Il bene ed il male in Magia dipendono dalla purità e dalla giustizia dell’operatore, più che dai mezzi di cui l’operatore si serve.

     Ordinariamente molti confondono la magia naturale con la magia nera, non ammirando né lo scopo né la giustizia a cui un operatore si ispira e fermandosi ai mezzi che egli mette in azione per produrre l’effetto voluto.

     Ma questo è un pericoloso giuoco di parole, perché la magia nera o la magia dell’ombra non deve assolutamente sempre confondersi con la cacomagia o magia del male. In un libro di filosofia sarebbe preso a legnate chi volesse sostenere che il ferire un uomo con un coltello è opera umanitaria, e tuttavia i chirurgi ogni giorno feriscono di coltello gli uomini per dar loro la salute. Così nella magia operatoria, la quale è pura o impura, è bianca o nera secondo la purità o l’impurità del maestro operante e non dei mezzi di cui egli si serve.

     Magia bianca è magia angelica: l’angelo deve star nell’uomo che fa la magia; la magia nera invece è demoniaca, perché il demonio è nel mago; perché in lui è incarnato un diavolo tal quale lo dipinge l’iconografia cattolica. In quanto ai mezzi lo studioso comprenda che la magia naturale può essere un coadiuvante della magia divina, nel senso che qualunque mago bianco può servirsi della magia naturale.

     Il nome di Magia Nera, per il significato satanico attribuitovi dall’uso, non può essere né discusso né adoprato ora in altro senso, appunto per non generare nelle menti dei semplici confusione peggiore: ma il discepolo deve comprendere che il Nero della Magia deve stare nell’ombra generante dell’occulto invisibile, secondo le antiche cerimonie iniziatiche delle religioni morte o trasformate. Chi legge e studia attentamente quanto io ho scritto nella prima parte di questi Elementi di Magia badi che io, in diversi luoghi, ho fatto notare che tutti gli atti generativi sono occulti in natura: occulti cioè nell’ombra, cioè nel nero per mancanza o privazione necessaria di luce. Il seme nella terra, il seme fecondante l’ovolo negli animali, il principio generativo nei corpi in fermentazione, siano esempi analogici. Il sacerdozio magico, fatto a somiglianza della natura viva, ha fatto perfino le parole divine alla imitazione del nero occulto nella generazione delle cose visibili.

     Ho detto in altra parte perché il nome del Dio unico non si pronunziava dai sacerdoti innanzi al popolo profano, perché la pronunzia del nome vero di Dio è una evocazione del potere divino nell’ombra invisibile sulle cose visibili e tangibili – e tutto il paramento sacerdotale degli antichi e moderni sacerdoti delle antiche religioni prende la sua simbologia dal potere generativo degli organi umani della generazione. Il bastone del vescovo e lo scettro reale insegnano lo stesso che la mitra ingemmata dei vescovi e il zucchetto dei preti. La messa cattolica da questo punto di vista si confonde con la messa dell’Agni del rituale bramanico. Le profanazioni sono degli attentati alla generazione occulta, e il mezzo di cui si sono serviti tutti i distruttori delle religioni è stato identico sempre, cioè di mettere alla luce ciò che doveva restare all’ombra del santuario; come un contadino inesperto il quale per scavare dalla terra il seme che appena sboccia, lo condanna a perire. Gli illuminati in tutte le epoche non sono che violentissimi contro i profanatori i quali riescono satanici nel senso empio della parola, perché agiscono contro le leggi di natura, cioè mettono in luce ciò che nei visceri dell’occulto si stava generando e distruggono senza coscienza e senza pietà. Ciò dimostra il perché del secreto delle società occulte meglio organizzate: i neofiti vorrebbero, appena ottenuto il permesso di picchiar alla loro porta, il bandolo della matassa occulta che si raggomitola nel secreto, e una volta impadroniti del segreto, non servirsene ma propalarlo, cioè uccidere il germe che feconda il visibile. Perciò il lungo e perticace cozzare dei neofiti nelle porte di bronzo che chiudono il tempio; essi non spogli delle imperfezioni della natura, vogliono a ogni costo sorprendere il dio ignoto per essi che feconda nell’ombra il germe che deve dar vita ad una quercia maestosa. L’uomo profano ha la incoscienza dei bambini innanzi agli oggetti frangibili; per il solo desiderio dell’esperimento un fanciullo rompe un vaso di cristallo prezioso per l’artificio, e per la curiosità di vedere l’interiore di una bambola la mette in pezzi! Per ciò gli uomini che parlano restano nel vestibolo della chiesa a far le chiose e a motteggiare i passanti e fanno l’ufficio delle cicale sui fichi e della civetta nelle panie per gli uccelletti. I loquaci sono profanatori per istinto: la libera critica della scienza operante nell’occulto è dei fonografi che si ripeteranno in eterno, e non troveranno mai la via di Sionne. Chi vuol capire capisca, e faccia tesoro di quanto io vado inoculando nella psiche del lettore di buona volontà. La lega formidabile delle gazze (da cui gazzettieri) dello scibile umano contro il secreto è appunto da ricercarsi nella impotenza dello studioso profano di sorprendere l’atto di fecondazione della vita – che è simbolizzato nel fuoco magico, fuoco vergine delle vergini sacerdotesse di Vesta. Perciò coloro che parlano formano accademie scientifiche negli orti accademici: ORTO da ORIOR, utero delle verzure mangerecce dei cavoli e delle rape, pasto di volgo, e dove la divina ambrosia non si tocca perché non si vede. Perciò chi si inizia deve saper conchiudere il mistero per raggiungerlo. GEOVA o JEOVA E’ UN DIO NERO: horresco, non è possibile, dice il volgare che lo ha visto dipinto nelle storie sacre con tanto di barba e come facitor di luce, che si manifesta per la luce, è nell’ignoto e resta ignoto. Dice il volgo dei filosofi del visibile che DIO NON E’, ma questo stesso volgo si inchina innanzi al sole fisico, che è creazione del GEOVA o JEOVA che non si vede e non si è lasciato mai sorprendere in mutande dai fanciulli curiosi dello scibile, curiosi più delle femmine, ciarlieri più delle ciane di Lungarno, e sospettosi più degli avari che danno a prestito alle meretrici.

     Il dualismo stabilisce il confine tra la verità e l’illusione, tra il sole e la luna della cabala astrologica – che cosa è questa lotta, la si vedrà passo per passo dallo studioso nella vita praticata – il mistero appartiene alla verità generativa, alla fecondante, alla divina, però è necessario che vi sia una verità generata. Così i sapienti dell’una sono volgari sacerdoti della realizzazione, e i sapienti dell’altra sono gli occulti generatori di questi. Il bene ed il male devono trovarsi nel vestibolo del tempio e non nel tempio; nel peristilio cioè dove si accalca la turba pettegola, maldicente e ladra dei venditori, che il buon Gesù scaccio col flagello dal tempio; ma nell’occulto dove non esiste che la LEGGE INESORABILE del progresso nella natura e nella sua generazione, non vi può essere che il bene assoluto, cioè la GIUSTIZIA, cioè il GEOVA, dio invisibile che si manifesta per la sua bontà intransigente, fatale, nell’atto della creazione.

     Da questo focolare del dio inesplorato, in cui la GIUSTIZIA più alta rappresenta l’unico bene, GIOVE spesse volte saetta e lampeggia irato. La turba pettegola innanzi all’irato nume invisibile, occulto, intangibile e perciò calunniato, e perciò negato ,si inchina sbigottita implorante: il bene genera il terrore come un richiamo delle pecorelle smarrite all’ovile della verità. Il terrore del castigo è un male? – Il dolore della giustizia punitrice è un bene? – Domandatelo alla filosofia di Domenico di Guzman, inginocchiato innanzi alla Madonna del Rosario, supplice di redenzione. Domandatelo al calvario degli evangeli e al culto del sangue di Cristo. L’iniziato deve aspirare alla soluzione di questo problema per il volgo petulante; innanzi alla sua coscienza non vi è altro Minosse che la giustizia divina che, nella sua misericordia eterna e vera, si ammanisce dinanzi all’offerta dei frutti primaticci di Abele, e si acciglia e saetta di fronte al dispregio e al vilipendio.

 

Tratto da:  Kremmerz I edizioni «Universale di Roma» anno 1951.

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