Secondo
l’opinione dei più profondi contemplatori, la luce è infatti prima di tutto una
sostanza, e Mosè addirittura la presentò come sostanza prima delle cose che
sono in natura, quando la chiamò primogenita, nel passo in cui distinguendo la
specie delle creature, che si ricavano dal genere non degli accidenti, ma della
sostanza, la accolse non solo quale sostanza, ma quale sostanza prima, dal cui
essere sono concepite a modo di accidenti le altre specie di sostanza.
In
quel famoso primo libro di Mosè, così come nel Pimander di Mercurio, dopo che fu sottesa l’ombra vastissima e la
tenebra della privazione, Dio disse: «Sia La Luce».
Dal concorso di luce e tenebra, come di
forma e di materia, secondo i vari gradi e misure delle varie realtà che consistono
nella composizione delle cose, è disceso dunque il numero di specie varie e a
tal punto molteplici, nelle quali si concepisce ora luce maggiore, ora ombra
maggiore. A suo giudizio la luce è infatti una sostanza in sé invisibile,
diffusa nell’immenso, insita in tutte le parti, la quale per commistione con le
tenebre e secondo una determinata associazione e composizione viene a
manifestarsi nella luce sensibile.
Si rivela così infondata la posizione di
quanti non distinguono tra la luce primogenita e il sole, ovvero tra la
sostanza semplice e quella composta, tra l’opera, del primo e quella del quarto
giorno.
Questa luce, che è una sostanza
spirituale, e dà forma alla potenza dei nostri sensi in assenza di qualsiasi
sole, o fuoco o oggetto dall’esterno, è il dono concesso all’anima non solo
mostra, ma anche a quella delle cose universe, la quale si diffonde
nell’immenso. Questa, dico, è la luce che infonde visibilmente nei sensi
interni le figure di realtà assenti, in virtù della quale anche sognando
vediamo, recepiamo specie e figure di cose sensibili, e anche se queste ultime,
come dicono i peripatetici, non sono se non forme custodite nella potenza del
senso interiore, dopo essere state introdotte dai sensi esterni, nessuno può
comunque negare che la proprietà per cui esse si fanno visibili e presenti è ed
emana da certi semi di luce i quali sono non tanto recepiti, quanto piuttosto
innati e insiti nello spirito animale: sta di fatto che quando si ritrae il
sole e ogni altra fonte di luce esterna , porta via da se e quasi contrae a se
da tutto l’orizzonte i raggi e l’efficacia dei raggi, né lascia nell’emisfero
tracce che, se esistessero, resterebbero lievemente impresse, e sarebbero
percepibili in forma lievissima ed effimera, come sperimentiamo nel caso delle
tracce del calore. E’ del resto assolutamente evidente che quando l’animo si
rende libero dall’azione dei sensi esterni, come durante i sogni, le figure
delle cose visibili che si fanno presenti diventano al punto limpide che
talvolta sogna e tuttavia non ritiene affatto di star sognando, e in virtù di
una luce interna recepisce le forme in modo più veritiero di quanto lo consenta
la luce esterna.