberale, aperto, socievole. Afferma gli appetiti legati alla
sensualità, all'interesse professionale ed economico, all'ambizione. Natura che si esplica in volume, in
ampiezza e potenza, in vitalità espansiva e autorità naturale. Benevolenza, protezione, profonda coscienza di sé. Personalità che tende a unificare il
proprio istinto e la propria ragione in umanesimo, in saggezza, in calore
umano, in amore per la vita e per i propri simili con sfumature di
paternalismo. IL VENEREO Osservate gli uomini che presentano
una preponderanza venerea. Venere è la dea della bellezza nella
forma più squisita della manifestazione ma anche nella forma più cattiva. I venerei hanno bisogno di un
complementare cioè di elementi, di virtù che permettano l'esplicazione di
poteri che l'elemento venereo da solo non potrebbe fare. I venerei sono auto ammiratori della
loro bellezza; hanno cure esagerate di se stessi e, preoccupati solo della
forma esteriore, adorano l'apparenza seducente delle cose. Un venereo assolutamente dedicato allo
specchio si preoccupa più della cravatta e di una piega dei calzoni che di una
questione seria in cui possa impegnare la sua anima e il suo avvenire. E'
spesso un elegante infelice. Il venereo vive in sintonia con la
prima giovinezza. Periodo del risveglio della prima sensualità, della
sensibilità amorosa, del fascino fisico, del gusto di piacere e dell'amore per
i piaceri. Vuole sedurre ed essere sedotto,
vivere in armonia con le persone che piacciono e in armonia con le cose. Tutto deve essere perfettamente in
equilibrio, in un modo delicato e voluttuoso dove i contrasti, i toni violenti
sono banditi. Cerca la perfezione attraverso i sensi
e la comunione affettiva. Lo fa con la persuasione e la
diplomazia. Diventa estremista e intransigente quando non è appagato. Può diventare schiavo dell'amore, della forma, della propria arte, della bellezza. E' un esteta attraente, elegante, amabile che rischia di diventare frivolo e vanesio, vittima del suo narcisismo. IL SATURNIANO Preponderano in lui esclusivamente le
forze fisiche e gli attaccamenti alla terra, nei bisogni esagerati e voraci
dell'animale che tutto vuole per la conservazione materiale; diffidente e
appetente in tutti gli atti che compie: nel mangiare, nel camminare ed anche
nello svolgere pensieri nei quali si sente tutto il Saturno, cioè tutto il
piombo della sua costituzione: è l'individuo grave, pesante, impacciato che fa
sentire la gravità lugubre della sua presenza, privo di sorriso, straripante
malinconia e mortorio. Questo essere saturniano ha il Genio
compensativo, che è costituito dalla invocazione al contrario del suo
temperamento intimo fisico e spirituale. Il tipo saturniano ossuto, quadrato,
mangia bene e beve meglio; se non tocca, non vede e non pensa. Dormono profondamente, svegliati
stentano a riprendere la conoscenza ed il ritmo della vita, sognano e
dimenticano o sognano molto raramente. I saturniani, tetri maghi di rigida
sventura, non si esaltano che al dolore; hanno l'estasi del tormento della
carne e dei sensi. Si ricollega all'età della vecchiaia,
tempo in cui l'essere si ripiega su se stesso disseccandosi e raffreddandosi,
fisso su atteggiamenti definitivi. Le forze che lo animano lo portano
alla solitudine e alla concentrazione. Si rifugia nel silenzio della
riflessione, nel profondo della vita interiore. E' l'introverso che tende allo
scetticismo, al pessimismo e alla malinconia. I sani piaceri della vita lo lasciano
indifferente, non sa godere edonisticamente perché è disincantato e il suo
cerebralismo glielo impedisce. Può essere avaro ed egoista,
esercitare implacabilmente la sua autorità, e può nascondere una ricca,
tormentata spiritualità. Il suo carattere è calmo, lento,
prudente e riservato, paziente, rinunciatario, ascetico. Può quindi realizzarsi
nell'astrazione, nella spersonalizzazione o nel sacrificio. E' vicino alla realtà nuda perché ha
il senso del Tempo e della Morte. Quando non prevale la paura, il
rifiuto o il distacco dalla vita, domina in lui il male di vivere, fatto di
avidità, di desideri inappagati, di frustrazione, di ipersensibilità dolorosa e
tormentata. Sforzo, dovere, virtù, perdita,
malattia, morte. * * * Nella “Tavola Zodiacale ” il
ricercatore potrà riscontrarvi molti significati, anche perché della Tavola ve
ne sono varie versioni con progressive integrazioni. Quella che ritengo la più
interessante, è chiamata dagli studiosi “La Tavola delle 72 Intelligenze
Divine, o dei 72 nomi Angelici, o dei 72 Geni”. Il numero 72 ha origine dal fatto che
la tradizione ci tramanda che la “Porta” attraverso la quale ogni Intelligenza,
Angelo o Genio manifesta il suo dominio ha un'ampiezza o durata di 5
gradi o giorni. Dividendo pertanto i 360° o giorni per 5 si
ottiene il 72. In astronomia si sa che il Sole si
sposta di 1° lungo l'eclittica celeste ogni 72 anni. La cadenza del 72 è
stata fissata dall'egizio nelle 72 litanie di Ra, nei 72
nomi divini che furono ripresi
dall'ebraismo e dal proto-cristianesimo. Oltre che come valore macrocosmico, quale orologio solare nella precessione degli equinozi nei 12 segni zodiacali, 72 ha un preciso riscontro nel microcosmo. Infatti nel corpo umano 72 sono le normali pulsazioni cardiache (Sole-Cuore). Naturalmente ognuna delle 72 Intelligenze Divine, 72 nomi angelici o 72 Geni ha la sua specifica influenza e i suoi attributi e mistero. I 72 nomi di Dio Angelo
custode Analogamente alla Tavola
Zodiacale (concepimento), anche per i Segni Zodiacali
(nascita) è possibile risalire ai 72 Angeli che dominavano il giorno in cui
abbiamo visto la luce (l'Angelo custode dei cattolici al quale siamo affidati
alla nascita). Altro Angelo, altra influenza,
attributi ecc. Il Kremmerz scrive:
“L'astralità, ossia la 'tendenza', è il difettivo dell'individuo che noi
consideriamo a seconda della maniera in cui le influenze del mondo hanno agito
su lui al momento della sua nascita. Per esempio, chi ha un'astralità marziale
è un essere forte, battagliero, che si impone. Ma ha una deficienza che è il contrario del 'tipo' marziale. I marziali
peccano di noncuranza a riflettere. Il
genio che si invoca al marziale è quello che ha la qualità opposta e che ne è il correttivo. In ogni astralità c'è il
buono e il cattivo”. Vorrei terminare questo scritto
ricordando, ad integrazione di quanto sopra, che Tommaso d’Aquino ci ha
lasciato un ulteriore insegnamento da tenere sempre presente: “Astra inclinant, non
necessitant – Gli astri influenzano ma non costringono”. Pitagora ammetteva due agenti delle azioni umane, la potenza della Volontà e la
necessità del Destino, e che li sottometteva l’uno e l’altro a una
legge fondamentale chiamata la Provvidenza,
dalla quale emanavano ugualmente. Il primo di questi agenti era libero,
e il secondo costretto: di modo che l’uomo si trovava posto entro
due nature opposte, ma non contrarie, indifferentemente buone o malvagie,
secondo l’uso che sapeva farne. La potenza della volontà
s’esercitava sulle cose da fare o sull’avvenire; la necessità del
destino, sulle cose fatte o sul passato: e l’una
alimentava senza posa l’altra, lavorando sul materiale che si forniscono
reciprocamente: giacché, secondo quest’ammirabile filosofo, è dal passato che
nasce l’avvenire, dall’avvenire che si forma il passato, e dalla riunione
dell’uno e dell’altro che si genera il presente sempre esistente,
dal quale traggono ugualmente la loro origine: idea molto profonda, che gli
stoici avevano adottata. L’uomo può fare miracoli con la sua volontà
ma se non la saprà attivare, sarà sempre influenzato nelle sue azioni dalla sua
astralità e dal passato o necessità del
destino, senza nemmeno rendersene conto. Ma questa è un’altra storia, forse per curiosi alla ricerca di risposte....
Dua-Kheti LA TAVOLA ZODIACALE - PRIMA PARTE
Con questo scritto vorrei evidenziare
l'importanza di uno strumento che ci può aiutare a conoscere meglio noi stessi
e gli altri. Questo strumento, usato da sempre negli antichi templi, è la “Tavola
Zodiacale”. A me, come mi è stato tramandato, piace chiamarla “Il
quadro delle Astralità”. Che origini ha il
nome della Tavola Zodiacale? Le stelle dello zodiaco sono state
raggruppate in costellazioni, alle quali da tempo immemore sono stati assegnati
nomi di esseri viventi, reali o fantastici. Ciò spiega l'etimologia del nome,
derivato dal greco "z?diakòs", parola a sua
volta composta da zòon, "animale”, “essere
vivente" e hodòs,
"strada”, “percorso". A causa del moto di
rotazione della Terra, infatti, le costellazioni zodiacali sembrano
percorrere lo zodiaco. Questa tavola, come quella dei
cavalieri di re Artù, è rotonda, un cerchio senza inizio né fine, formato da 360
parti o gradi (angolo giro). Io immagino la sua circonferenza come
il confine che ne delimita l'esterno, analogo all'1,
all'assoluto, all'increato, all'invisibile, al non manifesto, all'infinito,
all'eterno, dall'interno, analogo al 2, al
relativo, al creato, al visibile, al manifesto, al finito, al temporale. Le 360
parti o gradi corrispondono a 360 porte o “portali” attraverso i
quali le anime devono passare per incarnarsi in una “nuova” vita corporea,
sottomettendosi necessariamente allo specifico “aspetto della Legge
Unica” che governa l'interno del cerchio: il Binario o Dualità,
cioè: Spirito-Materia, Moto-Spazio,
Uomo-Donna, Bene-Male, Luce-Ombra, Amore-Odio, Piacere-Dolore,
Vita-Morte (Incarnazione di Gesù Cristo e conseguente necessità di
sottomettersi alla morte), ecc. Il momento del passaggio coincide con
il “concepimento”, cioè
con quel momento in cui un atto d'amore venereo, per affinità di
vibrazioni, attrae l'anima ad incarnarsi in un nuovo seme concepito. Quando si viene in contatto con i
segni zodiacali, ognuno di noi pensa automaticamente al segno che governava il
giorno della propria nascita (oroscopo ecc.). Questo è indubbiamente un aspetto
importante ma per gli antichi saggi, molto più importante era da considerarsi
il momento del “concepimento”,
cioè quando la scintilla divina, tramite la vita, si lega all’embrione che si
svilupperà in un nuovo corpo. Come tutti ben sappiamo, la vita del nascituro non inizia il giorno della sua nascita, bensì nove mesi prima. In pratica, quando nasciamo abbiamo già nove mesi di (questa attuale) “Vita”. Che cos'è la gestazione se non vita? Vita intrauterina ma pur sempre vita. Pensate che già dall'ottava settimana di gravidanza il feto manifesta attività oniriche, cioè fa sogni. Quando egli nasce, varca un'altra “porta”e passerà da una vita legata all'elemento acqua (liquido amniotico) ad una legata all'elemento aria, “vede la luce” ed il suo primo pianto-respiro sigillerà il suo nuovo legame con l'atmosfera respirabile. Il feto sogna Acqua - Liquido amniotico Aria - Il primo respiro-pianto Della Tavola Zodiacale, così come il
cerchio la rappresenta, potremmo parlare all'infinito, necessita pertanto
evidenziarne alcune sintesi che ognuno potrà approfondire a seconda delle
proprie aspirazioni. La Tavola Zodiacale ha
un valore sia astronomico che astrologico. Astronomicamente rappresenta l'anno solare diviso in 12
parti, ognuna delle quali prende il nome della Costellazione in
cui entra il Sole, secondo il sistema adottato fin dai tempi più antichi. Il passaggio del Sole in ogni Costellazione
dura, quasi esattamente, un mese quindi le 12 parti, in cui è diviso l'anno
solare, sono fra loro uguali. Corrispondendo la durata di ogni
Costellazione ad un mese, essa a sua volta può essere divisa in tante parti più
piccole quanti sono i giorni del mese. E' da notare, tuttavia, che per
comodità di calcolo e per antico uso, i mesi vengono considerati di 30
giorni e quindi tutto il cerchio può essere diviso in 360 parti o
gradi.
Diremo quindi che la Tavola Zodiacale è divisa in 12 parti di 30° ciascuna, ed ogni parte prende il nome di una Costellazione.
Astrologicamente ad ogni Costellazione è attribuita un'influenza astrale
corrispondente al complesso delle virtù di uno dei 7 pianeti. Il pianeta influenzante prende il nome
di Signore della Casa, poiché la Costellazione è considerata Casa del Sole per
tutta la durata. Il Signore della Casa dà la propria
impronta a tutto quello che viene concepito in basso ed in alto durante il suo
dominio: tale impronta si stampa nell'astrale della cosa concepita, la quale
avrà quindi la tendenza a manifestarsi in quel senso. Oltre a questa influenza ve n'è
un'altra. I 30 giorni corrispondenti alla durata
della Costellazione sono divisi in 3 Decadi, ad ognuna di esse è attribuita una
nuova influenza corrispondente ad un altro o allo stesso pianeta. Questo
secondo pianeta è chiamato Decano ed agisce con forza minore del primo e nello
stesso modo. Riassumendo: ogni Costellazione ha un
Signore della Casa e 3 Decadi. Il Signore della Casa ha influenza potente per
tutta la durata: ogni Decano ha influenza simile e minore per 10 giorni. Quindi PER DETERMINARE
LA TENDENZA GENERALE
DI UNA PERSONA
BISOGNA ESAMINARE QUALI
INFLUENZE DOMINAVANO NEL
GIORNO DELLA SUA
CONCEZIONE. USO DELLA TAVOLA ZODIACALE PER TROVARE L'ASTRALITA' DI UNA PERSONA Bisogna rimontare alla data
della concezione, cioè al giorno in cui il NUCLEO STORICO per
affinità di vibrazioni è attirato ad incarnarsi di nuovo in un seme concepito. Dalla data
di nascita si ottiene quella della concezione, tornando indietro di 9 mesi
lunari cioè di 266 giorni. Per trovare sulla tavola le influenze
che dominano in quel giorno, occorre ricordare che il Sole entra in Ariete e comincia
l'anno magico il 21 Marzo; in Toro il 21 Aprile; in Gemelli il 21
Maggio; in Cancro il 21 Giugno; in Leone il 21 Luglio; in Vergine il 21 Agosto;
in Bilancia il 21 Settembre; in Scorpione il 21 Ottobre; in Sagittario il 21
Novembre; in Capricorno il 21 Dicembre; in Acquario il 21 Gennaio; in Pesci il
21 Febbraio. Quindi, l'influenza del Signore della
Casa comincia il 21 di ogni mese e termina il 20 del mese successivo;
l'influenza del primo Decano va dal giorno
21 al 30; quella del secondo dall'1 al 10; quella del terzo dall'11 al
20. Nella tavola acclusa il Signore della
Casa è scritto in stampatello sotto il nome della Costellazione; i Decani sono
espressi secondo il segno astronomico corrispondente a ciascuna delle tre
caselle superiori: Sole – Venere – Mercurio – Luna – Saturno – Giove - Marte Per abbreviare il calcolo, poiché le
costellazioni corrispondenti al progresso dell'anno vanno da sinistra a destra,
si può trovare prima la casella con il Decano corrispondente alla data
di nascita, poi, procedendo in senso inverso alle lancette dell'orologio,
contare 26 caselle dopo quella trovata. Si può anche servirsi di un angolo di 94° (360-266) puntando un lato nella casella del Decano corrispondente alla nascita; l'altro lato, che sarà stato posto alla destra del primo, segnerà il punto ricercato. Naturalmente ognuna delle possibili 7
astralità ha le sue peculiari caratteristiche delle quali ne trascrivo
una sintesi intitolata “Tipi Planetari”. TIPI PLANETARI L'Astralità, ossia la “tendenza”,
è il difettivo dell'individuo.
Quando si sente questo linguaggio magico di Saturno, di Venere, di Mercurio ecc. bisogna tradurlo sempre in tipo vivente e reale. IL SOLARE I solari hanno l'estasi del fuoco e
l'estasi di Venere. E' il giovane attratto dai valori
ideali dell'Io. Esaltato ha sete di perfezione,
d'assoluto; ambizioso, pieno di grandi progetti. Vivere significa identificarsi col
proprio ideale, nell'esercizio della volontà e della piena coscienza di sé.
Vuole affermarsi, dominare, superarsi. E' un selettivo, un esteta, un
aristocratico raffinato, brillante e irradiante. Magnanimo, entusiasta, ama il bel
gesto per piacere più a se stesso che agli altri. Può quindi abbandonarsi al
culto dell'Io e divenire prigioniero del suo personaggio. Egocentrismo e teatralità. Rappresentazione,
estroversione di sé. Il rischio è una fierezza arrogante,
l'orgoglio cieco che gli fa pagare prezzi altissimi.
Affinità elettive: la vocazione,
l'etica, gli onori, il fasto. IL LUNARE I lunari sono esseri presi da
timidezza, titubanti, dolcissimi; sono femminei. Essi devono conseguire quella energia
che il loro impulso di concezione non ha dato loro. Il lunare si corregge, dandogli un
genio tipico solare. Da tale connubio si ha un complemento
che si uniforma al sole non con tendenze passive, indecise, remissive. Un lunare veramente tale, ossia
cattivo, è un tipo che conosce la fantasia, non la verità: è straripante, è un
pazzo. Considerandolo si ha l'idea dello squilibrato. L'interno suo è un
superfluo della fantasia. La fantasia è oggettivante. Quindi si ha il
disequilibrio. Per correggerlo ci vuole un genio
saturniano, nel quale la fantasia è cancellata. Vive in armonia con l'infanzia che per
lui non finisce mai. Ne ha la tenerezza, il candore, l'ingenuità, la purezza.
E' impastato d'istinto e di anima perché è vicino alla vita animale: è emotivo,
impulsivo, sensibile, impressionabile, influenzabile, ricettivo, pigro. Vivere è sognare ad occhi aperti,
abbandonarsi alla propria immaginazione, ai propri umori e capricci, alla propria
ispirazione. E' vittima della sua visione
soggettiva che si traduce nel gusto nostalgico del rifugio, dell'intimità
domestica; il bisogno di ritornare al proprio passato fino, nei casi peggiori,
a una vera e propria regressione all'infanzia (famiglia e casa). Sarà quindi un conservatore, fra le quattro pareti domestiche protettive come la madre, come l'utero materno il proprio chiuso universo. Al polo opposto può esserci il tipo vagabondo, instabile e “marinaio”, il “bohémien”, l'hippy in cerca di nuove sensazioni, di paesi mitici, quello che gira il mondo mentre pensa sempre a casa sua e ci ritorna sempre. continua ... Dua-Kheti MACROCOSMO E MICROCOSMO![]() L'origine di questi termini filosofici è, essenzialmente, platonico-aristotelica: Platone chiama il mondo «grande uomo» e Aristotele contrappone il «grande mondo» al «piccolo mondo». Naturalmente, dei due termini riferentisi al concetto di cosmo, originario è quello di "microcosmo", esprimente l'idea dell'uomo come in sé organizzato in forma analoga a quella dell'universo, e quindi esso stesso "piccolo universo": e la definizione dell'«uomo» come «piccolo mondo» sembra sia stata data per la prima volta da Democrito. Contrapposto all'uomo come "microcosmo", il mondo reale doveva assumere di conseguenza il nome di "macrocosmo". I filosofi
greci Anassimene di Mileto, Pitagora, Eraclito e Platone,
gli antichi gnostici, Filone giudeo e il filosofo medievale ebreo
Maimonide, abbracciarono tutti l'idea del macrocosmo-microcosmo.
I Sufi del XII° secolo dicevano che il macrocosmo è il
microcosmo, una sorta di versione antica dell'idea di Blake di
vedere il mondo in un granello di sabbia. Ermete Trismegisto
disse che una delle chiavi principali per la conoscenza era la comprensione che
“l'esteriore è come l'interiore delle cose; il piccolo è come il grande”. Gli alchimisti
medievali distillarono questo pensiero nel motto: “come sopra, così
sotto”. Il Kremmerz così si esprimeva: “Macrocosmo e microcosmo, in ambito ermetico ed esoterico, designano due entità di cui l'una è riproduzione in scala dell'altra, e che per via della loro
somiglianza formano un insieme indivisibile, un'unità dove le parti (il
microcosmo) sono in rapporto al tutto (il macrocosmo)”. Da quanto
precede risulta evidente che la chiave interpretativa dei rapporti esistenti
tra Macrocosmo e Microcosmo è l'”analogia”. Sinteticamente
e semplicemente, possiamo intendere l'analogia come “il rapporto
che la mente coglie fra due o più cose che hanno nella loro costituzione, nel
loro comportamento o nei loro processi qualche tratto comune”. Il Kremmerz
a tale proposito insegna: “Tutto è
analogico, e il processo magico per eccellenza è l'analogia”. Poi, per spegnere gli eventuali facili entusiasmi dei novizi, precisa: “L'analogia
è il terribile scoglio del novizio alla iniziatura, in quanto egli non la
discopre che col progredire della sua purificazione”. Ermete Trismegisto, nella seconda proposizione della sua Tavola di Smeraldo ha iscritto: «Ciò ch'è in basso è
come ciò ch'è in alto, e ciò ch'è in alto è
come ciò ch'è in basso, per fare i miracoli della cosa una. E poiché tutte le realtà sono e provengono da una, per la mediazione di una, così tutte le realtà sono nate da questa realtà unica mediante adattamento.» L'universo è il macrocosmo e l'uomo è
il microcosmo. Similmente l'uomo rappresenta il macrocosmo dell'atomo (sistema solare in piccolo). L'uomo è il macrocosmo del microcosmo, egli riflette
l'universo, è il grande simbolo dell'universo.
Ciò ci conferma il postulato della saggezza antica: “Tutto ciò che esiste nell'Universo è
fatto ad immagine di Dio”. Siamo un frammento del divino, una sua scintilla.
L'essere unitario immenso è globale, l'Universo grande è il pieno, il riempito, il gonfio. Etereo o pesante è compresso di materia, superbamente evaporante e determinante correnti di sottili, intelligentissime forme e forze, moto, vibrazione, armonia, ove ogni spostamento di molecole planetarie e stellari ha un riflesso e una reazione sui limiti infinitamente lontani del grande corpo. Il Kremmerz diceva: “L'Universo è la sintesi
di un'unità immensa, incommensurabile ed è uguale – per analogia – a qualunque
unità organizzata di un ordine inferiore. Il corpo umano è un esempio. Ora
mettendo in relazione le due unità macrocosmo e microcosmo, cioè l'universo e
l'uomo, è logico, è strettamente scientifico, per quanto non sia sempre
sensibile, che qualunque movimento di una parte del creato influisce
sull'altra e ne modifica le condizioni “. La nostra Terra, immersa nell'oceano cosmico, ha legami invisibili con il mondo stellare che sovrasta, come una cupola, la nostra sfera. “Tutto è Uno”. Le attuali scoperte della fisica matematica, applicata alla
Cosmologia (Fred Hoyle, Pietro Banna, Giuseppe Arcidiacono) hanno dimostrato
l'esistenza d'un principio d'interscambio, per il quale ogni
particella (materiale o vivente) dell'universo è in continuo e reciproco
rapporto con il tutto. Perciò nel Cosmo (quindi anche nella nostra
galassia e nel nostro sistema planetario) tutte le cose sono legate tra
loro da azioni o influenze reciproche, influenze di cui la scienza ancora
ignora l'esatta natura (Andrea Saetti – Tratto da Cecco d'Ascoli, un poeta
occultista medievale). L'ologramma ci conferma concretamente che nell'Uno,
governato dalla Legge Unica, la parte è simile al Tutto e che l'analogia è lo
strumento che permetterà all'uomo di integrarsi coscientemente con Esso. Il termine “ologramma” deriva dal greco òlos, intero, e gramma, scrittura: registrazione completa. L'ologramma si ottiene tramite una particolare tecnica
ottica chiamata olografia che, avvalendosi di sorgenti luminose
coerenti (laser), consente sia la registrazione fotografica tridimensionale di
un oggetto su un'unica lastra, sia la successiva ricostruzione, sempre
tridimensionale, dell'oggetto stesso. Con questa tecnica è infatti possibile
registrare su una lastra fotografica il campo completo della luce diffusa
dall'oggetto in osservazione (ologramma) per poi ricostruirlo con
tutte le sue peculiarità: osservando il campo ricostruito non si è in grado di
distinguerlo da quello naturale, e pertanto si vede un'immagine spaziale
dell'oggetto assolutamente simile all'originale. Lo studioso attento, facendo le dovute analogie tra sorgenti luminose ed aura, lastra ed astrale, immagine simile all'originale e “doppio”, potrebbe sviluppare interessantissimi concetti da sempre tramandati dalla Scienza Sacra. L'olografia ci insegna che la lastra fotografica su cui sia
impressa un'immagine olografica possiede delle proprietà straordinarie. Se
frantumiamo con un martello la lastra, ne prendiamo un frammento e lo
osserviamo con attenzione: scopriamo, allora, che il frammento continua a
riprodurre l'intera immagine. Se prendiamo un altro frammento, troviamo anche
in esso che l'immagine è riprodotta nella sua interezza. Lo stesso vale per
tutti gli altri frammenti. - Ologramma: il frammento riproduce l'intera immagine.... La scienza ci ha così offerto un magnifico esempio a conferma della massima tramandataci dalla Saggezza Perenne: “Tutto è Uno” . Questa straordinaria proprietà dell'ologramma mi riporta alla mente un concetto della numerologia esoterica espresso dal Kremmerz: “Se 1 è sintesi, principio attivo, universo immenso (il macrocosmo), il 2 è il principio passivo della sintesi. Ogni unità che si immagina divisa in parti, cessa di essere tale. Quelle parti in cui l'erudizione elementare (non pitagorica) delle scienze occulte ci vuol divisi corpo, perispirito e anima o spirito, non sono divisioni ma componenti organici essenziali. Ossigeno e idrogeno non sono acqua, ma combinati lo sono; l'acqua divisa nei suoi componenti non è più tale. Non è dunque possibile la concezione di parti nell'unità. Qualunque divisione di un'unità sintesi in cui le varie parti sono compenetrate, fino alla monade, contiene i 3 fattori senza separarli mai”. Concludo con quanto insegna la Magia sulla costituzione dell'uomo e tramandataci dal Kremmerz: “L'uomo deve essere considerato come
un Essere, che contiene in sé i 4 elementi che costituiscono l'universo: 1° – Terra – Corpo Saturniano - Mangia, divora, si rinnova, si riproduce; 2° – Acqua – Corpo Lunare - Vive della fonte del primo come la Luna dalla luce del Sole; 3° – Aria – Corpo Mercuriale - Individualità risultante, cioè uomo mentale, alato al capo e ai piedi e il più in contatto con Giove, IO Superiore; 4° – Fuoco – Corpo Solare - L'individualità divina, la quale non si manifesta all'uomo che per mezzo del corpo mercuriale, che a sua volta si manifesta al lunare e questo al saturniano. Il novizio deve comprendere che questa divisione è puramente
fatta per intenderci in maniera concreta ma non esiste veramente nell'uomo,
perché questi 4 corpi sono compenetrati in modo che ogni cellula, ogni
atomo del corpo fisico umano contiene gli altri 3 rudimentalmente o
atomicamente”. La saggezza perenne ci tramanda che Tutto è Uno,
pertanto ne deduco che la suddetta affermazione possa applicarsi a due aspetti
del mondo “Uno”. Quali sono questi due aspetti? Uno corrisponde alla realtà della vita di tutti i giorni, oggettiva
ed esteriore, l'altro, invece, corrisponde alla nostra realtà intima, soggettiva
ed interiore. Il primo mondo è analogo allo stato di veglia
e quindi di coscienza, il secondo allo stato onirico, all'inconscio,
al Sé Superiore. La ricerca non deve spingerci all'evasione dalla vita
quotidiana per farci rifugiare in una vita tutta interiore, ma bensì deve
condurci all'equilibrio nell'integrazione armonica dei due mondi. Più vita, più significato, più coscienza … se realizzata
nell'armonia dei due estremi. Gli antichi saggi ci hanno tramandato
che questa coscienza, nell'uomo iniziato ai misteri della Scienza Perenne,
dovrà divenire vigile, attiva e realizzatrice, 24 ore su 24, il che sta ad
indicare che il suo stato di coscienza dovrà espandersi anche alla dimensione
onirica, nella quale egli dovrà operare e realizzare gli insegnamenti dei
Maestri.
Dua-Kheti SIMBOLISMO DEGLI ANIMALI SACRI DELL'ANTICO EGITTOIl Maestro Kremmerz
indicando al discepolo la via sicura da percorrere, come primo precetto gli
insegna a “credere nel Dio unico, armonia dell’universo visibile
e invisibile, Dio che è legge immutabile, che è verità e luce, che è giustizia
e bene, che è perfezione e misericordia”. Questo precetto è la colonna sonora del suo Inno al Sole “Unus,
pollentissimus omnium!” e del suo luminoso “Credo” nel
quale egli elenca le Virtù del settenario, cioè dei sette pianeti o come li
chiama lui “piani” ma subito dopo prosegue e conclude con: “Così credo” nell’Uno che tutto in sé contiene: Moto, Forma, Forza, Intelligenza, Bene, Amore e Morte. Credo
nell’ascenso dell’uomo all’UNO infinito, nella Legge Universa di
ciò che fu, che è, che in eterno sarà”. “Credendo” nel
precetto del Kremmerz, io ritengo che gli Dèi non siano che
aspetti diversi della manifestazione dell'Uno...che tutto in sé contiene. Dalle Acque della profanazione e del Lete, molti animali
furono messi in salvo nell'”Arca” del simbolismo Sacerdotale Egizio. Tebe o Tebha, infatti, significa Arca, ricettacolo di tutte
le matrici. La parola Arca, potrebbe etimologicamente derivare dal
sanscrito Ark che vuol dire Sacrificare e Sacrificio, cioè Sacrum-Facio, rendo
sacro, e trattandosi quindi di simbolismo sacro, in esso dobbiamo inoltrarci
come insegnavano i sacerdoti egizi: “con passo che non lascia impronta”. “Gli dèi non sono che manifestazioni dell'Essere Supremo” HORUS Animale simbolico: FALCO
- BAK o BIK Falco, animale consacrato ad Horus. Horus è il principio di evoluzione superiore cui deve
aspirare l'umanità. Her è il nome di Horus e del suo volto e significa anche “SOPRA”. HER-BAK = “Testa di Falco” e “Volto di Horus”. E' anche il nome del “cecio” il cui aspetto ricorda il profilo del falco di Horus, in relazione al becco e alla curva caratteristica disegnata dalla regione dell'occhio. La sua vista non è per nulla abbagliata dal Sole! Il falco piomba sulla preda, l'afferra tra gli artigli, la spiuma in pieno
volo, e le trafigge il cuore bevendone il sangue. Horus, che significa probabilmente "Il lontano", è una
divinità celeste egizia che ha la sua ipostasi nel falco. Horus è la forma latina del nome egizio Hr la cui lettura è Heru, è il dio del cielo di Edfu. Il mito di Horus Non esiste un solo mito di Horus ma cambia a seconda della civiltà e
del periodo: · Nei Testi delle piramidi troviamo il mito più arcaico su Horus, il quale ci racconta che egli nacque dal rapporto tra Osiride (ricostruito con un membro di legno, secondo altri sarebbe una candela, e non resuscitato poiché rimane in stato vegetativo e diventerà per questo il dio delle vegetazioni e della morte) con Iside che lo partorisce e lo nasconde. Diventato adulto, Horus affronta Seth con i suoi seguaci, detti "Seguaci di Seth", il quale gli strappa un occhio e viene rappresentato come un porco. Horus successivamente riprende l'occhio e gli strappa i testicoli, dona l'occhio a Osiride suo padre che si rianima e con questo completa il ciclo agrario. Una variante del mito è raccontata nella stele di Metternich: Iside nasconde Horus affidandolo alla dea Uto, ma uno scorpione inviato da Seth si introduce nel nascondiglio del bambino, lo punge e lo uccide. Iside, trovato il bambino morto, invoca Ra e ferma con un incantesimo la barca del Sole; ne discende il dio Thot, che infonde l'energia vitale di Ra in Horus, resuscitandolo.[1] · La versione ellenica invece ci è nota da Plutarco (45-125) come Mito di Iside ed Osiride: Seth con l'aiuto di alcuni compagni, fa costruire una cassa (o sarcofago) ricchissima che regalerà a chi si adatterà perfettamente, in realtà è un inganno per Osiride che appena entrato vi viene rinchiuso e gettato nel fiume Nilo. Però la cassa si incastra in un arbusto, per cui la moglie Iside può recuperare il corpo. Iside, si unisce con Osiride e concepisce Horus. Ma Seth scopre il cadavere di Osiride e lo smembra in quattordici parti disperdendole nel Nilo. Iside va quindi alla ricerca delle parti, le trova e le ricompone tutte tranne il membro, inghiottito da tre pesci e al cui posto ne metterà uno finto.[2] Osiride poi verrà imbalsamato, rivitalizzato e diventerà re degli inferi.[3] In riferimento a quanto sopra, vorrei aggiungere alcuni elementi utili ad interpretarne qualche analogia. Sempre secondo Plutarco, il regicidio
commesso da Seth uccidendo Osiride, tronca un regno durato 28 anni (28 è il numero delle fasi
lunari) e cade nel giorno del plenilunio. Questo periodo di tempo mi ricorda la
durata di 28 anni + 1 mese del 1° ciclo delle “Lunazioni”,
avute dal Kremmerz dall'”anonimo napoletano (Izar)”
e tramandate ai suoi discepoli. Infatti, nell'11^ Puntata del 1°
ciclo egli ci riporta: “Questa lunazione si chiamava Orakìa
ed era dedicata al dio Serapi di Tebe. Il culto di Serapi era lo stesso di quello di Horus e Serapi era un dio grandissimo della medicina, sanatore, ricreatore come Osiride.... Ma i Serapei o tempii di Serapide erano esclusivamente medici. Serapide era qualche cosa come Esculapio, Horus, Ermete, Kons. La forma divina della medicina era proprio di questo dio, i cui
responsi non si facevano mai aspettare”....In fine di queste notizie riporterò
alcune sagge risposte del grande Dio Serapide ai suoi consultanti – e il lettore ne farà profitto”. Al termine della Lunazione ci dona “Tre responsi di Serapide”. Leggendo la 13^ Puntata troviamo: “Questa lunazione è chiamata Ra-Muni
dal pontefice di Menfi dallo stesso nome o dal genio omonimo del
culto astartèo....In questa luna si invocavano i sette genii o potestà
astartei.... Nel 1° ciclo Izar ricorda un responso di Serapide, che in questa luna dette al poverello per 28 giorni come rimedio universale l'acqua di mare, le alghe del mare e dei fiumi, e il sale marino”. Da quanto sopra, si intuisce
facilmente che le “Lunazioni” sono una preziosissima miniera di
informazioni circa la tradizione caldeo-egizia. Inoltre, Iside è Myriam e pertanto sempre dell'influenza della Luna o Lunazioni stiamo parlando. Iside, ritrova la cassa con il corpo di Osiride, lo riporta in vita per una notte e
con lui concepisce Horus. Ma il corpo del re defunto è ritrovato
anche da Seth che ne fa scempio, smembrandolo in 14 pezzi. Le 14 parti del corpo smembrato rimandano ai giorni che intercorrono tra il plenilunio e il novilunio. Iside troverà e rimetterà insieme le parti e da “nera” , in 14 giorni, tornerà di nuovo “bianca o piena”. Poiché il Kremmerz, per
conoscere il significato profondo delle parole, consiglia di scavare sempre
nella miniera delle lingue cosiddette morte e nell'etimologia delle parole,
evidenzio che il termine Luna deriva dal latino l?na, da un più antico louksna, a sua volta dalla radice indoeuropea leuk- dal significato di "luce
riflessa"; luce di chi? Del “corpo di luce” del suo sposo Osiride naturalmente! Il culto di Horus è attestato dal periodo predinastico (3100 a.C.), grazie alla rappresentazione di un falco nella "Stele del re serpente Djet"[4], fino all'epoca romana quando il suo culto viene unito a quello della madre Iside.
In epoca predinastica si ebbero, con molta probabilità, diverse
divinità falco. La più importante delle quali era il dio-falco venerato nell'Alto Egitto. Quando i sovrani del Basso Egitto unificano le Due Terre, Horus assume il carattere di Unificatore dell'Alto e Basso
Egitto. Il sovrano egizio è considerato la personificazione di Horus, ossia l'Horo vivente; la prima tra le molte titolature che identificano un sovrano
dell'Egitto è il serekht ossia il nome-Horo caratterizzato appunto dal falco. ![]() Nella mitologia egizia esistono
diverse forme di Horo. In alcuni miti, Horo è considerato figlio della
dea-vacca Hator, il cui nome significa letteralmente casa di Horo.
Il mito però maggiormente famoso è
quello che lo vuole figlio di Osiride ed Iside e vendicatore del padre nei confronti
di Setth, il quale gli tolse un occhio durante un violentissimo scontro. Durante il lungo periodo della civiltà egizia l'Horo di Ieracompoli assorbe, con un meccanismo di sinceritismo, svariate altre divinità locali aventi caratteristiche simili che
infine divennero aspetti diversi di una sola figura. Le forme sincretiche più comuni erano: Harakhti, Hornedjitef, Harsiesi, Harmakis, Haroeris, Harpocrates, Harsomtus e Hurum ma ve ne sono anche con gli dei solari Ra, Atum e Aton di cui la più conosciuta è quella di Ra-Harakhti. I figli di Horo sono quattro divinità
protettrici dei vasi canopi, i
contenitori delle viscere nel processo di mummificazione. Quattro genî egiziani, originariamente celesti, quindi funerarî,
raffigurati rispettivamente l'uno come uomo, gli altri come
personaggi con testa di cinocefalo, di sciacallo,
di falco. Il corpo è spesso rappresentato
mummiforme, e sono spesso raffigurati tutti insieme su un fiore di loto, dal
quale si dice siano nati. Sono loro che danno ai vasi canopi egiziani le tipiche
quattro teste, che ne costituiscono in epoca più recente il coperchio.
Presso i Greci e i Romani fu noto con il nome di Arpocrate e rappresentato come un bambino con un dito in bocca, gesto che indica un infante e interpretato come un invito al silenzio. Per coloro che avevano acquisito la dignità di entrare nel “Santo
Sanctorum” del “Tempio coperto” egizio invece, il gesto interpretato
come silenzio era solo un primo simbolo esteriore per il volgo che ne
racchiudeva uno più profondo e segreto.
Dall'etimologia del nome e dal suo aspetto di uccello, si deduce
che Horo fosse una divinità del cielo: i suoi occhi
simboleggiano luna e sole, il cui viaggio nel cielo è dovuto al volo di Horo. Horus: nella mitologia egizia, dio del cielo, della luce e della bontà. Una delle principali divinità egizie, Horus era figlio di Iside, dea della natura, e Osiride, dio del mondo sotterraneo; quando Osiride fu ucciso dal suo malvagio fratello, Seth, dio dell'oscurità e del male, Horus vendicò la morte del padre uccidendo suo zio. Il dio Horus, figlio di Iside e Osiride, simboleggia l'energia medianica. E' il signore della
profezia, della musica, dell'arte e della bellezza. Horus era il dio dei cacciatori
ed era rappresentato da un falco. Successivamente fu identificato con il sole,
divenendo il simbolo della nobiltà, archetipo dei faraoni. Horus, il falco divino, divenne quindi il dio del
cielo, che aveva il sole come occhio destro e la luna come occhio
sinistro. La sua natura comprendeva una chiaroveggenza che gli
consentiva di vedere ogni cosa, una capacità visiva molto acuta e una
sviluppata consapevolezza. I quattro elementi naturali, terra, vento,
fuoco e acqua erano al suo comando. Horus, che rappresenta quindi l'equilibrio
del mondo naturale, è anche associato all'orizzonte orientale e alle
terre straniere. Il suo colore è il giallo.
In seguito all’uccisione di Osiride da parte di Seth, le dee Iside e Nefti vagarono sulla terra alla ricerca dei
resti del suo corpo smembrato, che Seth aveva sparso in varie parti dell’Egitto. Riassemblato il corpo di
Osiride, Iside utilizzò le sue arti magiche per resuscitarlo almeno
temporaneamente, così da potersi unire a lui e concepire un figlio. Fu allora
che Horus, l’erede vendicatore di Osiride e il legittimo successore al trono
d’Egitto, fu concepito. Molte leggende identificano Horus come un bambino nato segretamente a Khemmis e
tenuto nascosto in paludi di papiro. Iside, con tutta la sua magia ed astuzia, lo avrebbe nascosto e
protetto fino a quando non fosse stato abbastanza grande da sfidare suo zio Seth per la successione al trono. ![]() La disputa per la sovranità tra Horus e Seth è una lunga e complessa situazione
che riflette l’importanza delle due divinità nella mitologia e nella cultura
dell’antico Egitto. Si dice che il dio del sole Ra sia stato il giudice che, presiedendo
al tribunale, divise in origine il territorio fra di essi: a Seth offri il dominio dell’Alto Egitto
mentre a Horus quello del Basso Egitto. Alcune fonti, però, narrano che Ra cambiò successivamente idea e non
favorì Horus in alcun modo. Ne seguì una contesa di otto anni durante la quale
Horus e Seth tentarono di superarsi l’un l’altro
in astuzia. In diverse occasioni sarà ancora la magia di Iside a proteggere Horus. Con il suo aiuto, Horus riuscirà anche a vanificare un
episodio di aggressione sessuale da parte dello zio, disonorandolo
pubblicamente nel corso del processo. Horus nel suo tentativo di essere
riconosciuto come legittimo pretendente al trono dell’Egitto unificato,
rappresenterà il diritto divino del faraone alla sovranità, e sarà una delle
divinità la cui influenza conferisce regalità e potere.
Durante la disputa fra Horus e Seth, quest’ultimo insegue il nipote nel
deserto e lo acceca cavandogli gli occhi dalle orbite. Horus è poi trovato da Hathor, in alcuni casi ritenuta sua madre
più di quanto non lo sia Iside. Sarà lei a restituirgli la vista sanandogli gli occhi con il
latte di gazzella. L’occhio lunare di Horus o udjat divenne una
potente immagine che simboleggiava la regalità, la forza, la purificazione e la
protezione. Per gli Egiziani l’udjat era un totem di protezione
che veniva frequentemente indossato come collana, collocato sulle fasciature
dei corpi mummificati e, in alcuni casi, dipinto sopra i feretri. Più tardi i
Greci, che furono fortemente influenzati dalla cultura egiziana, dipinsero il
simbolo di un occhio analogo sulla prua delle loro barche, affinché fosse di
buon auspicio per la navigazione. Ancora oggi, l’occhio di Horus ha una notevole influenza: le sue sembianze ricorrono, infatti,
nella gioielleria popolare, nell’arte e nel disegno. Molti ne sono attratti
senza conoscerne il significato, forse perché esso risveglia l’innato legame
con gli antichi egiziani e con i miti di Osiride. ![]() Vorrei concludere questo scritto con una sintesi riportando
le parole che in La Porta Ermetica il Kremmerz
utilizza per spiegare il significato dei primi tre numeri e della
trinità o legge del tre.
“La legge del mondo è una, sempre
uguale e costante. Un principio attivo feconda un passivo
che nutrisce e accresce la forma embrionale del primo, poi la distacca e la fa
vivere di vita propria. L'uomo, la donna, il figlio. Il Sole, la Luna, la creazione. 1 (attivo), 2 (passivo) = 1 + 2 = 3
cioè attivo più passivo dà vita ad una forma che è la somma dei due. …..Osiride agisce su Iside, nasce Horus”. Dua-Kheti Note:
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LISTA ARTICOLI
- UN OMAGGIO AL MAESTRO GIULIANO KREMMERZ
- LUZ, IL NOCCIOLO DELL'IMMORTALITÀ
- ESEMPI DI PRUDENZA E SAGGEZZA
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- DAL LIBRO I FONDAMENTI SPIRITUALI DELLA VITA DEL FILOSOFO VLADIMIR S. SOLOVIEV
- APPENDICE AL TESTAMENTO SPIRITUALE DI SALVATORE MERGÈ SULL’ "ALCHIMIA MATERIALE"
- PREGHIERA A MARIA
- LE MOTIVAZIONI CHE INDUSSERO GIULIANO KREMMERZ A ESCLUDERE I MASSONI DALLA NASCENTE E FUTURA FR+ TM+ DI MYRIAM.
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- IL VIAGGIO DI DANTE ALLA LUCE DEI RIMANDI ASTRONOMICI
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- LA TAVOLA ZODIACALE - PRIMA PARTE
- MACROCOSMO E MICROCOSMO
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- KEPLERO IL PREVEGGENTE
- ILLUMINAZIONE ... VENDESI
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- SCHEDA ESOPIANETI
- CIO' CHE E' IN BASSO E' COME CIO' CHE E' IN ALTO
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