L’ente si intende distinto in tre capi, metafisico, fisico e logico in senso generale; ugualmente tre sono i principi di tutte le cose, Dio, natura e arte e tre sono i loro effetti, divino, naturale e artificiale.

     Ogni agente che opera di proposito e non perché mosso da necessità deve concepire in via preliminare una figura della cosa da produrre. Tale figura si chiama dunque idea quando precede le realtà naturali; forma o traccia delle idee nelle realtà naturali; nei contenuti che fanno seguito alle realtà naturali si chiama invece ragione o intensione: questa si distingue in intensione prima e seconda, che un tempo siamo stati soliti chiamare ombra delle idee.

     Le idee sono causa delle cose prima delle cose; le tracce delle idee sono le cose stesse o ciò che è nelle cose; le ombre delle idee sono ciò che discende dalle cose o è posteriore alle cose e il cui essere, si dice, è tanto meno perfetto di quello delle realtà che discendono dal grembo della natura, quanto meno perfette sono le cose naturali stesse rispetto alla mente, all’idea e al principio effettivo sovrannaturale, sostantifico, superessenziale.

     Gli enti si distinguono dunque in quelli che sono, ovvero nelle cose, e in quelli che sono invece  segni o indicazioni delle cose che sono; e questa distinzione coincide quasi del tutto con quella che è comunemente divulgata tra sostanza e accidente.

     In questo trattato noi abbiamo stabilito un metodo che non concerne le cose, ma tutto quanto è in grado di significare le cose e nel quale è racchiusa la virtù di produrre tutte le cose, come potranno scoprire senza difficoltà quanti presteranno anche superficialmente attenzione ai caratteri e alla voce della natura, che da ogni luogo leva la propria voce e disegna le specie delle cose, dal momento che non la materia, ma l’idea e la forma sembrano determinanti nello specificare la cosa da produrre. In quel principio infatti tutte le cose convengono e sono uno; in questo e attraverso questo invece tutte le cose si distribuiscono secondo generi, specie e infine individui numericamente distinti, come appare evidente considerando che un nutrimento totalmente identico diventa nutrimento e seme di cane nel cane, di uomo nell’uomo, di scimmia nella scimmia in virtù dell’idea che è il presente e che scopriamo essere non separata dalle cose, ma indissolubilmente congiunta alle cose stesse. Nell’atto della facoltà inventiva o memorativa, per via di applicazione di quanto è stato assunto per esser significato, specifichiamo così, invertiamo, accomodiamo tutto quanto ha ragione di materia prima o media o prossima, in modo da estrarre tutto da tutto, significare tutto con tutto e contemplare tutto in tutto, di modo che, per dirla in una sola parola, tutte le cose per virtù di applicazione si comportino come l’uno, e l’uno in virtù della propria natura informabile possa comportarsi come tutte le cose, come spiegheremo meglio e più adeguatamente nel mettere in pratica l’artificio che proporremo in seguito.

     Quasi ricominciando da capo parliamo dunque della materia e delle specie: una volta inteso sul piano soprannaturale l’unico ente infinito, intensivamente tutto in ogni luogo e totalmente presente nell’immenso, poniamoci ugualmente davanti agli occhi l’unico universo estensivamente infinito, che si fa manifesto come realtà corporea in parti sempre e sempre diverse, in luoghi sempre e sempre diversi; e ancora le specie della sostanza e gli accidenti che realmente sussistono nella sostanza; fa seguito l’ordine del mondo razionale: questo è a similitudine del naturale di cui è ombra; e quello a sua volta è immagine del divino, di cui è traccia.

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