Determinazione dell’ora attraverso il passaggio della luce solare da un foro stenopeico nella Pieve di S. Stefano in Pane di Rifredi (Firenze).

 

Da sempre le chiese sono state eccezionali strumenti di misura del tempo grazie ai loro allineamenti geografici e grazie alla loro stazza imponente.

L’orientamento geografico delle chiese e la loro mole hanno permesso per secoli di fare determinazioni del passaggio degli astri, in particolare del Sole, con ragguardevole precisione.

L’edificio della chiesa è stato largamente impiegato come luogo di culto ma anche di osservazione astronomica, vista l'importanza liturgica evidenziata anche da John Heilbron (1) nel suo libro. Le chiese che hanno rivestito il duplice scopo di luogo di culto e di indagine astrometrica sono state utilizzate in tempi passati, prima che la moderna strumentazione soppiantasse la loro precisione.



Figura 1: Pianta e spaccato della basilica di S. Maria del Fiore (Firenze)


Per limitarci alla nostra città, Firenze, le chiese protagoniste in tal senso sono la cattedrale di Santa Maria del Fiore (Duomo di Firenze), con la bronzina di Paolo dal Pozzo Toscanelli posta alla base della lanterna  (Fig.1), la chiesa di S. Maria Novella con la miriade di fori gnomonici realizzati da Egnatio Danti(2), il Battistero, la chiesa di S. Miniato al Monte, come ha recentemente evidenziato Simone Bartolini(3).

Al giorno d'oggi le chiese come eccezionali camere oscure, con le quali effettuare valutazioni di carattere geo-astronomico, hanno perso attendibilità perché altri strumenti, più sofisticati, sono capaci di determinare con precisione assolutamente superiore gli istanti di transito di un astro, per lo più del sole. Tuttavia, nel fedele che si sofferma in raccoglimento a pregare, ancora oggi il fascino di un raggio solare che penetra da una fessura, da una finestra illuminando la pala d'altare, una formella o che semplicemente proietta la sua immagine su una nuda parete, è come allora ricco di un fascino irresistibile.

Dall’esperienza di uno degli autori, riportata in fondo all’articolo, abbiamo deciso di verificare con i calcoli astronomici quanto ancora sia possibile utilizzare una chiesa per la misurazione della posizione del sole.
La Chiesa
La Pieve di S. Stefano in Pane si trova nel quartiere di Rifredi, un tempo in aperta campagna, oggi assorbita nella cinta periferica della città di Firenze, nella zona di nord-ovest, ai piedi del monte Morello. Il quartiere discende dalla denominazione alternativa di Rio Freddo con cui viene chiamato il Terzolle, il torrente che lo attraversa. La chiesa è inserita nel complesso denominato “Madonnina del Grappa” fondato nel secondo dopoguerra da don Giulio Facibeni, la cui statua bronzea accoglie i fedeli all’ingresso della chiesa.


Figura 2: la Pieve di S. Stefano in Pane vista da via delle Panche


La pieve è attestata con certezza già dal X secolo ma è probabile che il primo edificio si debba far risalire al periodo paleocristiano, ipotesi avvalorata anche dalla dedica al primo martire della cristianità. L’aggiunta de “in Pane” nella denominazione potrebbe provenire dall’unità di misura romana degli appezzamenti di terreno, detta “panoro”, su cui era edificata la chiesa, oppure dai relativamente estesi campi di frumento posti tutto intorno, o ancora dalla presenza di un forno nei paraggi, infine dalla posizione leggermente elevata della pieve.



Figura 3: il loggiato della pieve che accoglie i fedeli prima dell'ingresso in chiesa


L’attuale sistemazione è il frutto delle varie opere di ristrutturazione che si sono succedute fino alla fine del secolo scorso. L’interno è costituito da tre navate; a dividere quella centrale dalle laterali ci sono quattro arcate per parte, due a sesto acuto nella prima parte antica, rivolte verso l’ingresso e due a tutto sesto nella parte più moderna; un’ultima arcata, anch’essa a tutto sesto, è posta sopra l’altare maggiore dove cessano le navate laterali e la copertura è assicurata da una cupola a vela. La luce proviene da cinque grandi finestre con vetri dipinti posti lungo la navata destra. Poiché quella centrale ha un’altezza considerevolmente maggiore di quelle laterali, lungo le sue pareti sopra il tetto delle navate laterali c’è ancora tanto spazio per sistemare delle finestre, due per ogni arcata, strette e lunghe, parzialmente incavate che culminano con un arco a tutto sesto. Da una di esse, per la precisione dalla seconda a partire dall’abside, è penetrato il raggio di luce che ha dato il via alla nostra indagine.

L’Evento


  


Figura 4a: particolare della navata sinistra dove si è verificato l'evento

Figura 4b: particolare della navata destra da dove è penetrato il raggio solare


Nel mese di ottobre, nel giorno 31 ottobre 2012, appena passate le ore 10:25 si è osservata l’immagine del sole, con le nuvole in movimento, proiettata sulla parete laterale Nord. La luce era proveniente da una finestra, parzialmente ostruita, posta nella parte superiore della navata centrale, lato opposto (Sud). Nelle due ore osservate il sole proiettato si è spostato fino oltre la porta (vedi foto 4(4)) per poi sfumare nel nulla. L’evento si è ripetuto nei giorni successivi.

Le Misure

 

Presi dalla curiosità di accertare con raffronti numerici l’evento, abbiamo ottenuto l’accesso alla chiesa dal Priore don Marco Nesti, armati di metro laser digitale e di carta e penna (nonché di una buona dose di curiosità) ed abbiamo eseguito con perizia i rilievi necessari. Abbiamo quindi misurato la distanza tra la parete Nord e la perpendicolare della parete verticale su cui è inserita la finestra (L1) e, con l’utilizzo di traguardi statici di fortuna,  l’altezza rispetto al suolo del foro della finestra dal quale proveniva il raggio di luce, con l’utilizzo di traguardi statici di fortuna,  l’altezza rispetto al suolo del foro della finestra dal quale proveniva il raggio di luce (H1).



Dai rilievi si ricava che:

· L1 = (1074,0 ± 0,1) cm

· H1 = (901,0 ± 0,6) cm

· L2 = (342,0 ± 0,1) cm

· H2 = (177,0 ± 0,1) cm

· H3 = (20,0 ± 2,0) cm



L’incertezza su L1 ed L2 è unicamente imputabile allo scarto strumentale valutato dal costruttore in cm 0,1 su 10.000, mentre all’incertezza su H1 si deve aggiungere anche lo scarto degli strumenti di fortuna utilizzati nel corso delle misure non potendo raggiungere fisicamente la finestra. L’incertezza su H3 oltre ai motivi già esposti ha l’aggravante della difficoltà nel misurare da terra la profondità dell’infisso non potendo puntare il  misuratore sul foro, troppo luminoso per il riscontro visivo. H2 è invece soggetto all’unica incertezza strumentale(5). Da cui si deduce H attraverso la formula:

 

H = H1 - H2 - H3;

 

H = (901,0 ± 0,6) cm - (177,0 ± 0,1) cm - (20,0 ± 2,0) cm = (704 ± 3) cm

 

Possiamo calcolare quindi la misura effettiva (R) che percorre il raggio luminoso dal foro al muro di proiezione:

 


 

Da una stima visiva si ipotizza un diametro (F) del foro di entrata della luce compreso fra 4 e 8 cm, pertanto il rapporto fra la dimensione del foro di entrata (che assumiamo pari a F = 6 cm) e la lunghezza del raggio luminoso (R) è uguale a circa:




cioè il raggio luminoso compie una traiettoria di ben oltre 200 volte la dimensione del foro, il che giustifica ampiamente l’approssimazione stenopeica del fenomeno. Anche nelle condizioni estreme di un foro ampio circa 8 cm la traiettoria sarebbe sempre superiore a 150 volte l’apertura. Quindi le misure effettuate, se mai ce ne fosse stato bisogno, comprovano che l’immagine proiettata sulla parete è effettivamente l’immagine del sole e non una semplice chiazza di luce. Infatti l’autore racconta di avere visto il transito delle nuvole sul disco del sole; una semplice chiazza di luce non è capace di proiettare ciò che avviene all’esterno. Se non si fosse trattato di un foro stenopeico in occasione del passaggio delle nuvole si avrebbe avuto semplicemente un affievolimento della luminosità.

 

  

Determinazione dell’azimut (A) e dell’altezza del Sole (h)

 

Ci occupiamo innanzitutto del calcolo dell’azimut del sole e per fare questo dobbiamo calcolare l’orientamento della Chiesa (?) rispetto ai punti cardinali e del raggio di luce in riferimento alle pareti della costruzione (?). Per l’orientamento cardinale della chiesa utilizziamo Google Earth e rileviamo i valori di longitudine e latitudine di x e y :

 

x (lato entrata chiesa) = 43°48’3,07’’ N, 11°14’26,66” E

y (lato altare) = 43°48’3,00” N, 11°14’28,08” E




Otteniamo quindi la differenza di latitudine pari a 0,07” e di longitudine pari a 1,42”.


Da ciò di deduce che l’asse longitudinale dell’edificio è orientato a EST-OVEST con un piccolo scarto verso NORD lato ingresso chiesa.

Dopo aver corretto la differenza di longitudine per il coseno della latitudine del luogo abbiamo ottenuto uno scarto di



dove, nella formula,  (Delta Phi) rappresenta la differenza di latitudine tra i due punti, mentre (Delta Lambda) la differenza di longitudine e (cos Phi) il coseno della latitudine del luogo.



Figura 5: foto aerea della pieve e delle strutture immediatamente adiacenti ad essa


Nell’analisi degli errori che segue prendiamo come incertezze il centesimo di secondo d’arco per ciascun punto.

 

Come riprova abbiamo voluto determinare le dimensioni della chiesa, partendo dalle differenze riscontrate di latitudine e longitudine, confrontandole con quelle rilevabili mediante lo strumento di misura delle distanze tra i due punti presenti su Google Earth. Le misure hanno confermato una coerenza nell’ambito di qualche centimetro.

 

La determinazione di (?) si ottiene calcolando l’arcotangente del rapporto tra L2 ed L1, ottenendo

 

?=17,66°

 

Per il calcolo dell’azimut del punto dove è proiettata la figura del sole occorre quindi eseguire la differenza tra ? e ?, poiché lo scarto della posizione della chiesa è rivolto verso Nord, mentre l’orientamento del raggio luminoso (rispetto alla parete di proiezione) è rivolto verso Sud.

Il sole si trova oltre la parete opposta pertanto il suo azimut (A) sarà dato dal supplementare di tale differenza.

 

Pertanto:



Con i valori delle incertezze sopra dichiarati per le determinazioni delle latitudini e longitudini dei punti x e y otteniamo un errore su ? pari a 0,9° e con le incertezze di L1 e L2 un errore su ? di 20”. Pertanto il valore finale di azimut del Sole risulta essere:




L’altezza del sole (h) si ottiene calcolando l’arcotangente del rapporto fra l’altezza (H) e la proiezione del raggio (R) solare sul pavimento della chiesa.




Per calcolare l’incertezza su h utilizziamo le formule delle derivate parziali fatte rispetto ad H ed R,





Quindi:

 

h = 27,9° ± 0,1°

 

Con l’utilizzo di un simulatore della volta stellata confrontiamo i dati calcolati, relativi alla posizione del Sole, con quelli espressi da Stellarium(6)(vedi figura 6) selezionando la data, l’ora ed il luogo dell’evento, prendendo in esame l’azimut e l’altezza apparenti.



Figura 6: riproduzione della configurazione celeste al momento dell'osservazione (immagine realizzata con Stellarium)


Esso fornisce per il Sole: Az/Alt: +155°04'16"/+28°25'17" (apparenti)

che espressi in gradi e decimali e comparati col nostro margine di errore corrispondono a:

 

azimut = 155,0°; altezza = 28,4°

 

Il dato calcolato dell’azimut (A), tenendo conto degli errori sperimentali, risulta sovrastimato di circa il 7%, mentre il dato calcolato per l’altezza (h) si conforma a quello reale espresso da Stellarium.

 

Misura del tempo

 

Con i dati a nostra disposizione possiamo tornare allo scopo iniziale della nostra ricerca, cioè determinare l’ora a partire dalla posizione del sole (A, h) sapendo il giorno dell’anno:

· Il valore di azimut calcolato è compreso fra 165° e 167°, ciò permette di verificare su Stellarium che l’orario dell’evento in oggetto è compreso tra le ore 11h:05’:31’’ e le ore 11h:12’:44’’.

· Il valore di altezza calcolato è compreso tra 27,8° e 28,0°, ciò permette di verificare che l’orario dell’evento ha avuto luogo tra le ore 10h:20’:47’’ e le ore 10h:23’:15’’.

 

La differenza fra le due determinazioni di orario è abbastanza significativa ma effettuando una media pesata sugli errori, nella determinazione dell’azimut e dell’altezza, arriviamo alle ore 10h:28’:44” con un’incertezza di 1 minuto 30 secondi; l’evento deve essersi verificato cioè tra le 10h:27’:15” e le 10h:29’15”.

 

 

Conclusioni

 

Nonostante i mezzi a disposizione per l’effettuazione delle misure nell’edificio e l’impossibilità di raggiungere fisicamente le finestrature (a circa 9 m di altezza) i risultati ottenuti coronano gli sforzi degli autori nel ricavare sia la posizione del sole, sia l’istante in cui è stato ripreso dalla foto (figura 7) mediante calcoli matematici, provando l’attendibilità di questo fenomeno astronomico. L’evento ha avuto luogo davvero entro l’intervallo orario ricavato. Uno degli autori racconta infatti di essere entrato in chiesa intorno alle 10:20 e sono trascorsi, lo dice lui stesso, almeno altri 5 minuti, prima di accorgersi del fenomeno, più una manciata di secondi per tirar fuori il telefonino e fotografare l’immagine del sole congelando l'istante.

La chiesa offre a chiunque la possibilità di osservare l’immagine stenopeica del sole (tempo permettendo) nei giorni dell’anno a cavallo di quello nei quali gli autori hanno osservato il raggio di luce proiettarsi sulla parete, nonché di ripetere, migliorandoli, i rilievi, regalando a tutti la gioia provata dai sottoscritti allorquando sono stati verificati entro i limiti sopra esposti.

 

L’esperienza effettuata

 

Una mattina accadde: finalmente il “segno”.

Questa che segue è l'esperienza che ho vissuto, in solitaria. Il fatto che fosse in solitaria (la chiesa era deserta) nulla vale perché il “segno” è dimostrabile e ripoducibile.

 

Ero di fretta, una mattina di pioggia nell’ultimo giorno di ottobre del 2012. Arrivai a passo veloce di fronte alla Pieve di  S. Stefano in Pane; erano circa le 10:20 e, nonostante la solita incomprensibile fretta con cui mi muovo, mi volli fermare per dire una preghiera, come mi capita spesso. E altrettanto spesso mi capita di trovare i portoni delle chiese (purtroppo) chiusi, mentre quando ero bambino le chiese erano un rifugio per l'anima, in qualunque momento della giornata. Fortunatamente S. Stefano in Pane è quasi sempre aperta. Entrando vidi uscire una signora che lasciava alle sue spalle la chiesa completamente vuota. Come sempre indugiai all’ingresso con una sensazione di rispetto,  attendendo che gli occhi prendessero confidenza con la penombra interna. Nel varcare quelle soglie ho sempre l’impressione di entrare in un altro tempo, in un mondo fermo, distaccato dalla fretta concitata e dai rumori esterni, e mi tornano in mente le chiese di S. Felice a Ema e del Sacro Cuore del Romito che frequentavo da bambino. Dopo essermi fatto il Segno della Croce camminai sulla sinistra, fino al punto dove le panche verticali si interrompono per lasciare il posto, in prossimità dell’altare, a quelle rialzate laterali, dove la domenica si siedono i ragazzi del coro. In quei luoghi mia figlia si è seduta qualche anno addietro in attesa di ricevere la sua Prima Comunione. Mi fermai in raccoglimento con gli occhi chiusi, godendo di quel momento ricco di piacevoli sensazioni e silenti riflessioni. Si approssimava la ricorrenza dei Santi, e nella mia mente ricordavo i miei cari affidandoli come sempre alla Provvidenza. Tutte le volte che sono in raccoglimento (come ho sempre fatto fin da bambino) chiedo al Signore un segno che manifesti la sua presenza, che rassicuri il mio percorso. E apro gli occhi per un momento, mettendomi ad osservare accuratamente in giro. Non mi aspetto certo di vedere qualcosa; la nostra stessa esistenza è di per sé un segno più che eloquente per individuare la mano Divina, ma nel modo più infantile e speranzoso possibile perlustro con lo sguardo tutta la chiesa ed in particolare le grandi finestre in alto, con i mosaici colorati, nella speranza di vedere quelle grandi lame di luce che contraddistinguono nella Bibbia la presenza dello spirito Divino. Dio è Luce, si legge. 




Ovviamente non mi accade mai nulla di tutto questo. Sorridendo della mia infantile vanità abbasso lo sguardo e sulla sinistra, sul muro alla mia altezza, vedo un ovale di luce. Il cuore mi batte forte, non posso davvero credere che… mi avvicino: come su uno schermo cinematografico vedo il sole e le nuvole che gli passano davanti lentamente oscurandolo, poi tornando a luccicare, luminoso, rotondo. Meraviglioso! Il tutto proiettato da un foro in alto, sulla parete opposta da una stretta finestra a cuspide, oscurata quasi fino in vetta. Ecco; proprio da quell’unico punto non oscurato filtra il raggio luminoso che proietta il sole, come in una gigantesca camera oscura.  Dopo alcuni secondi di rapimento mi scuoto e decido di filmare la scena col cellulare, dal quale vedo che sono trascorsi circa 5 minuti da quando sono entrato. Poi le nuvole vincono sulla luce e tutto diventa grigio, il sole scompare. Corro fuori a verificare la posizione del sole e lo intravedo tra le nuvole cupe di pioggia, proprio là dove mi aspettavo che fosse in base alla proiezione. La perfezione della Creazione proiettata sul muro da un’occasionale “bronzina”, come quella del Toscanelli in S. Maria del Fiore. Il “mio” segno personale dal cielo è arrivato, nel modo più teatrale e bello possibile. Con il cuore gonfio di vanagloria e convinto di aver finalmente ricevuto un “segno” molto personale, esco nel traffico piovoso e cammino spedito a circa trenta centimetri da terra. Decido di chiamare Lorenzo (mio caro amico astronomo con cui poi decidiamo di fare i rilievi e scrivere l’articolo) per condividere l’esperienza e solo molto dopo mi accorgo che sta piovendo e che non ho ancora aperto l’ombrello.

 

Lorenzo Brandi

Roberto Renzi


Note.

(1)J.L. Heilbron, The Sun in the Church, pubblicata nel 1999, l’autore mostra come anche all’epoca della vicenda di Galileo e nei decenni immediatamente successivi, la Chiesa sviluppò un grande interesse per le osservazioni astronomiche e la misura del tempo

(2) http://www.gnomonicaitaliana.it/public/file/gnomonicaitaliana_014_export.pdf

(3) Simone Bartolini “Sole e simboli” Edizioni Polistampa - 2013
(4) Il cerchio giallo identifica la posizione del sole al momento dell’osservazione

(5) Evidenziamo che H2 è stata desunta dall’immagine fotografica scattata il giorno dell’evento.

(6) Assumiamo che i dati restituiti dal software siano affetti da un errore trascurabile rispetto ai nostri calcoli.


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