A proposito di Giacomo Leopardi

 

Tra le molte pubblicazioni edite per onorare la memoria di Giacomo Leopardi mi è capitato dai fratelli Rocca di Torino: M. S. Patrizi, saggio psico-antropologico SU giacomo leopardi E la SUA famiglia. Come facilmente si comprende è l'esame del pessimismo del Leopardi in ordine alle degenerazioni fisiche e psichiche per ereditarietà e per l'ambiente in cui visse l'illustre recanatese. Io non dimentico di aver elogiato come più prossimi alla intuizione della dottrina degli antichi magi sull’uomo gli antropologi e gli studiosi delle malattie e dei disturbi mentali in relazione allo sviluppo fisico del corpo umano. La critica letteraria e la scientifica, povera nei tempi in cui l'analisi della produzione intellettuale non aveva base alcuna né nell’ambiente né nelle influenze fisiche sullo sviluppo psichico dell’artista, ha toccato e va toccando in questi ultimi tempi un eccesso opposto, facendo risultare ogni anormalità psichica dall’ereditarietà e dalla imperfezione o anomalia del fisico. Ma è già un passo grande verso la verità.

In Francia, in Inghilterra, in Germania e tanto meno in Italia (in cui non trovo volgarizzatori scientifici della dottrina occulta) la filosofia spiritualista non ha ancora influenza determinata sulle scuole di critica letteraria e artistica e questa, a base di antropologia dei positivi, pare già un tentativo ardito e forse l'ultima parola sul meccanismo del genio e della sua esplicazione in arte.

Ma coloro che leggono il mio Mondo Secreto non con la semplice curiosità di sentir parlare degli spiriti e dei diavoli, hanno il dovere di riflettere che quando il progresso del volgarizzamento delle nostre dottrine sarà più esteso e rapido, l’esame critico dell’artista e delle produzioni artistiche dev'essere fatto non solo coi dati di cui si servono gli antropologi, ma anche con la scorta dei lumi della filosofia dell'anima, indipendente dal suo contenente fisico.

I fattori che agiscono come modificanti il carattere e l'ingegno dell'artista non sono da ridursi ai soli dell’ereditarietà e dell’ambiente, anzi rovesciando la progressione bisognerebbe studiare:

1.° Perché i caratteri e le abitudini e tendenze psichiche diventano ereditarie nelle famiglie.

2.° Che cosa è in una famiglia l’aggruppamento di anime simili per tendenze e manifestazioni.

3.° Che vuol dire l’influenza dei padri sulla formazione e la riproduzione dell’anima dei figli.

4.° Se «l'anima» che si incarna nell’utero materno non determini le sue tendenze in rapporto ai tempi del concepimento (astrologia giudiziaria[[1]]) o in rapporto alle impressioni psichiche dei genitori nell’atto generativo.

5.° Se le impressioni morali agenti sullo spirito dei genitori abbiano maggiore o minore effetto delle impressioni fisiche.

6.° Se lo sviluppo nelle manifestazioni della psiche del bambino sia veramente sottoposta alla influenza dell’ambiente o quali siano quelli che invece sono refrattarii ad esso o ad esso s'impongono.

7.° Se la suggestione della folla sull’uomo ordinario agisca identicamente sull'uomo che incarna uno spirito di ordine superiore.

Questi problemi potrebbero aumentare a vista d’occhio, e dare lo scoraggiante spettacolo che la scienza volgare non risponde ancora a questi problemi di altissima filosofia che... in pratica diventa magia operante.

A questo proposito mi piace pei miei lettori di accennare a qualche pensiero del Recanatese che nelle tenebre della volgare filosofia, in contatto con gli antichi filosofi iniziati della Grecia aveva guizzi di luce che paiono desolanti e sono desolanti per i volgari perché alla verità dello cose si avvicinano.

Egli scrive per esempio:

« Pare un assurdo e pure e esattamente vero, che, tutto il reale essendo un nulla, non vi è altro di reale, né altro di sostanza al mondo che le illusioni ».

Verità terribile ma verità.

All'8 giugno 1820 scriveva questo:

« Gli antichi supponevano che i morti non avessero altri pensieri che dei negozii di questa vita e la rimembranza dei loro fatti gli occupasse continuamente e s'attristassero e si rallegrassero secondo che avevano goduto o patito quassù; in maniera che, secondo essi, questo mondo era la patria degli uomini e l'altra vita un esilio ».

Ed un altro che fa a calcio col pessimismo:

« Io non ho mai sentito tanto di vivere quanto amando, benché tutto il resto del mondo fosse; per me come morto.

L'amore è la vita e il principio vivificante della natura come l'odio il principio distruggente e mortale. Le cose son fatte per amarsi scambievolmente e la vita nasce da questo. Odiandosi, benché molti odii sono anche naturali, ne nasce l'effetto contrario, cioè distruzioni scambievoli ed anche rodimento e consumazione interna dell'odiatore ».

E quest'ultimo non meno tremendo:

« Il primo autore delle città, vale a dire della società, secondo la Scrittura, fu il primo riprovato, cioè Caino, e questo dopo la colpa, la disperazione e la riprovazione.

Ed è bello il credere che la corruttrice della natura umana e la sorgente, della massima parte dei nostri vizii e sceleraggini sia stata in certo modo effetto, figlia e consolazione della colpa.

E come il primo riprovato fu il primo fondatore della società, così il primo che definitivamente la combattè e maledisse, fu il redentore della colpa, cioè Gesù Cristo ».

E molto altro ci sarebbe da ricercare — come in tutti i filosofi amanti di solitudine, che scrivono i loro pensieri chiaroveggenti senza innestarli agli odiosi sistemi umani.



[[1]] Ma non quella dei ciarlatani.

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