QUINTO DIALOGO

SOMMARIO: Il vero significato della parola suggestione — Che cosa s’intende in meccanica per forza — L’energia potenziale di un corpo — Fede non è forza oggettivante — Fede è stato di esaltazione della cre­dulità — Quando e come la fede produce fenomeni esteriori — La fede che guarisce — Come avviene il miracolo in colui che prega — La me­dicina della Scuola è ermetica e non mistica — Che cosa è per noi il taumaturgo — Quale è la nostra missione — La Medicina Ermetica è campo di esplorazione delle forze integrate dell’uomo che ama — Le in­fermità sono disquilibrii — I mali vengono sempre annunziati da disor­dini sensorii — Come agiscono gli anestetici — Da quale centro partono i mezzi guaritivi — Le cure ermetiche e le loro risultanze — La nostra terapeutica non ammette formulari — L’azione personale del medico va­lorizza la prescrizione — La batteriologia e i microbi — I batteri sono cause e effetti dell’infermità ? — L’uomo può con la volontà ottenere l’im­munità del suo organismo — La necessità della pratica individuale — Nella natura non esiste il miracolo — La conoscenza delle leggi naturali — Il sonno ed il suo mistero —Dormire e morire — Il sonno della morte — L’Amore crea e la Morte dissolve — I psicanalisti e l’interpre­tazione dei sogni — Le forze del Cosmo — Tutti gli esseri soggiacciono all’influenza magnetica terrestre —Le correnti astrali — Il magnetismo cosmico — Dormire è rifarsi — Nihil sub sole novum — L’anima della terra — L’ineluttabile destino dell’uomo.

 

Discepolo. — L’attesa di sette giorni è stata lunga — vorrei, quando siamo in argomento, continuare il nostro dialogo fino a com­pletarlo, fino ad esaurire il soggetto.

Giuliano. — E’ una premessa sbagliata — perchè gli argomenti di così importante scienza veramente umana, non sono mai esauriti. Io  sono stato il primo a fare in Italia una vera propaganda pratica di questa che chiamasi la Medicina Ermetica, restata finora allo stato nebulosa ed in potere di una ristretta cerchia di praticanti  e di filosofi. Mai se n’è parlato così ampiamente come abbiamo fatto noi, con criterio di insegnamento e con carattere prettamente italiano, allontanandoci per quanto è possibile dal misticismo e dall’atto di fede. La suggestione, parola che si pronunzia a diritto e a rovescio dalle persone colte e dalle illetterate con denaturazione di signifi­cato, vorrebbe parere un vocabolo di scienza sicura e una soluzione sempre pronta che spiega tutti i miracoli apparenti, i fenomeni, gli esperimenti in cui non entrino un controllo o dei fattori meccanici. Suggestione da suggerire — sub-gerere, introdurre — e fu resa di mo­da durante l’entusiasmo per le esperienze di Charcot, epoca in cui molte cose romantiche si misero in circolazione — E come all’epoca degli alchimisti, così tutti divennero come Charcot ipnotizzatori e suggestionatori. Tutti gridavano alla vittoria del magnetismo accet­tato dalla scienza officiale sotto il nome di ipnotismo. Allora tutti si sentirono ipnotizzatori e suggestionatori, e si cominciò a formare il romanzo mirabolante pieno di maravigliose sciocchezze di cui eb­bero paura le persone timide e le coraggiose. Parlando per esempio con una donna, giù uno sguardo di ipnotizzatore, e la dolce sugge­stione di trovarsi a tale ora nelle braccia di tale uomo; parlando ad un cassiere di banca, forte il lancio di un’occhiata che lo inchioda con la bocca aperta in attesa di un ordine e dare il comando : conse­gnatemi duecentomila lire in biglietti di banca. Tutte panzane che stanno in piedi come i cetrioli all’aceto. Romanzo da cinematografo; fiabe, racconti, spacconate! Suggestionare un ipnotizzato significa semplicemente far condividere un’idea che si suggerisce ad un sog­getto quasi patologico che la rende sua sposa. Avvenimento possibile con certi individui in condizioni particolari del sistema nervoso e dell’immaginazione ed in seduta di esperimento, ma non, come si crede, facile giuoco da ripetersi da chiunque e su qualsiasi persona. Il suggerimento di una idea, la insinuazione di un atto da eseguire, la fascinazione di un animo debole, con movimenti, parole, idee, sono cose che arrivano in tutti i momenti ed a qualunque persona da che il mondo è mondo. Charcot voleva far capire che mettendo un sensi­bile in istato di sonno o di dormiveglia, e creato così in lui uno stato di debolezza per credulità, l’idea o l’atto suggerito acquista il potere di un’immagine imposta ed accettata, e viene realizzata senza resi­stenza. Allora la parola suggestione vorrebbe significare questo come idea scientifica e niente altro. Per estensione il vocabolo vuol dire indurre gli altri a credere cosa che loro si vuol far credere e che non è vera. A proposito del nostro esperimento che vi ricordai nel dialogo precedente, voi avete detto che invece di attribuire la resi­stenza di reggersi su di un piede solo, alla forza volitiva che, come catena di volontà, contribuì alla maggior durata della prova, si doveva dar la parte preponderante alla suggestione. Suggestione di chi? dell’amico che tentò la prova due volte?...

Discepolo. — Dell’amico e dei componenti la catena.

Giuliano. — In questo caso la messa in colleganza e in con­tatto dei componenti la catena era un apparato suggestivo per il sog­getto che tentava di resistere?

Discepolo. — Proprio così.

Giuliano. — Allora ammettete che l’atto di legarsi in catena, di formare un circolo di persone, tenendosi per mano, abbia fatto pen­sare all’amico che si prestava, che veramente una forza nuova ed esteriore sarebbe venuta a lui? Che questa non esisteva e che in­tanto l’altro ha resistito prendendo da questa forza inesistente la ca­pacità di reggersi su di una sola gamba per più minuti?... Dove egli ha attinta l’energia che gli occorreva, se non era reale nessuna forza nella formazione della catena?

Discepolo. — Non da altro che dal suo interiore, per sugge­stione accettata.

Giuliano. — Dunque una forza che in lui preesisteva all’ora della seconda prova, e che ha potuto servirgli in questa sol perchè si è autosuggestionato pensando che una catena di amici volenterosi gli avrebbe comunicata una energia che non possedeva.

Discepolo. — Credo così perchè mi sembra più logico.

Giuliano. — Bravo amico, sapete voi che cosa s’intende in mec­canica (meccanica umana è la stessa cosa) per forza? Prendo la defi­nizione da un qualunque tratto del genere: Si chiama forza, qual­siasi causa atta a modificare lo stato di riposo o di movimento di un corpo. La nozione della forza ci viene dall’esperienza di ogni istante. Noi non possiamo spostare un corpo nello spazio, deformarlo, rom­perlo senza aver coscienza della fatica che facciamo e che chia­miamo « forza ». Vedete che anche in materia di definizione scien­tifica di uso ordinario mancano le parole: per poco questo dotto autore non ha detto che in meccanica la forza è la forza! Ora l’amico quando ha resistito sette minuti su di una sola gamba, ha avuto coscienza che la sua provvista di forza era esaurita. Se avesse potuto prolungare la sua fatica, la riserva di sforzo gli avrebbe fatto rag­giungere gli otto, i nove minuti. Ma non ha potuto, la sua forza era tutta spesa... Quando dopo il breve riposo di un quarto d’ora egli ha ripreso la sua posizione, il suo corpo non poteva meccanicamente disporre che di una forza potenzialmente eguale alla prima. In mec­canica si chiama « energia potenziale di un corpo » la maggior quan­tità di lavoro che questo corpo può produrre quando non gli si fornisce niente, cioè quando non gli si addiziona altra forza estranea e non sua. Quando ha durato per un piccolo periodo di sette minuti, la sua energia potenziale, esclusiva alla meccanica della sua costi­tuzione, aveva esaurita una possibilità di resistenza.

Discepolo. — E’ vero.

Giuliano. — Se mi dite che l'autosuggestione o la suggestione di noialtri ha permesso la resistenza, dovete dimostrarmi che una di queste due azioni illusive ha fatto scaturire da un ripostiglio secreto, nascosto e non funzionante allo stato primitivo, una forza nuova che ha raddoppiata o quintuplicata la sua energia potenziale.

Discepolo. — Ma la suggestione è una forza.

Giuliano. — Non una forza meccanicamente intesa come ri­spondente ad una energia potenziale assolutamente in continuo au­mento della sua virtù ed azione. Vi ho detto: non esagerate e non contorcete il significato di suggestione. La quale modifica lo stato volitivo di un individuo debole e gli fa accettare come sua una idea imposta da altra persona; ma se è un atto che deve compiere, una messa in azione della idea accetta, è fatica che il suggestionato compie con la energia potenziale di cui dispone, e non va oltre. Provatevi a comandare in istato di trance ipnotica a un soggetto di sollevare una sedia, egli vi obbedisce; ma comandategli, suggestio­nato di sollevare una massa di due quintali, la suggestione non gli darà una forza maggiore di cinquanta grammi della sua disponibilità ordinaria.

Discepolo. — Farò provare come voi dite, ma nel caso proprio di questa nostra esperienza mi parve che in questo amico, che si prestò all’esperimento, avvenisse un mutamento di tutto il suo sem­biante appena scorse la catena formata per aiutarlo. Mi parve che un atto di fede gli avesse ridata la forza che prima non aveva avuto.

Giuliano. — Caro amico, se volete entrare nella purità ermetica date alle parole il significato che possiedono, non andate oltre coi traslati e con le frasi comuni che ne hanno mutato il senso primitivo. Fu proprio nel periodo di Charcot che si cominciò a servire della parola fede con forza oggettivante. Nel linguaggio fiorito di lette­rati e poeti tutto può essere detto con una parola che diametralmente significa il contrario di quel che le fanno dire. La fede, fides, è uno stato di esaltazione della credulità nel momento del suo più alto fervore. La sua azione è soggettiva, autosuggestiva, mistica. Può essere ispirata e costituita da una preparazione religiosa, e può essere una credenza sicura in uno svolgimento di fatti filosoficamente con­vincenti, su di un soggetto o seguito di fatti da verificarsi con cer­tezza. Un uomo può aver fede nella giustizia di Dio, una donna nella immutabilità dell’affetto del suo amante, un uomo politico nella idea di un reggimento civile come migliore tra i provati, un giuocatore nella vittoria di un cavallo alle corse, ma la fede è forza per quanto aiuta gli impazienti ad aspettare e a farci sopportare le miserie della vita che spesso, per semplificazione, si attribuiscono agli dii che stanno nei cieli e che con certezza se ne infischiano dei mortali. La fede è una forza trasformatrice soggettiva e determina, in noi, tutti i mutamenti dell’autosuggestione propriamente detta. Il suo miracolo è autosuggestionativo, immaginativo per volontà, perchè la volontà è un’immagine finita e definita; la fede diventa una forza esteriorizzata solamente nella grandi masse che animate da essa, muovono verso un fine voluto e ben preciso. Le rivoluzioni politiche, le processioni per invocare la pioggia, gli eserciti vitto­riosi in marcia, le ore di terrore dei cataclismi devastatori possono, quando prendono valore dalla fede di tutti gli attori o delle possibili vittime, essere studiati da questo punto di vista del miracolo al di fuori degli esseri umani nella massa del gran numero di pile in moto, che, in sostanza, formano una catena, e il miracolo vi attinge l’energia che gli occorre. La fede, nel valore suo più intenso, dà fenomeni ed è forza nel senso che determina in noi le trasforma­zioni, i mutamenti, le variazioni. Nelle masse dà risultati oggettivanti, cioè esteriori, per modificazioni di forme e di stati di essere della natura visibile. L’atto di fede che vi è sembrato donatore di forze nuove sul sembiante dell’amico soggetto dell’esperimento, non produsse in lui che il solo mutamento dello stato di incredulità in condizione di probabilità, autosuggestione per ragionamento, che propiziò alla catena, formata dagli amici in circolo, la facile accipienza del soggetto alla volontà massima che gli affluiva in rinforzo. La suggestione, la autosuggestione, l’atto di fede, la idea stessa non erano forza meccanicamente intesa di energia potenziale x, che essi non possono dare.

Discepolo. — Eppure non s’intende dalla maggioranza così come voi l’esponete. Suggestione, fede, autosuggestione, insomma sono credute capaci di ogni fenomeno generante forza.

Giuliano. — Voi avete sentito molti che a bocca piena annunzia­no che la fede guarisce. Non ricordo chi superscientifico stampò un libro sulla fede che guarisce — e di magnetizzatori e d’ispirati ve ne sono a tonnellate che praticano la fede guaritrice — ma i successi sono essi mai oggettivi? Sembrano tali e non lo sono. Io ho spiegato in altra occasione come, dopo la preghiera intensa ad una immagine di santo, avviene il miracolo in colui che prega. Nell’ani­ma orante l’immagine della madonna o del santo viene ritratta viva e attiva e sanatrice, diventa volontà guaritiva e il fatto è, peractum est. L’ermetismo può servirsi di tutti i fattori positivi per raggiun­gere la guarigione di un ammalato, ma lo scopo che mi propongo rispondendovi, è di farvi comprendere quali sono i principi su cui la nostra medicina si basa e di quali forze si serve. Quelli che non comprendono una cosa che non è comune, che tutti si guardano anche dal prendere in considerazione, come dei principi romantici campati in aria, domandano, sempre col proposito già fatto di rifiu­tare senza esame, una spiegazione di questo sistema di terapeutica. Sistema? Ma questo non è un sistema nel senso letterale della parola, è una penetrazione di un gruppo di leggi naturali per mezzo delle quali si possono guarire tutte le infermità umane, fisiche, psichiche e morali; è un avviamento, è una base alla taumaturgia integrale come la tradizione ricorda.

Discepolo. — Medicina sacra?

Giuliano. — Medicina ermetica semplicemente e non sacra nel senso di medicina mistica. Ho cominciato col dirvi, l’ho ripetuto e lo ripeto: noi siamo nella materia, quindi forze e energie mate­riali, di sacro non vi è che il Sole, la Luce, lo Splendore della in­telligenza umana, che è l’Ermete di ogni taumaturgo.

Discepolo. — Ma se voi conoscete tutte queste belle cose, dovete essere riuscito un taumaturgo insuperabile!

Giuliano. — Tutti i cultori della nostra medicina si propongono di arrivare alla taumaturgia. Il taumaturgo è il tipo di massimo realizzatore della nostra medicina. Il tipo ideale, come il tipo del facitore dei miracoli divini, è Gesù della leggenda. Moltiplica i pesci e i pani; risuscita i morti; dà la vista ai ciechi ed all’occorrenza si fa mettere in croce per insegnarci che suo padre, che è nei cieli, commise un grande errore con la creazione dell’uomo e della sua compagna. Il nostro tipo di taumaturgo sarebbe un uomo arrivato al completo raggiungimento delle sue forze e dei suoi poteri corpo­rei e mentali. Noi siamo spiriti erranti; noi abbiamo la missione luciferiana di portare la fiaccola in giro, da uomo a uomo; noi in­ segniamo l’inizio della ricerca in noi e intorno a noi; noi apriamo un finestrino sull’immenso panorama dell’infinito e diciamo a chi ci somiglia che di là di ogni miseria, in questa vita di miseria co­mune, esiste l’Amore. Se io sia un medicastro, un guaritore, un taumaturgo, un Gesù redivivo come tanti credono di essere, non è cosa che riguarda gli altri. So che studio questo problema da tempo immemorabile, che mi sono occupato sempre di questo argomento, che vi ho iniziato tanti altri, e, se avessi voglia di riconoscere me stesso in altri momenti storici delle mie vie antecedenti, potrei con­siderare con una certa soddisfazione che alcune figure di grandi sa­natori dei secoli passati furono miei discepoli, come ora finirete con l’essere voi stesso. Mi domandate con la più ironica semplicità se io sia un taumaturgo e non me ne offendo, perchè una volta, nella mia gioventù, anche io chiesi ad un santo se veramente egli guarisse tutte le malattie e non se ne offese. Era moribondo il marito di una signora mia amica la quale mi pregò di dire al curato della vicina chiesa parrocchiale di accendere dei ceri a S. Espedito, un santo di fama recente che non si sa chi sia stato, ma che pare fosse un milite romano cristianizzato e poi compreso in una lista di Martiri. Fu nell’ultimo cinquantennio tirato fuori dall’almanacco perchè il suo nome vuol dire sollecito, e quindi, mentre gli altri santi a farvi grazia ci pensano su, lui sbriga le cose in due e due fanno quattro. Il curato mi condusse alla sua presenza: statua in legno di un metro e mezzo di altezza, figurante un legionario con scudo e lancia. L’artista gli aveva fatta una bella faccia più da pasticciere che da eroe. In piedi, lo guardai bene e, fatto ardito dal suo sorriso benevolo, gli domandai: O fratello sant’Espedito, sei tu il tauma­turgo che tanti adorano? Il suo sorriso si accentuò e non rispose. Vidi dalla gioviale figura scaturire limpido il pensiero : Io non mi offendo, noi santi facciamo il meglio che possiamo, sono i malati che devono fare il resto. E me ne andai convinto che anche i santi, interrogati così, non la pigliano a male. Io non sono un santo, tanto meno una statua, e meno ancora un guerriero con scudo e lancia; sono uno studioso, e pratico le conclusioni dei miei studi per tentarne gli effetti. Che tutti riescano questi esperimenti e che io risusciti i morti non l’ho detto mai a nessuno. So che amo tutti quelli che soffrono e che vengono in mio contatto. In certi istanti potrei dire: io sono Amore! La medicina ermetica è un campo di esplorazione delle forze integrate dell’uomo che ama con una visione intensiva, come Psiche il suo sposo nelle tenebre di un castello lontano dalla folla umana e fuori i limiti dei poteri delle turbe che dell'amore fanno un fine, una meta, per contorcerlo e soffrirne.

Discepolo. — Ritorniamo quindi alla Medicina Ermetica in ma­niera concreta. Voglio avere un’idea ben precisa, non solo dei prin­cipi, ma della pratica di essa e delle possibilità di ottenerne dei ri­sultati convincenti.

Giuliano. — Vi comprendo. E’ sempre il metodo positivo che vi sprona a concretare le cose pratiche, se sono pratiche. Ma riflet­tete che la Medicina Nostra dà risultati che possono essere control­lati positivamente dovunque e comunque. Io ho cominciato a for­nirvi gli elementi razionali per arrivare alla sua sintesi e quindi anche alla sua pratica. Vi ho parlato della formazione del nostro organismo, dell’aura da noi emessa, della suggestione, della fede che guarisce e della maniera vera come queste cose devono rettamente essere intese. Soprattutto ho insistito sullo stato di amore e sulla formazione delle immagini per dare una determinazione po­tente alla volontà. Vi ho parlato di queste cose a casaccio ed evi­tando una preoccupante disposizione degli argomenti, come per se­guire un metodo; espongo le idee così come si presentano, e nell’insieme lavoro a formarvi un corredo di nozioni a cui manca solo l'alcaest degli alchimisti, il collegamento, per agitarle e farle auto­maticamente muovere, come soggetti vivi, alla formazione della materia vivente. L’uomo cade infermo, come tante volte ho detto, per disquilibrio. Ogni organismo sano è un equilibrio dei poteri sensori e degli elementi che lo compongono; la biologia, da quando l’analisi chimica ha fatto dei progressi, è passata alla constatazione di questa verità, analizzando tutti gli escreati emessi dal nostro corpo e il sangue, dalla normalità chimica di questi elementi, alla maggiore o minore anormalità. Si sono così scoperte molte malattie dovute al ricambio materiale degli elementi, cioè alla rinnovazione ed alla eliminazione delle particelle, umori, prodotti tossici che do­vrebbero mantenere in efficienza il nostro corpo.

Discepolo. — Ma voi, parlando a caso, avete messo a capo delle cose disquilibranti i poteri sensori. Volete forse dire, sensazioni? il prodotto dei nostri sensi? e perchè poteri? e perchè li fate precedere al disordine degli elementi costitutivi?

Giuliano. — Non a caso ho detto così; ma per gradazione degli esponenti della sanità. Primi ad essere colpiti, in ogni stato patologico del nostro organismo, sono i sensi o parte dei cinque sensi. Per leggera che sia una indisposizione, noi la sentiamo. Essa ci si manifesta con una qualunque sensazione anormale o affievolimento o  esagerazione di uno o più dei sensi nostri. Bisogna capire che la mia è una idea semplice. Gli elementi componenti il nostro corpo, appena alterati influiscono sulla normalità dei sensi nostri. Equi­librio tra poteri sensori, o regolarità dei sensi, e funzionamento inavvertito delle parti costituenti il nostro organismo, è stato di sa­nità. I sensi sono le antenne del male, i tentacoli che esplorano il disordine e lo denunziano al cervello, se il cervello, e non altra parte dell'organismo animale, è veramente il centro della nostra sensi­bilità. Non vi è infermità che non ci sia annunziata da disordini sensori, o da semplice affievolimento dei nostri sensi. Lo stato di sanità è determinato appariscente dal pieno possesso delle sensazioni. Solo nelle infermità del ricambio, essendo esse caratteristiche per alterazioni degli elementi chimici, i sensi non ce ne avvisano immediatamente. Come nel diabete. Come nelle dispepsie lente. Co­me nell’albuminuria. Il dolore è un avviso dei nostri sensi della non regolare funzione di una parte dell'organismo che si riverbera su tutto il nostro corpo. Dato che l’encefalo sia veramente il centro della nostra sensibilità, e che tutto ciò che racchiude la nostra per­sonalità sia in quel punto centrale, l’ermetismo parte dal centro delle sensazioni per esplorare il nostro corpo fisico. Perciò alcuni stabiliscono come principio che il nostro io, cioè la personalità pen­sante, è anche il centro della nostra guarigione, se siamo ammalati. Gli anestetici, come l’oppio, la cocaina, la morfina e seguito, inter­rompono le sensazioni dolorose temporaneamente, togliendo la co­municazione tra noi persona pensante e gli organi sofferenti — e gli anestetici diventano dannosi e soppressori della coscienza del male. Se questa soppressione non fosse temporanea, avverrebbe la inerzia assoluta del centro e la completa separazione dei poteri sen­sori dalla personalità pensante e centrale. Il fachirismo vorrebbe ottenere questo? Tutte le estasi del piacere e del dolore nei mistici, arrivano a momenti separativi e stupefacenti. L’ermetismo, e per esso lo stato di mag o condizione magica del nostro corpo, investiga altri metodi volitivi per sopprimere coscientemente (e quindi senza dro­ghe inebrianti) tutte le sensazioni ingrate. Restare cosciente di ciò che si vuole e si fa, non è abdicazione della nostra personalità in­nanzi al dolore. I tempi di Charcot sono passati e le speranze favoleggiate di ipnotizzazione, per produrre l’insensibilità fisica anche nelle operazioni chirurgiche, sono svanite. Allora si credette che la cloroformizzazione degli ammalati soggetti ad essere operati, si potesse sopprimere e sostituire con l’ipnotismo — ora dagli stessi componenti la nuova scuola psichiatrica francese si nega, come assurda, perfino la possibilità di uno stato di prima ipnosi. Mutano i saggi col mutare dei tempi! Estremisti dell’ipnotismo di ieri e di oggi!

Discepolo. — Troppa materia di confusione. Voi preferite gittare nel crogiuolo molte idee, ed io invece ne desidererei poche e chiare.

Giuliano. — Lo so. Vi sembrano numerose queste idee, perchè tutte si riducono ad una che è la semplicissima — e le idee semplici vi imbrogliano, vi scombinano, perdete il filo delle idee fatte. Provo a dirvi più chiaramente ed in breve: se lo stato di infermità è una condizione ingrata del nostro essere (organismo saturniano e corpo sensibile mercuriale centrale) la nostra personalità (pensante, sensi­bile, delicato ricettacolo di tutto l’insieme delle nostre impressioni) può essere il centro guaritivo di emanazione degli elementi equili­branti il corpo vivente e malato. Traducendo in lingua povera: se l’arrivo del disordine corporeo ci è segnalato dal centro fisico della sensibilità della nostra persona, da questo centro stesso devono par­tire i mezzi, direi i rimedi psichici, che agiscono come medicazione sullo stato di infermità.

Discepolo. — E quali rimedi? pensieri? desideri? volontà? questi li chiamate rimedi come se fossero pasticche di chinino o ampol­line di arseniato di ferro?

Giuliano. — Pasticche e ampolline più energiche di queste citate. Avete già dimenticato quel che vi ho detto della volontà sotto la forma di immagine e nella apparente qualificazione di un atto senza potere e inefficace. Le droghe medicali sono il più delle volte punti di partenza dell’azione immaginativa e volitiva dell’individuo in­fermo, ed anche i tossici, che agiscono come dissolventi gli elementi chimici componenti le cellule animali, sotto la potestà energica del­l’immaginazione pura diventano sanatori. Le famose virtù delle erbe, e dei così detti semplici, dovettero in origine essere scoperti per rapporti immaginativi, analogia di forme, rapporti di sapore, di contatto, di azione che ne hanno determinate le virtù terapeutiche, virtù in molti casi smentite e discreditate nella terapeutica contem­poranea. Perciò sentite parlare di rimedi cervellottici del tale o tale altro che fa una cura ermetica : tappezzate i vetri della vostra finestra con carta rossa, mutate le vostre lampade in vetro rosso, vivete tre giorni in questa luce rossa. Voi guarite. Il rimedio per la via degli occhi è disceso al male, ha ridonato l’equilibrio. Il biochimico vor­rebbe sapere come è avvenuto questo mutamento. La medicina er­metica, se ha ottenuto questo risultato, ha per principio che le risul­tanze di una cura non hanno bisogno di essere esaminate nè chi­micamente, nè al microscopio, tanto meno come procedimento sta­bile per ottenere altre guarigioni. Capisco che l'uomó vuol sapere quanto è avvenuto per imparare; ma ciò che nell’Ermetica si deve conoscere è il modo come guarire con rimedi che mutano da uomo a uomo, e quindi inutile il controllo dei mezzi. Se il malato è gua­rito, se ne consoli.

Discepolo. — Ma esaminando, come voi non volete fare, e no­tando con quale rimedio è guarito un male, non solo raccogliete dei documenti per farvi credito, ma date agli altri delle prescrizioni preziose nei casi simili.

Giuliano. — Inutile pei due scopi. Farci fama, non ci riguarda, perchè non siamo cavadenti da fiere che cercano clienti. Noi addi­tiamo la via a tutti e non domandiamo il pagamento di nessun pedaggio. Ho tanto spiegato che in ermetismo, in magia, in materia qualunque di realizzazione, l’operatore deve essere neutro — cioè non interessato — ora farsi credito, cercare la fama o il denaro significa interesse vivo alle risultanze. In quanto poi a lasciare i do­cumenti perchè tutti possano servirsi dello stesso rimèdio per casi simili, è una corbelleria, perchè il rimedio buono per l’uno non è buono per il secondo e può essere dannoso per il terzo. L’ho già detto due minuti fa. Bisognerebbe regalare ad ognuno uno scato­lino di quel tale sale della sapienza che non si vende negli spacci ordinari — e che voi avete messo nella saliera a portata di mano... e con tanto sale voi stesso mi fate delle domande sceme. La nostra terapeutica non ammette formulari per far ricette — comincia col contatto della mano, di un dito, e arriva al bagno di acqua di ci­sterna, e a una formula complicata di medicamenti ordinari innocui. Non siate sempre pronto ad adattare i mezzi ordinariamente in uso per cose che sono al margine di quelle accettate dal comune degli uomini destinati a vedere, nello svolgersi della vita ordinaria, a regola fissa, l’unica maniera comoda per non affaticare il cervello. Rimedi e specifici fabbricati a serie, come le automobili e le calza­ture, nella nostra ermetica non esistono.

Discepolo. — Dunque niente formulari terapeutici, niente arte di prescrivere rimedi. Allora i metodi sono al rovescio di quelli adoperati e prescritti dalla medicina ordinaria riconosciuta dallo Stato e dalle Università. Tutti possono diventare medici senza soste­nere esami, senza studiare, senza assistere lunghi mesi negli ospe­dali, e seguire la pratica necessaria per curare gli infermi, in barba alle leggi che vietano l'esercizio abusivo della professione di medico.

Giuliano. — Come correte, amico mio, come improvvisate delle idee che non abbiamo ancora nè pensate nè dette! Siamo all’inizio di questa scuola, e non possiamo ritenere che il medico, come le università ce lo preparano, sia cosa inutile o pericolosa. Sarebbe un diploma di ignoranza e di orgoglio che decreteremmo al nostro esperimento. Ed innanzi tutto, e soprattutto, qualche cosa indegna di noi italici, perchè l'Italia, per quanto sia stata Enotria e madre del­l’ottimo vino, ha conservato attraverso tanti millenni il diritto patrio al buon senso e al ragionamento un pò scettico, ma non esagerato e distruttivo e tanto meno illudente e pretensioso per un entusiasmo male a proposito. Siamo l’avanguardia di una idea ridotta dall’em­pirismo mistico a principio scientifico. Non siamo gli americani della Scienza Cristiana che invadono la camera di un ammalato e buttano dalla finestra tutti i farmaci prescritti dal medico curante, e tanto meno seguaci della chiesa senza capo nè coda degli antonisti di Padre Antonio del Belgio, che si contano a diecine di migliaia e vogliono abolire perfino l’intervento chirurgico nella frattura delle ossa. Noi siamo precursori della presa in considerazione e in esame di un principio nuovo nella terapeutica odierna, l'azione personale guaritiva del medico che modifica, valorizza e rende potente ogni sua prescrizione, dandovi una forza sanatrice che ordinariamente le ricette non hanno. E mentre il medico e la sua scienza non arri­vano da loro a questa preparazione, non vi è niente che si oppone a che un ammalato sia curato da un medico e che una catena di anime, una corrente di forze psichiche, o un umile e disinteressato cultore della nostra medicina aiuti, coi mezzi di cui può disporre, ammalato e medico. Vedete che non vi è niente nella nostra pratica che possa offendere il principio di garanzia che la laurea in medi­cina conferisce ai medici accettati dallo Stato. Credete che tra i nostri seguaci non vi siano medici che studiano queste nostre teorie e che non se ne servano spesso? Come è successo dei sogni presi come valori indiziari da Freud, avverrà che gli studi psicologici, i progressi della metapsichica e questo nostro ermetismo non mistico, prepareranno importanti modificazioni alla Cultura del medico tera­peuta, nel senso di medico sanatore perfetto. Oggi potete non cre­dere a questo mutamento e conservarvi scettico, ma non avete asso­lutamente il diritto di negarci la libera esposizione di teorie nuove che preludono alla pratica sperimentale di domani.

Discepolo. — Nel momento in cui mi spiegate le cose come sono nella vostra intenzione, mi pare di condividere la vostra idea e di trovarla giusta, ma, poco dopo, in me ricompare la critica a tutto il piano riformatore degli studi medici come voi, a spizzico, a salti, a divagazioni, ne parlate e ne tessete gli elogi. Non vi offende la mia franchezza?

Giuliano. — Vi prego di conservarmela intatta. Più ci inoltriamo e più le nostre idee paradossali diventeranno bersaglio di critica acre. Se io ne parlo e ve le spiego e mi pare di vantarle, non è per dimo­strarne il valore pratico, perchè solo gli effetti concreti e precisi possono determinare la prova della loro potestà — ma per attirare su le mie argomentazioni un vostro sguardo — anche dispregiativo se credete — e per richiamarle dopo al vostro esame, quando sarete lontano e riposato e gli spiriti polemici saranno indeboliti.

Discepolo. — Allora continuo ad esser franco, e, senza paura di offendervi, vi ricordo che poca fa avete premesso che i sensi sono primi accusatori di tutte le infermità che colpiscono il nostro organismo. Non avete fatto nessuna eccezione, mentre che nelle infezioni microbiche non è così. Il bacillo del tifo invade un corpo umano e il suo legittimo proprietario non sente questa invasione se prima lo stato d’incubazione non sia terminato. Dunque i sensi non sono stati i primi ad avvistare questo nemico nè a sentirlo.

Giuliano. — Ma io vi ho detto poteri sensorii non sensi: il po­tere attivo dei sensi è l’esponente della loro squisitezza o della loro sordità. V’è gente che sente  il batter di ali di una farfalla, e altra a cui uno squillo di tromba sembra il vagito di un neonato. Il po­tere sensorio varia da persona a persona, e nello stesso soggetto muta da mattina a sera. La mano callosa, dura, ossuta di un conta­dino o di un fabbro non sente come una mano femminea abituata al cucito e al ricamo. V’è chi si avvede che il  fuoco brucia quando già un lembo della sua carne è bruciata, e chi grida all’incendio prima che un fiammifero sia acceso.

Discepolo. — Insomma credete che appena dei microbi siano stati ingeriti, un uomo che ha i sensi sviluppati possa sentire che un inquilino microscopico sia entrato nel suo stomaco? Mi pare un po’forte!

Giuliano. — Sapete già la mia maniera di considerare la batte­riologia e i microbi, da un punto di vista eretico, da più di quaranta anni. Questo non è il momento di parlarne — i batteri se sono effetti o causa delle infermità lo sanno gli angeli dei settimo cielo. Immessi nel corpo di un coniglio, generano l’infermità da cui sono stati generati — ma non è detto che un coniglio non possa pren­dere la stessa infermità senza avvelenarsi coi batteri dejetti da un organismo malato. Quando in esso spuntano i fenomeni caratte­ristici di un morbo, i batteri sono già scomparsi. Ma sono stati immessi o generati dal morbo? Il principio di ogni malattia spe­cifica potrebbe non essere il solo tossico microbico — e il contagio avere un’origine differente, in tanti casi. E poi quanti ci sono di noi che mangiano bacilli generanti infermità e li digeriscono senza neanche pensarci? Non si ammette che esistono degli uomini, por­tatori di bacilli del tifo, che non sono ammalati e che propagano il tifo tra persone sane? Ora chi ha i poteri sensorii molto sviluppati sente il primo lavoro di intossicazione del bacillo stesso; e, forse, l’entrata subdola del principio infettivo, se sentito, non potrebbe farci gridare aiuto per l’immunità?

Discepolo. — A chi? a un medico? a un protomedico? a una madonna? a un santo taumaturgo?

Giuliano. — Anche l’ironia ve la permetto. La vostra, dimostra che devo avere molta pazienza per farvi intendere tutte queste cose che si allontanano dal comune sentire degli studiosi preparati nei centri scientifici contemporanei. Se l’uomo è ermeticamente sano, in possesso delle forze equilibrate fisiche e mentali, esercitate alla ricostituzione permanente del suo corpo, con un atto di volontà (volontà precisa e plastica come ne abbiamo già discorso) decreta l’immunità del suo organismo e il microbo obbedisce senza opporsi. Non avete letto mai di mezzi psichici atti a liberare l’uomo da pa­rassiti interni? per esempio: i vermi intestinali nei bambini, espulsi con la benedizione o le orazioni di buoni religiosi? le formule ma­giche di certi empirici delle campagne che espellono gli ascaridi o lombricoidi dagli intestini dei malati, senza medicamenti, come ne ho visto nelle campagne ai confini della Bolivia meridionale, formule recitate da medicastri ambulanti che vantano tutti i poteri imma­ginabili in terapeutica? Non avete visto mai l'emigrazione di for­miche da un formicaio, causata da otto fili di paglia intessuti a croce e piantati, con un incantesimo, in prossimità dei formicai? Ho assi­stito a una curiosità di questo genere nel Salernitano, operante un prete mezzo briaco. Quindi proclamare o reclamare la propria immunità, in noi stessi, non è di effetto diffìcile. Quanta gente, uscendo da un teatro molto riscaldato, per paura dell’aria fredda della notte s'incappuccia e s'imbavaglia per evitare una possibile infermità delle vie respiratorie, mentre basterebbe un atto di volontà precisa: il freddo non mi noccia, per non ammalarsi.

Discepolo. — Avete scorto dell'ironia, ma non avevo volontà di farne. Nel sentire i vostri discorsi, che assumono in certi momenti il tono di affermazioni di cose incredibili, vengono spontaneamente delle domande che sembrano non troppo urbane.

Giuliano. — Non perdete tempo a fare delle scuse. Se le nostre teorie e le nostre affermazioni non fossero discordanti da quelle del comune degli uomini, non ci vorrebbe inaudita fatica a giustificare opinioni nostre e a rettificare il valore di certi vocaboli che l'uso volgare ha deformato.

Discepolo. — Io credo alla conversione per mezzo dei fatti, cioè di guarigioni provate e documentate, che sarebbe utile, con una pro­paganda ben fatta, portare alla conoscenza del pubblico.

Giuliano. — E siamo di nuovo ai documenti! La nostra è scuola per far comprendere la maniera di mettersi in condizione tale da produrre il piccolo miracolo in voi stessi. Quando avrete ottenuto un risultato tangibile da una operazione fatta da voi, non potrete dire che vi ho preparato un inganno. A che cosa approderebbero i certi­ficati di guarigioni compiute? Si direbbe che sono piccoli traboc­chetti per ingannare gli scemi. Un nostro valoroso amico e fratello ebbe una lezione del genere parecchi anni fa, mentre la sua pazienza allo studio era accompagnata dall’entusiasmo apostolico di voler far propaganda. Una sua governante ammalò di un tumore e fu visitata da medici preclari: tutti di accordo lo definirono cancro. Operazione chirurgica da eseguire e nessun rimedio differente dalla mano del chirurgo. La donna rifiutò di farsi operare e fu dichiarata moritura a brevissima scadenza. Il nostro amico, il padrone cioè, stimò che, essendo la sua governante spacciata da tanti medici concordi, egli potesse curarla alla sua maniera, e si accinse alla bisogna, ricorrendo alla nostra terapeutica....

Discepolo. — ... la quale non si sa di che medicamento si serve...

Giuliano. — Medicamento unico di cui parleremo in seguito, se vi farà piacere continuare queste conversazioni. Per la cura del tu­more, mi pare di avermi l'amico raccontato di essersi servito del prezzemolo....

Discepolo. — ...per condire la minestra...

Giuliano. — ...per curare il cancro. Delle lavande con acqua di prezzemolo. Il cancro, dapprima puzzolente, divenne inodoro, poi diminuì di volume, diminuì ancora e restò pietrificato alla grossezza di una piccola noce.

Discepolo. — E il vostro amico non presentò questo miracolo a professori celebri delle università nostre, ad accademie di medicina di Parigi, Londra e Berlino per stordire, con la notizia, tutto intero il mondo scientifico?

Giuliano. — Il nostro amico ne parlò a tutti i medici che avevano visitato la malata e tutti, d’accordo anche questa volta, dichiararono che... si era dovuto certamente sbagliare la diagnosi, perchè se il tumore era guarito, la guarigione documentava che esso era stato mal diagnosticato per cancro.

Discepolo. — Un successo ameno!

Giuliano. — Un successo che bisogna ricordare, perchè insegna a fare, a tentare, a praticare senza domandare certificati e senza pretendere di convertire i saraceni del maomettismo scientifico. Quan­do io parlo di integrazione dei poteri nascosti in noi, credo di parlare chiaro e liberamente della possibilità di perfezionare l’organismo umano, in maniera che tutte le funzioni abortite o atrofizzate ri­prendano il loro valore massimo non solo, ma che i valori non sospet­tati del nostro corpo mentale si svolgano attivamente fino a diven­tare eccelsi. Per ottenere questo come meta dei vostri studi, dovete tollerare che, se parlate troppo di guarigioni e di miracoli, vi espo­nete a diventare bersaglio dei sorrisi protomedicali di tutto il pa­radiso scientifico. Allora io tollero la canzonatura perchè vedo in essa quel tale senso comune (anzi troppo comune) che si adagia sugli allori delle idee fatte e non si scomoda neanche ad accettare l’impostazione di un problema incredibile per allenare e stimolare le facoltà da svilupparsi. Nella natura non esiste miracolo, tutto ciò che ci pare tale, è il frutto di leggi naturali che noi ignoriamo. Se conoscessimo le leggi che lo hanno prodotto, il miracolo non sarebbe più tale ed entrerebbe nella categoria dei fatti naturali, degli avve­nimenti prodotti secondo le conoscenze umane. Sono queste leggi da noi ignorate che ci invitano a studiare il fenomeno della guari­gione umana ogni volta che un uomo infermo ritorna all’equilibrio perduto, perchè ora la scienza dell'uomo non è che ai rudimenti delle conoscenze delle leggi naturali che lo riguardano. Tutte le sere, quando stanchi ci corichiamo per dormire, ci sembra di compiere un atto a noi ben noto in tutto il suo valore, che è lecito a tutti, e diciamo che il sonno è il riposo, e, in piena certezza, avvisiamo di svegliarci alla tale ora per fare la tale cosa. Il sonno è uno stato del nostro organismo che ci sembra conosciuto e abituale in maniera concreta, e tutti sanno che ci rinfranca delle fatiche e della stan­chezza e che, svegliandoci, ritorniamo freschi alla vita, l’intelligenza riposata, i muscoli rifatti e pronti a lottare di nuovo con il lavoro. In verità, sia detto tra di noi, il sonno non lo conosciamo nella sua essenza, come non conosciamo tante cose che ci sembrano arcinote e capaci di tutto esplicarci. Perchè con otto ore di sonno ci sentiamo rinfrancati di tutto il consumo materiale provocatoci dal riposo? Che fa il nostro organismo quando la coscienza ci si oscura, e ci pare di essere assenti o partiti, o proiettati con un atto di fuga fuori dei nostri ricordi del giorno, fuori del corpo, come in missione e in prova di incoerenza in altra regione, in differente famiglia, tra per­sone ignote a noi? E’ un miracolo il sonno? Non ci sembra tale perchè tutti dormiamo con l’abitudine e la conoscenza di questo stato di vita che è normale. La non coscienza del perchè dormendo ci rinfranchiamo, fa che i religiosi ogni sera, coricandosi, si racco­mandano a Dio per non morire dormendo; stupida preghiera, perchè il morire dormendo è una morte economica. Il sonno diventa coma nella più ordinaria prefazione alla morte. Ci si sente addormentati profondamente nella catalessi e definitivamente nella morte. Dor­mire, un mistero. La morte, secondo enigma. Il sonno ripara, rifà, rinutrisce un corpo stanco. — La morte che è, in apparenza, come il sonno, pone in disfacimento un organismo umano, lo dissolve, lo annienta — dire il sonno della morte è una grossolana bestialità, perchè sebbene di eguale apparenza, i due stati sono contrastanti. Contrastanti egualmente l’amore e la morte. Il Leopardi ne colse il carattere divino dell’una e dell’altro in antinomia. Mio egregio amico ironico, vi è un miracolo più sublime : un corpo ammalato che risana, un organo colpito da un male qualunque che se ne libera, un corpo umano che rasenta la tomba e si ricostruisce, e riprende le forze, e sana per vivere così moltissimi anni. Vi è una sorgente della vita in noi? fuor di noi? fuor di noi a brandelli? Provocata, scaturisce dalla terra? Provocata ancora, non risponde; tutto si arresta s’avanza il  sonno della morte... Oh! domando perdono, ho detto pocanzi che il  sonno della morte è una bestialità come espressione... Terribile abitudine del parlare come tutti parlano. Così i preti prima, come tutti i medici dopo, hanno avuto bisogno di un vocabolario per non cadere nelle maniere di esprimersi dei plebei e per dire cose che sono eccezionali, nel senso che i volgari non hanno tempo di riflet­tere la contraddizione significativa tra il valore ideale di una parola e quello attribuitole dall'uso corrente. Vi ho detto che il sonno è ricostruttore organico e che la morte è disfacitrice.

Discepolo. — Ma la morte, se voi credete alla reincarnazione delle anime o alla Metempsicosi dei Pitagorici, dovete convenire che è anche in po’ riparatrice come il sonno. Non potendo ridurre in equilibrio un involucro troppo consumato, ne sfratta l'inquilino che è l'uomo interiore e ne provoca il modo di rivestirlo.

Giuliano. — Vedete Saturno?...

Discepolo. — Che il cielo me ne liberi!

Giuliano. — Il Tempo, Saturno, la Morte, tutti tre sono armati di falce. Tre carnefici! Tre distruttori! La morte prende il vecchio vestito e lo riduce in cenere; quello che ricostruisce tutto è il piccolo Cupido, l'Amore con arco armato di freccia, creatore questo, denudatrice l'altra. La morte non è ricostituente, è dissolvente. Il sonno, misteriosamente, senza che noi ce lo spieghiamo, ci rifornisce delle forze perdute. Paracelso, quando gli parlavano del sonno, rideva. Un tedesco ha stampato che non bisogna credere che il sonno sia uno stato di oblìo, e tanto meno che sia uno stato di riposo, e che noi dormendo siamo attivi mentalmente e inerti col corpo. Queste sono vecchie idee che hanno tanto di barba bianca. Il sonno non si sa come è determinato. La stanchezza e il benessere, dopo una soddisfacente colazione, lo invitano a venire con la identica pron­tezza che dopo una giornata di lavoro. Per quel tanto che possiamo sorvegliarci durante il sonno, notiamo che non tutti gli uomini dor­mono nello stesso modo. L'ermetismo ci assicura che la differenza nel dormire da uomo a uomo è grande, per la diversità di sviluppo del corpo lunare dei dormienti di ogni classe. Quelli che dormono profondamente, che svegliati stentano a riprendere la conoscenza ed il ritmo della vita, sognano e dimenticano o sognano molto rara­mente. I saturniani son così: tartarughe. Che cosa è il sogno? Altro mistero e altra interrogazione. Freud ha compiuto il tentativo di fare accettare dalla scienza officiale la possibilità di studio di questi nostri sogni, ritenuti come prodotto fantastico di spiriti irrequieti o, come scrisse Voltaire, uomo di senno, nel suo dizionario filosofico, causati da una cattiva digestione. Monsier Voltaire non aveva mai sognato senza mangiare e senza sentire le visceri imbarazzate! Di quanti psicanalisti ho letto le memorie, pare che nessuno abbia po­tuto veder mai nei sogni qualche accenno a profezie, presagi, pre­dizioni. Nessun esempio hanno preso dalle femminucce che hanno vinto al lotto numeri sognati, nè hanno tenuto conto di premoni­zioni di avvenimenti interessanti le umili vite delle sognatrici. I psicanalisti non vi hanno letto finora che un ricorso degli uomini ai ricordi prenatali — cioè alla vita intrauterina della gestazione. Per essi la prenatalità non va oltre la gestazione; la reincarnazione per essi è idea di popoli primitivi che non merita molta considerazione — l’uomo si riproduce come i cavoli : se ne mangia uno e ne spunta un altro.

Discepolo. — Ma neanche voi mi definite il sogno in maniera esatta! Che cosa è ? Se Voltaire ha detto che è il prodotto di una mangiata indigesta, coavengo che egli avrà sognato solamente in seguito ad una indigestione. Ma voi che ne dite? Non potete almeno accennarmi a qualche vostro pensiero sul sonno?

Giuliano. — Ecco l’interrogatorio positivo! Interrogare il mae­stro e criticarne la risposta. Antipitagorismo! Il pitagorico interro­gava il nume e si fermava alla risposta, senza criticarla; diceva: Ipse dixit, e basta. Voi non dite Magis te dixit, vi conservate il diritto di critico, discutete la risposta, la vagliate, dite che non è esauriente o fate della ironia estemporanea e ammiccate coll’occhio, come per dire che non tutte le ruote dei nostri. apparecchi cerebrali ermetizzati camminano senza ballare il tango. Io vi posso contentare in parte ed a condizione che possiate servirvi del sale...

Discepolo. — Non interrogo per documento positivo — domando per sentire qualche cosa di nuovo che gli altri non hanno detto o non sanno. Non credo, con questo, di prepararmi alla critica o all’ironia. Io voglio apprendere e non altro, e poi far tesoro delle cose apprese.

Giuliano. — Vi ho detto che il nostro organismo si compone di quattro corpi. La sede del pensiero è il terzo, Mercurio; quella della luce è il quarto, Sole. Dorme il corpo saturniano, grave ricet­tacolo della coscienza materiale: sonnecchia il secondo, Luna. Que­sto corpo mobile, cangiante, partecipa delle impressioni saturniane, basse e gravi, o rispecchia i corpi superiori, Mercurio e Sole. Si dorme per fatica e stanchezza? la Luna dorme? Non si sogna. Si è riposato il corpo dopo quattro o cinque ore di sonno profondo? La Luna dorme con un occhio solo, e si comincia a sognare. Perciò generalmente i sogni si fanno al mattino, prima dell’alba o vicino, lo, per dirvi come si sogna, dovrei creare un nuovo vocabolario della psiche che pochi intenderebbero. Il sonno ha un'apparenza misteriosa solo perchè la scienza non ha prestato attenzione ai rap­porti tra la sua produzione e le forze del Cosmo, il magnetismo terrestre soprattutto. La fisica studia questo nelle sue manifestazioni di forza, lo applica alle necessità della sua industria e serve a molte creazioni dell’ingegno umano sotto forma di calamita, come neces­sario coadiuvante alle loro funzioni. Ma l’uomo, gli animali di qua­lunque categoria e classe, il mondo vegetale tutto, i minerali stessi, soggiacciono alla influenza magnetica terrestre. La quale non è co­stante nè per intensità nè per immutabilità di direzione, ed è facile capirne la ragione quando si pensi che la sua azione è modificata dalle altre forze cosmiche, che agiscono spesso in contraddizione per potenzialità, velocità e irradiamento. La fisica non studia an­cora, nell’interezza delle sue conseguenze, la moltiplicità delle asso­ciazioni delle forze cosmiche e delle loro interferenze : magnetismo ed elettricità combinati alle depressioni atmosferiche, alle correnti termogeniche, alla influenza delle vibrazioni della luce e... (non vi spaventate e non ridete) alle correnti astrali create dal lavorio cere­brale della grande massa di uomini che popola la terra, nonché dai prodotti della chimica intossicante della industria pacifica, dell'industria di guerra, da tutte infine le manifestazioni nervose delle turbe e del gregge umano. Ora il più sensibile a queste influenze, direi alle reazioni fisiche del mondo, è quell'animale grazioso e gentile che si chiama uomo, nei due sessi; la donna ancora di più, perchè in disarmonia con l’astrale e vibrante di sensibilità amorosa di cui ha il più delicato serbatoio fino al tramonto della luna. Vi prego di servirvi di un pizzico di sale per intendere bene.

Discepolo. — Ho già capito.

Giuliano. — La sensibilità umana è più squisita di quella dei mammiferi della zoologia e degli animali di classi inferiori (almeno parrebbe che dovesse essere così) e se la influenza premonitoria di turbamenti atmosferici è presentita dagli animali più che dal nobile e sapiente bipede, è per la sola ragione che questo è molto distratto dalle vicende della sua vita artificiale, e si sente lontana dalla sor­gente diretta della sua natura in corrispondenza con la Natura ma­dre, il Grande Universo nella sua vita cosmica. Ma questa intimità intelligente e cosciente della sensibilità umana, se è affievolita, in­sordita, divenuta niente per la complessità del lavorio della sua anima sempre incontentata, dico cioè che se l’uomo non sente più limpida la voce della terra, delle acque, dell’aria, del fuoco, se non sente la parola pronunziata, scandita, sonante che gli comunica la premonizione del suo prossimo destino, non può sottrarsi, incosciente, alla forza attrattiva del suo grande ricostruttore, il magnete cosmico. Non siate superficiale nelle vostre osservazioni — la lampada non arde, dicevano i pitagorici, se l’olio non alimenta la fiamma. L’olio della lampada umana si chiama vita, vitalità, essenza di energia vitale. Vita è parola che viene da vivere — l’azione sintetica di tutto ciò che in noi è movimento e vibrazione, movimento fisico e vibra­zione iperfisica, materia e intelletto. Se vi ho detto che Ermete nella Tavola di Smeraldo ha pronunziata l’eguaglianza di tutto ciò che è infero è sommo; se vi ho detto che l’universo è Uno e che l’uomo è inseparabile, come qualunque molecola terrestre, dal globo, voi non potete gridare la vostra indipendenza dalle forze generatrici e nutrici dell’Universo. L’immensità della visione dei mondi stellari sintetizza la gloria e la miseria di questa grande schiavitù umana in dissonanza con l’orgoglio nostro che ci fa sentire Titani alla sca­lata della torre divina, pronti a sostituirci alla intelligenza delle cose create. Se la fatica, il pensare, il movimento nostro che si traducono nel consumo dell’olio che alimenta la fiamma, non possono bruciare nella energia delle nostre attribuzioni, il corpo indebolito, mal­fermo, si abbandona alla superficie della terra, o parallelo alla su­perficie, o piegato ad arco, o perpendicolare all’asse, e ricorre alla fonte magnetica della vita e domanda il rifornimento! Ecco il sonno. Dormire è rifarsi. Dormire è domandare la rigenerazione, la fiamma che riarde, rinutrita di olio...

Discepolo. — Ecco del nuovo. Il magnetismo terrestre riforni­tore automatico e patentato delle forze disperse dall’uomo, nel lavoro e nel godimento! Il sonno sarebbe dunque uno stato specifico e necessario in cui il corpo deve porsi per rialimentarsi di magne­tismo.

Giuliano. — Nihil sub sole novum! Chissà quanta gente lette­rata e volgare l’avrà detto e pensato prima di me nella notte dei tempi, nella oscurità della storia che non si scrive, fin dall’età dei mostri terrestri, marini ed aerei, dei continenti scomparsi — chissà se non l’avrò io stesso predicato parecchi secoli fa o non l’abbia sentito dalla bocca di Orfeo, tra le danze bacchiche! Ma la fiamma della vita si affievolisce nella tempesta delle orgie, e l’Euridice divi­nizzata si presta agli inviti del Pluto per discendere alle voragini infernali. Certo allora non si saranno adoperate le identiche parole, ma l’anima della terra, lo Spirito del Cosmo, è l’intreccio serpentino di tutte le forze universali che circondano l’uomo, che lo avvin­ghiano, lo compenetrano, lo assorbono, lo asserviscono. Rifiorisce la superbia? E’ un assurdo, perchè è inutile ribellarsi come gli angeli della leggenda lontana, come i vecchi dii del Tartaro, alla sintesi delle forze create e alla tempesta del profondo divino.

Discepolo. — E’ tragico un po’ questo ineluttabile destino del­l’uomo! Intanto vorrei domandarvi se il magnetismo e l’elettricità, il  calore, la luce e il suono hanno identica potestà sul corpo umano, nello svolgimento della vita.

Giuliano. — Il tempo è scorso con rapidità. Saturno ottimo, che è quello che presta a Mercurio benevolo orecchio, è apparso...

Discepolo. — Ñon protesto!

Giuliano. — ... è apparso con un fiore in bocca, simpatico, e ci invita a rivederci Venerdì, in ora di Giove.

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