Composto
per conseguire tutte le disposizioni dell’animo e portarne a perfetto
compimento le attitudini.
Parte Prima
1. Lo spirito divino che mai trova quiete
in compagnia di sordidi ingegni mi fece conoscere, insieme ad altre cose, anche
questo: tu che esisti e ardi fin nel profondo per la stessa meta devi in
principio protenderti ad onorare come dio primo e prossimo, magnificare come principe,
invocare come nume e contemplare come luce il principio che ti eccita dall’esterno
e ti incita dall’interno.
2. Ricorda poi che in ogni arte umana
devono trovarsi tre princìpi: primo, che una meditazione sapiente preceda la
produzione di ogni singola cosa, secondo, che l’esecuzione sia tempestiva e
completa, terzo, che le opere meditate e
compiute siano custodite e virilmente difese.
3. Per questo gli antichi raccontano che
tre dèi presiedono a tutte le arti: Pallade, Vulcano e Marte. È questa una
trinità operosa di numi che sempre assiste Giove, sommo architetto delle cose,
in modo che come tutta la trinità si rivolge a Giove così Vulcano e Marte a
Pallade.
4. Di questi tre dèi che governano l’arte
divina tre, vediamo, sono anche le tracce impresse nella natura: è traccia di
Pallade l’ordine in cui sono disposte le cose, di Vulcano il veloce processo e
per così dire la fretta che li spinge a generare, di Marte la struttura che chi
genera trasmette al generato.
5. Così i singoli enti prima fluiscono da
una fonte perenne, poi nascono, infine, tendendo verso l’origine, rifluiscono
nella medesima fonte: nel primo momento sono prodotti, nel secondo giungono a
maturità, nel terzo hanno compimento, per cui Orfeo disse medesimo il
principio, il mezzo e la fine.
6. A richiamare e tentare ciò ti
costringe senza dubbio la necessità, per opera della quale l’uomo posto nel
discrimine desidera e afferra le ali (come si dice) dell’aurora: e questo per
volontà di Giove, il quale perché non sia torpido l’ingegno umano ne muoia la
sua forza vivace lo ha congiunto al bisogno che urge a difficili imprese.
7. Ricorda che Prometeo non fu gradito
agli dèi, perchè spargendo i tesori degli dèi o sembrava incitare al torpore il
genere umano, o cominciava indiscriminatamente a degni e indegni una cosa
eccellentissima.
8. Tieni dunque per te solo – e per pochi
come te – il gusto di questo nettare salvifico per cui virtù – purificato ormai
dalle letargiche acque del fiume Lete – senza difficoltà conquisterai prima
vita celeste con gli dèi celesti per poi proseguire al circolo iperuranio con
le realtà iperuranie; e da lì vedrai confusi nella moltitudine del volgo
attonito Carneade, Cinea e Metrodoro, che non hanno raggiunto una sede più
alta.
9.E se consenti che il tempo di Pitagora
sia il più ignorante e il più stolto di ogni ente, poiché nel suo scorrere
tutto è cancellato dall’oblio, non biasimerai certo il tempo di Simonide – per cui
beneficio tutto si ricerca, si apprende, si scopre; opinioni dimenticate
tornano alla luce, germogliano di nuovo rami recisi.
10. A tutti, secondo la capacità, la
natura ha concesso ali perfette; ma pochissimi imparano a spiegarle per
dividere e muovere quell’aria che una volta mossa sostiene e accompagna nel
volo con la stessa forza che prima sembrava opporre a chi la divideva: se
dividendola con fatica riuscirai infatti a muoverla, questa non ingrata ti
sosterrà nell’avanzare.
11. Si presentano davanti noi cose, segni, immagini, spettri o
fantasmi. Tra questi si danno differenze: odioso quanto è brutto e male,
desiderabile quanto è bello e buono, come pure quanto si compone di due o tre di questi; amabile il bene,
odioso il brutto; inoltre, è di facile comprensione quanto si manifesta ai
sensi senza troppa o troppo poca intensità, al pari dei contenuti intelligibili
ottenuti per astrazione; è difficile da comprendere quanto si manifesta ai
sensi con troppa o troppo poca intensità e quanto invece – non essendo ricavato
per astrazione – è per natura massimamente intellegibile.
12. Con la loro mediazione la natura
adorna senso, concupiscenza, intelletto e volontà; da qui discendono vedere,
toccare in senso generale, immaginare, pensare, ricordare in modo primario,
ragionare e intendere; da qui nasce una seconda forma di memoria, che si è
soliti definire intelletto acquisito e posseduto. Si aggiunge a questi l’attività
di formazione, le cui specie sono l’opinione in genere, l’aporia, lo scrupolo,
la sinderesi, la fiducia e l’attrazione in generale – che eccita voluttà,
ambizione, curiosità e fiducia –, nonché una sorta di prostrazione che incita
al disgusto, al terrore e all’orrore. Tutte queste generano predilezione e fuga
da un lato; assenso e dissenso dall’altro.
13. Rientrano tra queste l’apprensione
semplice. Ovvero il concetto primo, la numerazione, la misura, il peso, la
divisione, la distribuzione, la distinzione, la disposizione dell’ordine, la
proposizione, l’argomentazione, l’intellezione, che è il concetto semplice
secondo e – se vogliamo chiamarlo così – il prodotto della mente.
14. Ora che ti abbiamo illustrato l’ordine
delle facoltà, e tu le hai intese così come devono essere, è opportuno
considerare come di tutte le cose che per natura si producono, e delle quali
possiamo agevolmente farci contemplatori, siano originariamente preesistite
nella mente del primo artefice le idee, secondo il cui esemplare si producono
tutti i generi e le specie dei generi; e come subito sotto generi e specie
emergano alla luce sia gli individui che per la loro natura incorruttibile
manifestano una figura inalterabile, sia gli enti destinati a estendersi
secondo successione e distribuzione nel flusso della materia e a moltiplicarsi
secondo determinati ordini. Le idee – è questo che intendo – dalla mente prima
si comunicano all’intelletto primo, per opera del quale protendendosi nella
natura – dopo essere preesistite nell’archetipo in modo incommensurabile – si esplicano
quasi circoscritte da margini e si fanno così sussistenti secondo l’ordine
della natura.
15. Quindi attraverso i sensi, quasi
attraverso porte, da enti metafisici sono resi fisici, da fisici diventano
razionali e possono essere indagati dai sensi interni dell’uomo, dove si
accostano alle facoltà più immateriali da cui dovranno essere perpetuati.
16. Si dà così il descenso dal mondo
supremo, fonte delle idee, nel quale si dice di essere dio o il quale si dice
essere in dio, al mondo ideato, che si dice essere stato generato dal primo e
per mezzo del primo, e da questo si discende a quel mondo che è capace di
contemplare entrambi i precedenti e che come deriva dal primo attraverso il
secondo. Per cui secondo una sorta di
circolo si compie il movimento dal primo al terzo e il ritorno dal terzo al
primo, ovvero – se preferisci dire così – come per il riverberarsi del raggio
emesso dalla luce si compie il descenso dal primo al terzo, e l’ascenso dal
terzo al primo.
17. Quanta meravigliosa sarà la tua opera
se ti confermerai all’opera dell’una e dell’altra natura; se ti farai misero ed
errabondo, sarai invece soffocato dalla fittissima caligine che chiamano «ombra
di morte». Così mediante memoria e intelletto potrai concepire la struttura e
la scansione ordinata dei tre mondi, insieme a tutto quanto essi contengono. E non
appena avrai esposto quest’utero e matrice mirabile alla luce che si propaga da
occidente o da oriente, dalla mezzanotte o dal mezzogiorno, subito correrai ad
abbracciarla.
18. Non dimentichiamo poi che come tutti i
sensi insieme ai propri organi, facoltà ed atti si riconducono naturalmente
verso un centro, per così dire, unico, e da qui vanno ad ornare il successivo
atrio della fantasia con le forme che attraversando il triclino della
cogitativa accedono alla camera della memoria, così anche chi desidera
ricordare tutto a suo piacere dovrà aprirsi la strada seguendo il medesimo
ordine. Per questa ragione cose mille volte viste e udite ti sfuggono
fastidiosamente dalla memoria, e altre appena appena e superficialmente
sfiorate dai medesimi sensi irrompono invece fin nei penetrali della memoria, dove
saranno tenute per l’eternità: queste infatti sono state inghiottite dalla
fantasia stessa, e digerite dalla facoltà cogitativa; ma quelle o hanno messo
alla porta quanto appariva trascurato, o parimenti hanno rigettato quanto era
stato introdotto senza pepe.
19. Non senza ragione quindi Socrate
definì l’oblio nei termini di una sensazione perduta; ma se per la stessa
ragione avesse chiamato sensazione perduta anche il seme del memorabile sparso
e non concepito dalla memoria, certo avrebbe spiegato una verità più profonda.
20. Se dunque la fantasia non bussa con
più energia attraverso le immagini sensibili, la facoltà cogitativa non apre; e
se la facoltà cogitativa che custodisce le porte si rifiuta di aprire, anche la
madre delle Muse, sdegnata, negherà l’accoglienza.
21. La solleciteranno dunque le cose che –
accompagnate da discorso, pensiero e forte fantasia – sanno muovere gli
affetti, e in virtù delle quali, apprezzando, disprezzando, amando, odiando,
rattristandoci, rallegrandoci, meravigliandoci e richiamando la bilancia dei
sensi, riceviamo impressa – insieme alle immagini dell’apprezzamento e del
disprezzo, dell’amore e dell’odio, della tristezza e dell’allegria, dell’ammirazione
e della ponderazione – la forma della cosa da ricordare. Da sentimenti più
forti e vivaci conseguono del resto impressioni comunicate con più forza e
vivacità.
22. Se però la natura tua o della cosa da
concepire non è adatta ad accendere tali affetti, sarà dunque la tecnica a
suscitarli. Esercitarsi negli affetti del resto non apre soltanto la via a
costumi ottimi o pessimi, ma secondo le capacità di ciascuno conduce anche a
intendere tutto e ad agire su tutto – per quanto è possibile all’uomo. A conferma
di ciò, popoli e nazioni nei quali libidine e ira divampano più prontamente
sono assai efficaci nell’agire; e tra questi vedrai come proprio gli individui
che più intensamente odiano e amano si rivelano o massimamente o empi oppure –
qualora si rivolgano dove li spinge l’amore e lo zelo divino – massimamente religiosi;
con questo potrai riconoscere come il medesimo principio materiale sia
ugualmente prossimo alla somma virtù e al vizio.