CAPITOLO III
Quale dignificazione sia richiesta per divenire un vero Mago ed operatore di miracoli.
Nel principio del libro di quest’opera abbiano parlato delle qualità che sono indispensabili al Mago. Diremo ora della cosa
arcana e secreta, necessaria a chi voglia bene operare in quest’arte, cosa che è il principio, il complemento e la chiave di tutte
le operazioni magiche, cioè la dignificazione stessa dell’operatore ad una tanto sublime virtù e potestà. Solo l’intelletto, che è
in noi la più alta espressione, è capace di operare le cose miracolose e se esso è troppo dominato dalla carne, non sarà capace
di operare sulle sostanze divine, cosa che spiega il perché tanti ricerchino le arie di quest’arte senza trovarle. Bisogna dunque
che noi che aspiriamo a tanta alta dignità, troviamo anzitutto il modo per distaccarci dalle affezioni della carne dal senso
mortale e dalle passioni della materia e in seguito cerchiamo per quale via e in qual modo ci eleveremo a quelle altezze
dell’intelletto puro, senza le quali non potremo mai felicemente pervenire alla conoscenza delle cose segrete e alla virtù delle
operazioni miracolose. In questi due punti fondamentali si compendia tutta la dignificazione largita dalla natura dal merito e da
una certa arte religiosa. La dignità naturale è una eccellente disposizione del corpo per cui le doti dell’anima non possono
venire ottenebrate e questa eccellente disposizione del corpo e dei suoi organi proviene dalla situazione, dal moto, dalla luce e
dall’influenza dei corpi e delle anime celesti che presiedono alla nascita d’ogni uomo. Come sono quelli la cui nona casa è
fortunata per Saturno il Sole e Mercurio; ed anche Marte nella nona casa impera sugli spiriti. Ma di ciò è trattato ampiamente
nei libri d’astrologia. Colui che non è nato sotto una così felice disposizione, ha bisogno di supplire alle manchevolezze della
natura con l’educazione, con una vita assai regolata e con un buon uso delle cose naturali, sino al raggiungimento della
perfezione così interna che esterna. Perciò la scelta d’un prete, nella legge mosaica, era circondata da tanta scrupolosità, e il
prete non doveva aver accostato un cadavere, una vedova, né una donna mestruante e non doveva esser lebbroso, né
soggetto a flussi sanguigni, ma integro in tutte le membra, non cieco, non zoppo, non gobbo ne col naso mal fatto. E Apuleio,
nella sua Apologia, dice che il fanciullo destinato mediante un magico carme alla iniziazione deve essere scelto sano, integro
corporalmente, ingegnoso, bello, industrioso e di facile eloquio, perché la potenza divina possa trovar degno ricettacolo nella
sua persona e il suo intelletto sia capace di compenetrarsi della essenza divina. La dignità meritoria si ottiene con la dottrina e
con le opere. Scopo della dottrina è conoscere la verità. Perciò, come è stato detto al principio del primo libro, occorre divenire
anzitutto sapiente e esperto nelle tre facoltà del mondo elementare e poi, rimossi gli impedimenti, avvicinare profondamente e
intimamente l’anima alla contemplazione e rivolgerla in se stessa. In noi stessi, infatti, è inerente la facoltà di apprendere e di
dominare tutte le cose. Ma ci impediamo di fruirne a causa delle passioni della generazione che ci contrastano e delle false
immagini e degli appetiti immoderati, espulsi i quali subito si presenta la divina cognizione e potestà. La dignità religiosa,
infine, non ha minor efficacia e spesso anche è da sola sufficiente a guadagnarci una virtù deifica, perché le operazioni sacre,
compiute secondo il rito, racchiudono in se tanta potenza, che, anche senza esser comprese, se eseguite con fervore e con
tutte le prescrizioni del cerimoniale, nonché con ferma fede, valgono ad onorarci della potenza divina. Inoltre la dignità
acquisita pel potere della religione è suscettibile di essere affinata mercè le espiazioni, le consacrazioni e i riti sacri, da colui
che ha consacrato pubblicamente l’anima sua alla religione e che ha il potere dell’imposizione delle mani e di vincolare con la
virtùsacramentale che imprime il carattere della virtù e potenza divina, che si chiama il divino consenso, per mezzo del quale
l’uomo sostenuto dalla natura divina, e quasi complice degli spiriti celesti, porta inserita in lui la potenza della divinità;
cerimonia che è stata compresa fra i sacramenti dalla chiesa.
Se voi dunque siete un uomo imbevuto dello spirito sacro della religione, se nutrite sentimenti di pietà, se credete senza
essere sfiorato dal dubbio, se siete tale a cui l’autorità delle cose sacre e la natura abbiano conferito la dignità che le divinità
non disdegnano, voi potrete pregando, consacrando, sacrificando, invocando, attrarre le virtùspirituali e celesti e informarne le
cose che vi appartengono, nel modo che reputerete migliore, e dare anima e vita a qualunque opera magica.
Ma chiunque, senza la potenza dell’ufficio, senza aver meriti di santità e di dottrina, senza dignità naturali o educative,
presumerà compiere opera fattiva in materia magica, lavorerà invano, ingannerà se stesso e i suoi aderenti e susciterà
l’indignazione delle divinità, esponendo la sua esistenza i piùgravi pericoli.
CAPITOLO III

Quale dignificazione sia richiesta per divenire un vero Mago ed operatore di miracoli.

Nel principio del libro di quest’opera abbiano parlato delle qualità che sono indispensabili al Mago.

Diremo ora della cosa arcana e secreta, necessaria a chi voglia bene operare in quest’arte, cosa che è il principio, il complemento e la chiave di tutte le operazioni magiche, cioè la dignificazione stessa dell’operatore ad una tanto sublime virtù e potestà. Solo l’intelletto, che è in noi la più alta espressione, è capace di operare le cose miracolose e se esso è troppo dominato dalla carne, non sarà capace di operare sulle sostanze divine, cosa che spiega il perché tanti ricerchino le arie di quest’arte senza trovarle.

Bisogna dunque che noi che aspiriamo a tanta alta dignità, troviamo anzitutto il modo per distaccarci dalle affezioni della carne dal senso mortale e dalle passioni della materia e in seguito cerchiamo per quale via e in qual modo ci eleveremo a quelle altezze dell’intelletto puro, senza le quali non potremo mai felicemente pervenire alla conoscenza delle cose segrete e alla virtù delle operazioni miracolose. In questi due punti fondamentali si compendia tutta la dignificazione largita dalla natura dal merito e da una certa arte religiosa.

La dignità naturale è una eccellente disposizione del corpo per cui le doti dell’anima non possono venire ottenebrate e questa eccellente disposizione del corpo e dei suoi organi proviene dalla situazione, dal moto, dalla luce e dall’influenza dei corpi e delle anime celesti che presiedono alla nascita d’ogni uomo. Come sono quelli la cui nona casa è fortunata per Saturno il Sole e Mercurio; ed anche Marte nella nona casa impera sugli spiriti. Ma di ciò è trattato ampiamente nei libri d’astrologia.

Colui che non è nato sotto una così felice disposizione, ha bisogno di supplire alle manchevolezze della natura con l’educazione, con una vita assai regolata e con un buon uso delle cose naturali, sino al raggiungimento della perfezione così interna che esterna. Perciò la scelta d’un prete, nella legge mosaica, era circondata da tanta scrupolosità, e il prete non doveva aver accostato un cadavere, una vedova, né una donna mestruante e non doveva esser lebbroso, né soggetto a flussi sanguigni, ma integro in tutte le membra, non cieco, non zoppo, non gobbo ne col naso mal fatto.

E Apuleio, nella sua Apologia, dice che il fanciullo destinato mediante un magico carme alla iniziazione deve essere scelto sano, integro corporalmente, ingegnoso, bello, industrioso e di facile eloquio, perché la potenza divina possa trovar degno ricettacolo nella sua persona e il suo intelletto sia capace di compenetrarsi della essenza divina. La dignità meritoria si ottiene con la dottrina e con le opere. Scopo della dottrina è conoscere la verità. Perciò, come è stato detto al principio del primo libro, occorre divenire anzitutto sapiente e esperto nelle tre facoltà del mondo elementare e poi, rimossi gli impedimenti, avvicinare profondamente e intimamente l’anima alla contemplazione e rivolgerla in se stessa. In noi stessi, infatti, è inerente la facoltà di apprendere e di dominare tutte le cose.

Ma ci impediamo di fruirne a causa delle passioni della generazione che ci contrastano e delle false immagini e degli appetiti immoderati, espulsi i quali subito si presenta la divina cognizione e potestà. La dignità religiosa, infine, non ha minor efficacia e spesso anche è da sola sufficiente a guadagnarci una virtù deifica, perché le operazioni sacre, compiute secondo il rito, racchiudono in se tanta potenza, che, anche senza esser comprese, se eseguite con fervore e con tutte le prescrizioni del cerimoniale, nonché con ferma fede, valgono ad onorarci della potenza divina. Inoltre la dignità acquisita pel potere della religione è suscettibile di essere affinata mercè le espiazioni, le consacrazioni e i riti sacri, da colui che ha consacrato pubblicamente l’anima sua alla religione e che ha il potere dell’imposizione delle mani e di vincolare con la virtù sacramentale che imprime il carattere della virtù e potenza divina, che si chiama il divino consenso, per mezzo del quale l’uomo sostenuto dalla natura divina, e quasi complice degli spiriti celesti, porta inserita in lui la potenza della divinità; cerimonia che è stata compresa fra i sacramenti dalla chiesa.

Se voi dunque siete un uomo imbevuto dello spirito sacro della religione, se nutrite sentimenti di pietà, se credete senza essere sfiorato dal dubbio, se siete tale a cui l’autorità delle cose sacre e la natura abbiano conferito la dignità che le divinità non disdegnano, voi potrete pregando, consacrando, sacrificando, invocando, attrarre le virtù spirituali e celesti e informarne le cose che vi appartengono, nel modo che reputerete migliore, e dare anima e vita a qualunque opera magica.

Ma chiunque, senza la potenza dell’ufficio, senza aver meriti di santità e di dottrina, senza dignità naturali o educative, presumerà compiere opera fattiva in materia magica, lavorerà invano, ingannerà se stesso e i suoi aderenti e susciterà l’indignazione delle divinità, esponendo la sua esistenza ai più gravi pericoli.

(da: "Libro terzo - Magia Cerimoniale" di Cornelio Agrippa)

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